L’arte di comunicare (13)

paura di comunicare

Negli articoli precedenti abbiamo parlato ampiamente degli strumenti retorici che ci sono dati dalle figure di parola e di pensiero. Ora è finalmente il momento di metterli in pratica. È chiaro che non possiamo usarli a caso, è necessario prima valutare con attenzione la situazione cui ci apprestiamo a vivere.

Facciamo un esempio: avete appena saputo che il vostro migliore amico (o amica) ha parlato male di voi, criticandovi aspramente su una questione delicata.

Prima d’intervenire è necessario analizzare la situazione ovvero porsi alcune domande come ad esempio “qual è il contesto?”, “qual è la posta in gioco?”, “quali sono le premesse?”; nel caso in esame alcune domande potrebbero essere: “quanto ci tengo a questa amicizia?”, “se finisse, come mi sentirei?”, “sono disposto a perdere questo amico?”.

La questione fondamentale è però la seguente: “Che cosa voglio ottenere? Qual è il mio obiettivo?” perché tutto dipende dalla risposta che otterrete.

Nell’articolo n.4 (<vedi>) abbiamo introdotto i concetti d’inventio dispositio, ricordate? Vi aiuto, nell’inventio (letteralmente significa ricerca) cerchiamo e organizziamo tutti gli elementi che ci serviranno per il discorso, nella dispositio essi vengono ordinati e disposti in modo ottimale, formulando quindi le argomentazioni alla base del nostro intervento.

Nella fase dell’inventio ci porremo delle domande specifiche cercando elementi che poi ci serviranno nel discorso che terremo al nostro amico oppure agli amici, anche questa è una scelta importante: parlargli direttamente oppure scavalcarlo e parlare agli amici?

Potremmo chiederci, ad esempio, “da quanto tempo lo conosco?”, “quanto c’entra nella mia questione delicata?”, “quanto è importante il mio amico rispetto alla situazione delicata?”, “quali sono stati i nostri rapporti negli ultimi tempi?”, “è capitato altre volte che si sia intromesso in faccende delicate criticandomi?”, “io mi sono intromesso in modo critico nelle sue questioni?”, “che cosa lo ha spinto a criticarmi così? Gelosia? Rancore? Era forse in buona fede?”.

Come notate state tirando in ballo una serie di aspetti importanti che vi aiuteranno a chiarire la situazione iniziale e ad avere elementi da utilizzare per la vostra difesa, in pratica (fase della dispositio) ci prepariamo un discorso che si baserà su un esordio, la narrazione, l’argomentazione e l’epilogo.

Torniamo di nuovo alla domanda fondamentale: qual è il nostro scopo? È chiaro che a questa domanda potete rispondere solo voi; immaginiamo che il nostro scopo è farci rivalutare dagli amici, ricordiamo che il nostro migliore amico ci ha screditati davanti ai loro. Quindi dobbiamo anche pensare e prevenire eventuali obiezioni che ci verranno fatte, prevenire il fatto che la discussione potrebbe farsi accesa, degenerare e noi abbiamo il dovere (verso noi stessi e i nostri intenti) di mantenere sempre il controllo della discussione e di non farci sopraffare dagli eventi, altrimenti verrebbe tutto vanificato.

Ecco quindi che ci troviamo nella fase dell’elocutio (articolo n.5 <vedi>) cioè come decidiamo di parlare e di porci nella discussione: saremo pacati? Inflessibili? Intransigenti? Accomodanti? Ci mostreremo irritati oppure delusi? Sono tutte domande importanti che condizionano la modalità del nostro intervento (interessante è il concetto della prossemica, sempre nell’articolo n.5 <vedi>).

Quando era il momento di entrare in azione, gli antichi esperti di retorica parlavano di actio memoria ovvero la capacità di mostrarci in pubblico e quella di ricordare con precisione quanto abbiamo deciso di dire. Tenete presente che l’espressione “in pubblico” non significa solamente “a una platea”, ma in questo articolo ha significato di “parlare a qualcuno”, che sia una persona, due o cento.

Importante è la scelta del momento opportuno che si compone di una serie di aspetti da tenere bene in considerazione, essi sono:

  • la scena
  • il pubblico
  • cosa dire
  • lo sguardo
  • la maschera
  • la voce e la dizione
  • la gestualità

La scelta del momento opportuno è un aspetto strategico, sbagliarla potrebbe compromettere il risultato finale. È come in battaglia scegliere di attaccare, attendere o difendersi, scegliere una cosa piuttosto che l’altra dipende non solo da noi – il morale, l’equipaggiamento – ma anche da come è messo il nostro nemico o interlocutore. Tornando all’esempio del nostro amico che ci ha screditati agli occhi degli altri, in questo caso che cos’è meglio per noi? Affrontarlo faccia a faccia oppure di fronte a tutti? Dove e quando la nostra strategia risulta più efficace? Da soli, noi e lui, potremmo essere più sicuri che le sue risposte siano sincere, ma potrebbe proprio essere il contrario, magari dicendo la verità di fronte a tutti potremmo avere maggiore vantaggio rendendo plateale il contraddittorio. Tutto dipende, come sempre, da ciò che abbiamo deciso in fase d’inventio disposizio, ad esempio cambia molto se vogliamo ristabilire la verità e mantenere il rapporto con il nostro amico oppure c’interessa solo ristabilire la verità.

