In Argentina vivevo a Paso del Rey. E questo dovreste già saperlo.
La casa era in periferia, molto in periferia, all’angolo di una quadra (il quartiere era diviso in quadrati dalle strade principali e secondarie).
Una casa che ricordo abbastanza grande, con un bel giardino e un patio coperto, un lungo corridoio che portava allo stanzone dove mio padre riceveva i clienti e confezionava gli abiti.
Ricordo il portone d’ingresso, grande, in legno, dipinto di rosso, e su avvitata la targhetta ovale con il numero, 1400 e rotti. Mi spiace che al momento del trasloco i miei non l’abbiano portata con loro.
Le strade erano sterrate e ogni tanto, quando le buche erano talmente grandi da inghiottire una jeep, passava una livellatrice a sistemare un po’ il terreno, almeno fino alla prossima pioggia.
Di fianco vivevano i miei amici Sergio, Javier e Lucia. Tra noi e loro una siepe alta quasi due metri, nella quale amavano nidificare le vespe. Come lo so? Perché una volta, affacciandomi sopra d’essa per parlare a Javier, ho appoggiato le mani direttamente sopra un nido di vespe.
Passavo molto tempo da loro, e loro da me.
Dietro la casa avevano un patio cementato alquanto grande, e in mezzo un pozzo. Che ci fosse il pozzo l’ho scoperto un giorno per caso, mentre giocando non guardavo dove andavo. Così ci sono finito dentro.
Nei miei ricordi le dimensioni sono quelle di un bambino, per cui a me il pozzo sembrava profondo almeno sei metri, probabilmente non passava i tre. In fondo c’era la pompa per l’acqua, tubazioni e valvole varie. Come sia possibile che non mi sia fatto un graffio è un mistero.
Quando mi hanno tirato fuori ricordo con piacere le coccole di tutti e un bel bicchierone di Fanta. Ora, a distanza di più di trent’anni, la cosa che più amo ricordare è il fatto di poter raccontare l’episodio.
Perché a volte capita di cadere su un pozzo. Può essere per distrazione, come è successo a me.
Io sono stato fortunato, e qualcuno mi ha tirato fuori dal pozzo. Purtroppo non sempre succede, non sempre è possibile.
Può succedere che si finisce in un pozzo per una malattia, la peggiore di tutte la depressione: subdola perché non sai di esserci, nel pozzo. Un mio amico era bipolare: una o due volte all’anno andava in cura, si sottoponeva a elettroshock per vivere fuori dal pozzo, almeno per qualche mese. Ma ogni volta che ricadeva il pozzo diveniva più profondo, finché una volta, l’ultima, il pozzo lo ha inghiottito per sempre.
Si può cadere dentro un pozzo per scelte sciagurate come la droga o per scelte disperate come l’usura, quando per uscire da un pozzo ci si tuffa in una voragine.
Julien Courtois si trova a un certo punto della sua vita in fondo a un pozzo molto profondo. Un pozzo che si è scavato con le sue mani. Il vantaggio è che di questo pozzo conosce bene le pareti, conosce ogni appiglio.
Un giorno Julien riesce a scalare il pozzo, a risalirlo e in un qualche modo ad uscirne. Per scoprire che il caso, solo il caso, gli ha scavato attorno un pozzo ancora più profondo e impossibile da risalire.
In Ascensore per il patibolo Noël Calef ci racconta la storia di una salita al patibolo attraverso la caduta in un pozzo. E tutto questo stando chiuso in un ascensore.
Con Affetto
IK
Giudizio di Ascensore per il patibolo, Noël Calef, Sellerio 1999: perché dai pozzi non sempre si esce, ma bisogna sempre provarci. Sempre.
httpv://www.youtube.com/watch?v=acDxHZ0wx-Q&feature=related
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C’è chi riesce a schivarli, chi ne resta intrappolato.
A volte il pozzo più oscuro e profondo è se stessi.
Gamy
Vero Gamy, proprio vero.
Bellissimo pezzo, trasparente come un vetro che riflette la luce e la spezzetta nei colori dell’iride.
BRAVO!
Grazie mille Maestra!
Grazie a te per il bel commento Antonella!
Attraverso i tuoi ricordi di infanzia,cerco di immaginare il posto in cui vivevi.Questo articolo mi ha toccato in modo particolare.
Un pozzo reale dal quale ,per fortuna,sei riuscito a venir fuori e il pozzo come metàfora,il peggiore.Da quello è ancora più difficile venirne fuori,perchè possono esserci tante mani che cercano di aiutare,ma senza la volontà di chi vi è dentro,si rischia di precipitare sempre più in fondo.
Grazie Josè per averci fatto partecipe di un altro episodio della tua vita e aver trasmesso delicatamente il messaggio.
Antonella