di Margherita Merone
In questi giorni di vacanza ho finito di leggere alcuni scritti della filosofa Edith Stein, santa Teresa Benedetta della Croce, sul discernimento, sulla comprensione della propria vocazione personale. Parlare propriamente di vocazione suppone una decisione certa per una chiamata specifica per ognuno di noi; inoltre, l’impegno che duri per il resto della vita. Sembra facile, in realtà si pone un problema. Se ci lasciamo sedurre dal contesto attuale, da ciò che circola nella società, siamo più facilmente portati a credere che sia possibile fare delle scelte che possono essere continuamente messe in discussione, dunque, sempre differenti. A volte ci lasciamo condizionare dall’esterno per decidere cosa fare della nostra vita; sarebbe invece opportuno iniziare un cammino interiore per arrivare nella parte più profonda di noi stessi, quella parte segreta che non sarà mai del tutto svelata, il “nucleo” della persona. In quel punto segreto e avvolto nel mistero accade qualcosa di meraviglioso: l’incontro con Dio. Questo permette quel discernimento che fa comprendere la vocazione a cui ciascuno è chiamato, lasciandosi trasformare da Dio in una persona nuova.
L’essere umano è costituito da più parti che, tuttavia, sono un’unità. L’anima è il “centro dell’essere della persona”, scrive la filosofa, ed essa stessa ha un centro che è il punto più profondo, è il “nucleo” dell’anima, indissolubile, indicibile ed assoluto. Non a caso lo definisce come il grado più alto d’essere della persona ed è proprio in questo nucleo che viene alla luce la vocazione di ogni persona, in modo da capire qual è il suo compito nel mondo.
La prima cosa da fare è entrare in noi stessi, dobbiamo accedere all’interiorità e metterci in ascolto per conoscerci sempre meglio; dobbiamo osare spingerci in profondità al massimo, raggiungendo il “nucleo”, creando le condizioni giuste e necessarie per comprendere la chiamata. L’anima deve entrare in preghiera: è questa, infatti, a vivificare tutte le dimensioni dell’essere umano, a favorire il discernimento più opportuno. Non si può scoprire la vocazione solamente con un lavoro introspettivo, la preghiera ha un ruolo fondamentale, sottolinea la filosofa, rimarcando però che ad essa va associato lo studio intellettuale. Questo non va trascurato, prepara e dà sostegno alla preghiera. La “preghiera interiore” è qualcosa che possono fare tutti, non è un’esclusività dei consacrati, dei santi o dei mistici, è il primo modo con cui ci si avvicina a Dio. Va fatta nel silenzio, evitando qualsiasi distrazione, solo così possiamo metterci in ascolto di Dio. Se troviamo il tempo per fare cose inutili, sottolinea la Stein, non è impossibile ritagliare un minimo di tempo da dedicare alla preghiera personale, che però non diventi un ritornello, ma qualcosa di sentito, giacché l’intensità conta più della lunghezza.
Col tempo si vedono i frutti, la persona non è più ripiegata su se stessa, né si è allontanata dal mondo, al contrario, è più forte, più energica, più attiva in tutte le sue occupazioni. Nel momento in cui la persona incontra Dio nel nucleo dell’anima realizza la sua vocazione e ne dà ovunque testimonianza. In un articolo intitolato Vie al silenzio interiore Edith scrive, riguardo la persona che procede nel suo cammino interiore, che «come tranquilla fiamma, in lei brucia l’amore che il Signore ha acceso; Lui la spinge a testimoniare quell’amore e ad accenderlo negli altri». Quanto più si contempla Dio nel profondo della nostra anima, tanto più si deve andare nel mondo per comunicare ciò che si ascolta, trasmettendo agli altri la vita divina.
Come scoprire la chiamata? Spesso è difficile con le proprie forze, bisogna avere pazienza, molte volte è necessario l’aiuto di un direttore spirituale o di qualcuno che abbia già fatto questo cammino e sappia come indirizzare la persona nel discernimento. Spesso la chiamata non viene ascoltata, non è sufficiente riceverla, va interiorizzata, deve coinvolgere tutti gli strati della persona fino al nucleo dell’anima. La vocazione, che è rivolta a ogni singola persona, non riguarda solo la vita consacrata, esistono molti modi di vivere, ognuno ha un proprio posto nel mondo, esercitando una determinata professione o una specifica funzione sociale. La chiamata fatta a tutti è una chiamata alla conversione interiore; ogni persona, infatti, come afferma la filosofa tedesca, in quanto persona spirituale è capace di elevare in modo soprannaturale la propria vita. Per realizzare questo bisogna saper tenere a bada la ragione che spesso crea un ostacolo: può bloccare la chiamata alla conversione, può seriamente impedire che la persona si trasformi o, per dirla come la Stein, che in lei abbia luogo una metamorfosi. Questo perché quando ci introduciamo nell’intimità della nostra anima e iniziamo un cammino serio sostenuto dalla preghiera, questo suscita col tempo una vera trasformazione interiore. Dio non lascia sola la persona, ma la accompagna sempre e trasforma la sua anima.
Inizia una vita nuova, questa ci permette di non conformarci alla mentalità del mondo, ma di «poter discernere la volontà di Dio, cosa è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2). Questo vuol dire che qualcosa cambia nella persona che si lascia trasformare da Dio e dunque accoglie la vocazione personale. L’anima non è più fragile, se trova qualcosa che diventa un ostacolo nel suo cammino spirituale non solo ne prova indifferenza, ma la trasforma in forza. La trasformazione incide sull’atteggiamento e sul comportamento di una persona, diviene evidente a tutti che qualcosa in lei è cambiato. In Essere finito e Essere eterno Edith Stein scrive: «L’irradiamento che emana da una persona e affascina e trascina gli altri è tanto più intenso quanto più intensamente vive nell’intimo della sua anima. Ogni comportamento libero e spirituale porta anche il sigillo della specificità personale che abita nell’intimo dell’anima». Inoltre, nella Struttura ontica della persona sostiene che «è possibile che la grazia non tocchi direttamente un essere umano, ma scelga piuttosto delle persone come intermediarie».
La filosofa termina la riflessione mettendoci in guardia perché il cammino interiore non è facile: se l’anima rifiuta la grazia può cadere facilmente in mano al tentatore, dovrà perciò essere attenta e forte per resistergli. Una volta però che si giunge al discernimento della vocazione personale, che è per sua natura unica, si deve procedere senza paura, utilizzando ogni dono che Dio ci mette a disposizione per noi stessi e per gli altri, facendo tesoro di quanto ha detto san Paolo: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te» (2 Tm 1,6).
(in copertina: opera di Irene Salvatori)
(di lato: ritratto di Edith Stein di Candace Carter)
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