 

Come avrete certamente compreso, è importante abituarsi a valutare con attenzione quando è conveniente intervenire e quindi calcolare il momento opportuno e prendere (magari) alla sprovvista il nostro interlocutore. Tuttavia, questo concetto non ha solo accezione negativa, immaginate di trovarvi in un’assemblea e state pensando d’intervenire, ma quando conviene farlo? All’inizio e portare subito il pubblico verso le vostre idee? Oppure alla fine per evitare controrepliche? Però, se il vostro discorso è molto tecnico, alla fine il pubblico potrebbe essere stanco e non seguirvi. Insomma lo studio del momento opportuno è fondamentale.

Stiamo discutendo della scena e del pubblico, relativamente alla scena dovete pensare in che modo e da dove è meglio affrontare il discorso. Se siete all’assemblea, cosa è meglio? Parlare seduto? Stare in piedi? Prendere il centro? Non esiste una risposta esatta, tutto dipende dalla situazione, ovvero la scena in cui i fatti si svolgono.

 

Se dovete parlare a un pubblico, è fondamentale analizzarlo con attenzione, capire il suo stato. È un pubblico attento? Annoiato? È lì per voi? Che cosa si attende? Che cosa cerca? Quello che state per dire è importante per loro? La qualità e la quantità del pubblico che ci ascolta cambia e di molto le carte in tavola. Ad esempio, a un pubblico molto vasto è quasi sempre controproducente portare un discorso complesso o troppo tecnico. Ecco perché i nostri politici nei comizi preferiscono esprimersi con slogan di sicuro effetto, perché così la loro informazione è diretta, semplice ed efficace. Per questo motivo dovete sempre chiedervi se il discorso che avete preparato è tagliato per il pubblico che avete di fonte. Più il pubblico è numeroso più conviene rimanere sul generico, cercate di portarlo verso di voi ancor prima d’iniziare il discorso vero e proprio; negli articoli precedenti abbiamo parlato di captatio benevolentiae, ricordate? <Vedi: articolo n.4articolo n.5articolo n.7>

Alcuni utili suggerimenti potrebbero essere i seguenti:

  • cercate sempre di avere un argomento di riserva, un asso nella manica o semplicemente un approfondimento in un momento successivo;
  • prevenire è meglio che curare, si sa, per questo motivo pensate a quali possano essere le obiezioni possibili, allo scopo è utile mettersi nei panni della controparte e chiedervi: io che cosa direi per controbattere questa tesi?
  • Se avete a che fare con una sola persona, cercate di capire quale possa essere il linguaggio migliore per farsi comprendere, se volete convincerlo dovete scendere voi (o salire) verso di lui, mai come in questo caso non conta quello che dite, ma come lo dite.
  • In linea di massima, a meno che il vostro scopo è non far comprendere ciò che l’altro sta esponendo, non conviene interrompere il discorso dell’altra persona, anzi facendolo parlare potete essere in grado di annotare mentalmente quali parti della sua oratoria possono essere attaccate e quindi essere in grado di trovare il momento migliore per intervenire.

 

Lo sguardo è un aspetto da non sottovalutare, esso è uno strumento di attacco e di difesa, con lo sguardo potete mantenere vivo l’interesse, fate però attenzione a non mettere a disagio. Se avete un pubblico composto da più persone, passate lo sguardo da una persona all’altra, è una cosa utile per mantenere attenzione, è come se diceste, di volta in volta: mi sto interessando a te, e poi a te, e poi ancora a te. Quando assistete a un’assemblea, a un comizio o soltanto a un talk show televisivo, osservate con attenzione gli sguardi. La comunicazione si basa anche sulla visione di ciò che accade e di come accade, coloro che ci guardano intuiscono se ciò di cui discorriamo c’interessa davvero, se è una cosa che ci appassiona o è soltanto finzione; quante volte diciamo c’era qualcosa in lui che non mi ha convinto, il linguaggio del corpo è un’altra caratteristica che va sempre presa in esame. L’analisi dello sguardo serve anche a noi per capire se il nostro interlocutore ci segue o si annoia, se c’è bisogno di scuoterlo o calmarlo, l’espressione gli occhi sono lo specchio dell’anima non è mai stata così vera, gli occhi e lo sguardo rappresentano la psicologia di chi parla e di chi ascolta.

Su questo tema vi racconto un aneddoto interessante, si racconta che Napoleone ricevesse gli ambasciatori nemici mentre calzava gli stivali. Essi parlavano e lui non li degnava di uno sguardo ovvero di attenzione, perché tutto preso dalla sua attività. Questo atteggiamento disorientava la controparte, al punto di convincersi – e succedeva molto spesso – che il grande generale li ignorasse a tal punto perché era sicuro della sua vittoria, in altre parole li aveva in pugno. Ecco un caso davvero istruttivo.

 

Per oggi ci fermiamo qui, la prossima volta parleremo della maschera, della voce, della dizione e della gestualità.

 


Si ringrazia per l’editing Maryann Mazzella


Massimo Petrucci
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