Aveva risposto al ringraziamento di Josè per l’amicizia accordatagli con una espressione che dava senso al suo profilo enigmatico, in qualche modo sofisticato e accattivante: “De nada, senor”. E di lì, per caso o per compensazione, aperture notturne alle esternazioni sulle emozioni vissute nei momenti più duri, quelli alimentati dal timore di restare soli, gettati in una realtà aspra e senza vie di fuga, emotivamente asettica. Un mondo di incompatibili, direbbero in tanti, in cui la notte diventa un palcoscenico buio sul quale la confidenza incrocia di frequente la malinconia, mentre la conciliazione con la vita diventa una prospettiva assai lontana, pressoché impossibile. Paulette risponde ai messaggi di Josè e poco importa se è l’alba, entrambi combattono il sonno e si sciolgono, restando lucidi e disponibili fino al mattino, quando riprendono i rispettivi percorsi nella mediocre realtà quotidiana. È nel buio assoluto che le energie insospettate fendono l’etere e denudano l’anima, che si commuove e si spaventa, medita e soffre di fronte alle burrasche inattese della vita. Qui scorrono liberi certi pensieri profondi che accompagnano e alimentano le speranze e le paure, che rendono debole e arrendevole qualsiasi persona sensibile e introversa. E allora la Rete viene in soccorso, perché quando la piazza è deserta sembra quasi di parlare a se stesso, pur dialogando con una persona divenuta amica, che, però, non potrà mai raccontarlo agli altri, fantasmi impalpabili e innocui. Paulette ha un posto di rilievo nel mondo dell’arte e dello spettacolo, si evince questo dalla sua scheda di presentazione; s’inoltra agevolmente nei meandri della comunicazione e diventa istigatrice e complice dell’interlocutore, perché sono queste le occasioni giuste per restare legata a un mondo che riesce ad approfondire solo attraverso il racconto degli altri. In questo caso c’è di più, gli scambi con Josè non si limitano a poche battute, il loro è un cercarsi continuo per costruire, ognuno per la propria parte, uno spazio da ampliare, una realtà da svelare, salvaguardare e custodire gelosamente, dove le confidenze si traducono in riflessioni e i dubbi partoriscono certezze che aiutano a vivere, scrostando le brutture quotidiane. L’affinità culturale produce anche questi effetti: l’energia pura di una piazza immensa e vuota consente la sorprendente rivelazione dell’essere per qualcosa di nobile, puro, evitato solo da chi è contagiato dai flussi malefici del potere e dalla smania di possedere. Le solitudini Josè le conosce tutte, dalle privazioni degli affetti alle amicizie trasformate di colpo in semplici conoscenze per via dell’inquietudine che accompagna la delusione per un vivere banale. Paulette volutamente smarrisce all’apparire delle stelle il ruolo ricoperto nella Rivista e trova il suo spazio in quella piazza immensa dove s’abbandona alle carezze inseguite da tempo di un sogno ricorrente: fare luce sul passato riscoperto attraverso il raccontarsi di un altro. Già, un altro, Josè, che, solo e depresso, è alla ricerca di qualcuno disposto ad ascoltare, che sia paziente e comprensivo, magari fine nei toni e nelle espressioni, perché sono queste le qualità che portano alla condivisione. Carol e Alessandra sono il passato, il ricordo di due relazioni portate avanti alternando fuochi improvvisi e periodi di calma, molto prossima alla monotonia piatta. Quando pensa a loro due, Josè finisce per incupirsi, è convinto che dalla vita non ci si può aspettare granché, data l’impossibilità di gestire una relazione senza la garanzia della conservazione della libertà. La passione, la testa vanno ognuna per la propria strada, tocca però poi all’immaginazione mettere le cose a posto, creando di sana pianta situazioni e fatti mai accaduti. Si diventa bambini, è come se si giocasse a guardia e ladri, ma si è adulti e non c’è telo sufficientemente ampio per costruirsi una maschera e gestire la realtà messa in discussione definitivamente. L’arma? La bugia. Si diventa stupidi bugiardi, imperdonabili.
Josè si era rifugiato inizialmente in un B&B, aveva pensato di concedersi un periodo di riflessione, da cui, però, sembrava di non sapere uscire: riconoscersi infedele pentito e sperare nella comprensione di Carol o sciogliersi nella calce viva di Alessandra? E qui era cominciata la frequentazione della notte, l’attaccamento al buio e alle strade vuote, senza mai tentare un fuoripista carico di sorprese. Si stava adeguando ad un andamento da irresponsabile, senza un solo scatto d’orgoglio per ridare senso a una vita grigia e priva di obiettivi. La notte appartiene a quelli che sanno muoversi tra gli incubi e le ristrettezze di ogni tipo, a quelli che hanno perso il diritto di sognare, ai senza-confini di quello spazio illimitato dov’è impossibile determinarsi per l’assenza di coordinate vere. E l’angoscia fa da padrona, la nevrosi è in agguato, sorride e aspetta dietro un angolo oscuro che non c’è.
“De nada, senor”. Il primo contatto si era trasformato presto in confidenza, ora l’attesa si carica di vibrazioni morbide, mai grossolane e stupide. Josè sta entrando in una dimensione nuova. […]
– Attento Josè, […] vedo sulla tua strada una donna che ti toglierà il sonno, t’innamorerai, ma non verrai corrisposto.
– Potrà togliermi il sonno, ma non potrebbe darmi di più rispetto a Alessandra, l’amore proibito, segreto, l’ultimo di una vita sconclusionata, un concentrato di passione, di sotterfugi, di voglie sempre soddisfatte […].
– Non esiste la migliore, ricordatelo, la crei tu stesso per l’intimo bisogno di soddisfare qualche parte recondita del tuo essere che si spinge nel desiderio di sentirsi vivo; forse non la vedrai mai, ma saprà dirti cose che avresti voluto sentire dalla persona che ti è stata sempre accanto e fedele, saprà toccare quella parte insospettabile di te in cui mai nessuna ha creduto.
Estratti da: Giuseppe Vera, Paulette Verlaine, Josè L’Amour, Amazon, 2016
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Disponibile in Italiano e in Inglese, ebook e cartaceo.
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