Il volto di Cristo

 

di Margherita Merone

 

La cattura di Cristo - Giotto

 

Tutto è cominciato quando, sfogliando le pagine di un libro di Storia dell’Arte, sono rimasta colpita dalla bellezza dell’affresco di Giotto, La cattura di Cristo. Di fronte alla sconvolgente abilità di Giotto di dare vita ai personaggi, che risaltano nei loro gesti ed espressioni psicologiche, non ho potuto fare a meno di puntare lo sguardo sul volto di Cristo, anche se nel dipinto è di profilo. Il traditore Giuda abbraccia il Messia con un grande mantello giallo e a questo gesto Cristo risponde guardandolo negli occhi, fissandolo con un’intensità tale che rivela la sua personalità, la sua forza sia fisica che spirituale.

dettaglio affresco GiottoMi sono dunque chiesta, com’era l’aspetto di Gesù il Cristo? Un ritratto autentico di Gesù non esiste, tuttavia, sono molti i ritratti che lo raffigurano. Nell’immaginario comune la raffigurazione più comune è quella che lo vede alto, bello, con i capelli lunghi scuri, con la barba o senza, vestito con una tunica. Vari sono, pertanto, i ritratti nel corso della storia dell’arte; tante immagini col tempo sono diventate popolari e una volta esposte sono diventate oggetto di venerazione da parte dei fedeli di tutto il mondo. Ci sono artisti che lo hanno raffigurato in croce, sereno o sofferente e chi nella gloria della risurrezione.

L’arte ha dato lungo la storia un contributo molto importante come via per esprimere il Mistero; le numerosissime immagini di Cristo, se osservate con attenzione, trasmettono qualcosa che va oltre la semplice visione, entrano nell’anima di chi le osserva. Ancora oggi sono tanti gli artisti che lo rappresentano secondo il proprio sentire interiore. L’arte è attenta al Mistero del Verbo incarnato fin dall’epoca paleocristiana, infatti, a partire dalle catacombe, cimiteri dentro delle gallerie sotterranee, si trovano affreschi di Cristo, giovane, senza barba, raffigurato come il buon pastore; si ritrova spesso il monogramma di Cristo, o il pesce, l’ancora, il pavone, l’agnello e tanti altri, utilizzandosi molto la simbologia, poiché in quel periodo la fede cristiana non era ben vista dall’autorità imperiale. Più avanti Gesù è visto come un maestro, e modellato sull’immagine del dio Apollo senza barba e con i capelli ricci. All’inizio la crocifissione non viene raffigurata, piuttosto il Cristo è visto glorioso, trionfatore sulla morte.

Scorrono i secoli, Cristo non è solo il Re, colui che è risorto, ma è anche un uomo che ha sofferto. Intorno al Mille carestie e guerre lasciano il segno, le interpretazioni cambiano, i ritratti sono più umani, l’artista vuole suscitare emozione, commozione: Gesù è un uomo vero che ha sofferto, è l’uomo dei dolori; l’arte scopre dunque l’umanità di Cristo. San Francesco d’Assisi dà il via a una spiritualità fortemente cristocentrica alla quale rispondono positivamente sia la pittura che la scultura.

Nel periodo del Rinascimento Cristo assume una forza morale incredibile, il suo volto è ritratto plastico, solenne: è un uomo forte, maestoso, anche nella sofferenza è sereno, è Dio incarnato, l’uomo perfetto. L’arte ne sottolinea l’umanità, a volte con grande dolcezza, altre con estrema crudezza. A una visione piuttosto armonica del Cristo corrisponde un misticismo e un impressionismo: gli artisti presentano il tema della pietà accentuandone il realismo. È il momento in cui non sono pochi gli sconvolgimenti, tanto nella società che nell’ambito religioso – siamo nel momento in cui Lutero fa sentire la sua voce. Questi eventi portano un pietismo nell’immagine di Cristo raffigurato spesso sofferente e dolorante; ci sono poi scene di Giudizio da incutere terrore. Dopo il Concilio di Trento molte sono le scene della vita di Cristo, in particolare quelle della passione gloriosa, dettate da un’intenzione precisa, rispondere al protestantesimo.

L’arte sempre attenta a ciò che accade – siamo nel periodo della Riforma cattolica – inizia a produrre ritratti di Cristo con una visione trionfante destinata a sollecitare la sensibilità della gente, la fantasia, la spiritualità; si stimola la parte emotiva con scene che rimangano impresse. Soprattutto nel Settecento la devozione popolare trova soddisfazione nelle immagini della Via Crucis, del Sacro Cuore, contrapponendosi al razionalismo di stampo illuminista. C’è un Cristo trionfante da un lato e un Cristo più realistico dall’altra. Caravaggio, ad esempio, lo raffigura non troppo bello, il corpo è sgraziato, la visione è drammatica; il pittore olandese Rembrandt, di fede protestante, nella Testa di Cristo mostra invece il suo realismo: il volto di Cristo, considerato il più bello esistente, di intenso fascino e spiritualità, è quello di un uomo ebreo del suo quartiere ad Amsterdam, che ha posato come modello.

Entrando nella modernità, le raffigurazioni di Cristo cambiano. È un periodo alquanto turbolento, si pensi alla rivoluzione francese, la rivoluzione industriale, ecc. Le committenze agli artisti da parte della chiesa diminuiscono in modo considerevole, ci si avvia alla nascita del soggettivismo. Il Cristocon corona di spine non viene tanto rappresentato quanto personalizzato, ogni artista propone di fatto la propria espressione personale, come avviene anche nelle trasposizioni cinematografiche.

I ritratti di Cristo sono tanti, certamente veicolano qualcosa di meraviglioso e sublime che va oltre l’immaginazione umana, ma nessuno di questi, per quanto siano indiscutibilmente opere di grandissimo valore, può rivelare interamente il mistero del Verbo che si è fatto carne, di Dio che si è reso visibile agli uomini. È anche vero, però, che nonostante questo attraverso l’arte – che ci presenta Cristo affascinante o meno, vittorioso e glorioso, o umiliato e sofferente – possiamo cogliere qualcosa di questo mistero. Si può rimanere freddi, impassibili, o lasciarsi andare a un’emozione che stringe il cuore, lo fa vibrare. Solo così lo spirito umano si immerge nell’infinito per incontrare Gesù, il Cristo, il ritratto perfetto del Padre.

 

ritratto a matita             

 

 

Gamy Moore
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