di Margherita Merone
Il nome di questa donna straordinaria è legato al Movimento dei Focolari. Silvia, questo il nome di battesimo di Chiara, nasce il 22 gennaio 1920 a Trento, seconda di quattro figli. Il padre era un commerciante di vini e simpatizzante socialista, la madre, una donna di grande fede. A causa della crisi economica del 1929 il padre perse il lavoro, per questo motivo la famiglia cadde in povertà. Chiara dava lezioni private per mantenersi agli studi, e a diciotto anni prese il diploma di maestra elementare. Il suo grande desiderio era quello di studiare filosofia, ma fu costretta a rinunciarvi a causa della guerra.
Un viaggio di studio a Loreto nel 1939 è il punto di partenza del suo cammino spirituale. Sapeva, come lei stessa racconta, che, da quelle parti, in una grande chiesa era custodita la casetta della famiglia di Nazareth; ogni qual volta le era possibile, si dirigeva lì per andare a pregare e per contemplare la figura di Maria. Chiara in quel periodo studiava e lavorava (ciò si protrasse fino al 1943). Prese il nome di Chiara nel momento in cui decise di farsi terziaria francescana. Aveva ventitré anni quando sentì che Dio la voleva solo per sé, così, il 7 dicembre 1943 si consacrò. Nacque l’Opera di Maria, movimento conosciuto come dei Focolari; a questa data viene attribuito l’inizio simbolico del Movimento.
La guerra imperversava ovunque, anche a Trento. Chiara, insieme ad altre ragazze tutte molto giovani, animata da grande determinazione e coraggio, decise di non scappare e rimanere nella sua terra. Di fronte al disastro, al dolore, alla morte, a una città intera dissanguata dalla guerra, di fronte alla paura che si presentava ogni volta che suonava l’allarme e si correva nei rifugi, davanti al crollo di tutto intorno a loro – non solo delle cose materiali, ma soprattutto dei loro ideali che non potevano più essere raggiunti e dove era evidente che tutto era vanità – solo una domanda era ancora possibile: tra tante rovine c’è un ideale che non può essere distrutto da una bomba? Solamente Dio è l’unico ideale a durare per sempre. A fronte di questa certezza, Chiara e le sue compagne iniziarono a leggere il vangelo con il desiderio profondo di viverlo, di fare ogni giorno la volontà di Dio, perché amare Dio è questione di volontà, non solo di sentimento, è così che lo si ama in modo concreto. Lo sapevano dal vangelo: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli» (Mt 7,21), ed era quello che aveva fatto Gesù nella sua vita: «Il mio cibo è fare la volontà del Padre mio» (Gv 4,34). Da quel momento Chiara si lasciò guidare unicamente dal vangelo.
Nacque, così, il primo “focolare” nel quale era il fuoco dell’amore vicendevole il centro di tutto, quell’amore profondo che scalda il cuore, che rende ognuno capace di dare la vita per l’altro, che fa essere tutti una cosa sola, come dice Gesù: «Siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda» (Gv 17,21). È l’amore verso il prossimo la via per arrivare a Dio, partendo da ciò che Gesù ha detto: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me» (Mt 25,40). Non si possono fare discriminazioni, Gesù è in tutti senza distinzione.
Ogni cosa era messa in comune, sia che si trattasse di beni materiali che di beni spirituali, in questo modo si sperimentavano i frutti dello Spirito: una grande gioia, la pace interiore, la pazienza, il dominio di sé, ecc. Chiara e le sue prime compagne crescevano insieme spiritualmente proprio condividendo quanto proveniva dal vivere la Parola di Dio nell’esperienza quotidiana. Il loro modo di vivere il vangelo divenne presto contagioso, nel giro di poco tempo si ebbero molte conversioni. La gente era attratta dalla loro scelta di vita: seguire quel progetto di unità che partiva da quell’Ideale che dura per sempre e non può essere distrutto. Le comunità avevano come codice le parole di Gesù: “Padre, che tutti siano uno” (Gv 17,21); questo era quanto si doveva realizzare, l’unità. Gesù si poneva nel mezzo: «Dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20).
La vita di Chiara è un susseguirsi di emozioni. Un giorno, ascoltando un sacerdote che parlava dei dolori di Gesù, lo sentì dire che il momento in cui Gesù aveva sofferto maggiormente era stato sulla croce quando aveva gridato «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Quel discorso rimase impresso nella mente di Chiara che decise di scegliere “Gesù abbandonato” – che per lei riassumeva un po’ tutto il vangelo – come modello di vita e come suo unico sposo. Il grido di Gesù, il suo volto doloroso, ha reso possibile il superamento di ogni momento doloroso della sua vita, come lei stessa ha sempre affermato. Solo con Gesù la pace tornava a risplendere nella sua anima.
Nel 1948 Chiara incontrò lo scrittore e politico democristiano Igino Giordani, che chiamava Foco, ritenuto il cofondatore del Movimento. L’anno dopo, in primavera, durante un periodo di riposo sulle montagne del Trentino, a Tonadico, Chiara ebbe un’esperienza mistica, conosciuta come “Paradiso ‘49”. In quei giorni, trascorsi tra lo splendore delle montagne, la natura le appariva completamente avvolta dal calore del sole; i laghi, i prati, i fiori, l’erba, gli animali, ogni creatura era unita da un legame d’amore. È in questo contesto che Chiara ha vissuto l’esperienza di trovarsi nel seno del Padre. Un giorno Chiara si trovò sola in chiesa. Come di consueto era seduta davanti al Santissimo Sacramento, ma accadde qualcosa di inaspettato: non riusciva a pregare Gesù. Non solo non le riusciva di pregare, ma neanche di pronunciarne il nome, consapevole del fatto che sarebbe stato come invocare qualcuno che in realtà era immedesimato in lei, colui che lei in quel momento era. Raccontò, poi, che aveva l’impressione di trovarsi in cima a una montagna, la più alta esistente e che dalle sue labbra non uscisse che una sola parola: “Padre”. Chiara si ritrovò, in una visione con gli occhi dell’anima, nel seno del Padre, descrivendolo come l’interno di un sole tutto fiamma d’oro, infinito; non provava alcun timore, al contrario era pervasa dalla gioia. Trovandosi nel seno del Padre, successivamente ebbe la manifestazione del Figlio: una luce fortissima impossibile da descrivere. Ricordava con certezza che dalle pareti del sole il Padre pronunciava la parola Amore e questa, dal momento che giungeva dal cuore del Padre, non poteva che essere il Figlio. Ogni cosa era “Paradiso”, dentro e fuori, come se una Sapienza divina unica ordinasse tutto. Venne l’ora della “fusione” in Gesù e dell’essere ammessi nella casa del Padre e ciò fu per lei come una “salita” nel compimento della volontà di Dio. In seguito, con una visione intellettuale (visione interiore senza nessuna immagine) le apparve Maria, creata da Dio talmente magnifica e grande da contenere Dio stesso nel Verbo. In quel momento le fu chiara la grandezza della madre di Dio. Fu, poi, mentre pregava davanti alla statua di Maria che avvertì un soffio leggero, come un venticello che le sfiorava il viso, sebbene ricordò, in seguito, che non vi fosse alcuna finestra. Con una visione spirituale vide una colomba bianca dal tabernacolo andare verso di lei, girarle intorno poi fermarsi: lo Spirito Santo. Da quel momento ebbe inizio per lei tutta una serie di visioni intellettuali sulla Trinità, Maria, sul paradiso e l’inferno. Dopo l’esperienza di “Paradiso 49” ebbe più chiara quale sarebbe stata l’Opera di Maria prima intuitivamente, come rivelazione che veniva da Dio, poi concretamente, sia attraverso la sua esperienza di vita che nell’attualizzazione del Movimento nei decenni successivi. La missione dell’Opera di Maria è portare alla conversione le persone che ogni giorno abbiamo vicino, e che sono lontane da Dio.
Chiara muore il 14 marzo 2008 a Rocca di Papa. Per la profondità spirituale della sua opera Chiara è stata insignita di vari premi internazionali, di cittadinanze onorarie e, honoris causa, di dottorati di diverse discipline. Il movimento dei Focolari continua a suscitare in tante parti del mondo uno spirito di comunione fraterna, un dialogo che va al di là della tolleranza, del rispetto, animato dall’amore vero, disinteressato, trovando consenso e adesione anche nei fedeli appartenenti ad altre religioni. Una spiritualità, quella dei focolarini, che ha prodotto uno stile di vita cristiana nuovo che continua a dare frutti. La finalità di Chiara era di mettere in atto e diffondere il testamento di Gesù, di essere tutti un’unità, di creare una fratellanza universale e se questo proponimento poteva apparire da principio solamente un’utopia, col passare del tempo si è visto che non lo è affatto. I frutti ci sono e diventeranno sempre più grandi in futuro perché la forza propulsiva che spinge i focolarini a essere testimoni del vangelo, con grande passione ed entusiasmo, trova fondamento nell’unico Ideale che non verrà mai meno.
Non è facile sintetizzare la vita e il pensiero di Chiara, una donna forte e decisa che, con grande semplicità, ha insegnato a prendere Gesù come modello di vita. In Beati quelli che si amano a vicenda ha scritto: «Imitare Gesù significa comprendere che noi cristiani abbiamo senso se viviamo per gli altri, se concepiamo la nostra esistenza come un servizio ai fratelli, se impostiamo tutta la nostra vita su questa base. Allora avremo realizzato ciò che a Gesù sta più a cuore. Avremo centrato il Vangelo. E saremo veramente beati».
Gesù in mezzo a noi: questo è il focolare, per essere tutti una cosa sola.
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