Eccoci giunti all’ultimo appuntamento di questo “Corso di retorica” denominato “L’arte di comunicare”. Come abbiamo visto, capire come funziona la retorica vuol dire acquisire una serie di strumenti che permettono di gestire il discorso in modo ottimale e riuscire a raggiungere l’obiettivo desiderato.
In quest’ultimo incontro useremo questi strumenti per fini divertenti; l’ironia o la risata possono essere ottenuti attraverso il buon uso della retorica.
Non è un caso che coloro che maggiormente usano la retorica siano proprio gli esperti di marketing e comunicazione, in particolar modo nella pubblicità.
Oggi come oggi, conta poco il contenuto del messaggio, ciò che importa è invece il modo con il quale questo messaggio faccia presa su chi lo riceve (o subisce). Ecco quindi che si preferiscono messaggi piacevoli, semplici e divertenti.
È interessante notare che fino a qualche anno fa la pubblicità era incentrata sulle caratteristiche intrinseche del prodotto: sbianca più degli altri, consuma meno degli altri, ha la forza di mille braccia e così via. Gli spot di ultima generazione tendono invece a creare situazioni divertenti, addirittura storie a puntate, mettendo quasi in secondo piano le caratteristiche del prodotto. Tuttavia la simpatia che si prova per la situazione mostrata o per il testimonial viene di conseguenza trasferito sul prodotto ottenendo proprio ciò che gli esperti di marketing desiderano, cioè fare presa sul consumatore.
Il divertente della retorica è che risulta comunque applicabile anche alla vita quotidiana. Se un amico inciampa proprio davanti a voi, considerato in un istante il suo stato di salute, potremmo esclamare: «Ehi! Quanto hai trovato? Dividiamo?» alludendo al fatto che il nostro sfortunato conoscente si sia lanciato a capofitto su una sostanziosa banconota.
Giochi di parole
Retorici sono anche i giochi di parole. Quando arriva la “bella stagione” è facile trovare per strada cartelli e slogan del tipo “Estate con noi” che allude a due significati:
- E state con noi (ovvero restate con noi)
- Estate con noi (trascorrere il periodo estivo con noi)
Un’azienda di costumi da bagno potrebbe adottare uno slogan simile:
- Costumi d’amare
Giocando sulle parole “mare” e “amare”.
Di solito i giochi di parole si basano sull’assonanza di parole che suonano allo stesso modo, come pure accostando termini che insieme danno un nuovo significato spesso ambiguo oppure divertente.
Ecco qualche esempio:
- Passaporco: documento richiesto ai suini per espatriare (Christian Canducci);
- Pressaporco: un animale scorto di sfuggita, ma che potrebbe essere un maiale (Christian Canducci);
- Bugigatto: un gatto bugiardo;
- Parlamentire: occupazione a cui si dedicato i politici italiani (Jacopo Viti)
Il doppio senso
È molto simile al gioco di parole, ma un vero doppio senso si ha quando una stessa parola è usata con due significati diversi. Ecco un esempio: dal palcoscenico qualcuno, provando il microfono, potrebbe chiedere: «Come si sente?» e qualcun altro potrebbe rispondere: «Oggi non mi sento bene, c’ho nausea.» Questo secondo personaggio ha sicuramente giocato sul doppio senso dell’affermazione “come si sente” usato dal tizio del palcoscenico nel significato uditivo e da quello che risponde con allusione allo stato di salute. Statistiche interessanti dicono che quasi il 90% dei doppi sensi riguarda il sesso, la maggior parte fanno uso dei termini come battere, venire, scopare.
Altri esempi:
- Sempre a parlare della marijuana… e piantala! (di parlare o è un’esortazione a coltivarla?)
- Sai perché mi piace la matematica? È piena di seni! (è chiaro il doppio senso di “seni”)
Un esempio in qualche modo tragico e allo stesso tempo comico, si ebbe quando il giudice, durante il processo, disse ad Annamaria Franzoni: «Sa, signora, che a vederla le darei sedici anni?».
Il motto di spirito
Un motto di spirito a volte rende pulito ciò che non lo è. Magari non ci verrebbe di ridere a una rozza battuta volgare, ma se lo stesso significato viene ripulito da un motto di spirito, non avremo indugi a ridere di gusto. Sigmund Freud nel suo libro “Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio” osserva quanto segue: «Ricordiamoci che il motto di spirito presenta all’ascoltatore un doppio volto, costringe la sua mente ad apprenderlo in due maniere diverse». In altre parole il motto di spirito ha la capacità di accedere a una piccola verità inconscia che in altro modo avremmo difficoltà ad ammettere o accettare.
Si racconta che Heinrich Heine (poeta tedesco 1797, 1856) si trovava sul letto di morte, quando il prete lo richiamò a Dio suggerendogli di confessare i suoi peccati per sperare il perdono, il poeta rispose: «Sicuro che mi perdonerà, è il suo mestiere».
A volte il motto di spirito può utilizzare il doppio senso, eccone un esempio: «Si dice che i coniugi Pincopallino abbiano un tenore di vita piuttosto alto, il marito ha guadagnato molto, ma ora si è un po’ adagiato; secondo altri però si dice che sia stata la moglie a essersi adagiata molto, prima di diventare ricchi».
La caricatura
Come nei disegni, si ottiene una caricatura aumentando a dismisura una caratteristica del personaggio o della situazione. Usando l’iperbole (vedi L’arte di comunicare n.9) è possibile costruire delle caricature di sicuro effetto.
«Tizio ha un naso così lungo che per salutarlo baciandogli le guance conviene fare il giro per dietro»
«Sempronio è così grasso, ma così grasso, che ha dei satelliti che gli girono attorno»
«Era talmente insignificante, che quando il tassì lo riportò a casa lo sportello si aprì non scese nessuno».
Cattivi? Sì, sicuramente più la caricatura è cinica e maggiore è il risultato positivo che ottiene.
La parodia
Si ottiene giocando con le parole e trasformando una frase consueta in qualcosa di nuovo e divertente.
Esempi:
- Don Chisciotte della Mancia – storia di un uomo generoso
- Er Riporter – storia di un uomo che non voleva perdere i capelli
- Il Signore dei tranelli – usato spesso per Berlusconi
L’ironia
Consiste nell’affermare il contrario di ciò che si pensa. Se incontriamo un nostro amico con una faccia emaciata e stanca, potremmo esclamare: «Ehi! Oggi ti vedo proprio in gran forma!» abbiamo appena usato l’ironia. Su quest’argomento si potrebbe scrivere un saggio, infatti questa figura retorica fa uso di molti altri strumenti retorici come l’antifrasi, la litote, la metonimia e altri. Se state parlando, l’ironia oltre a usare dei termini ha necessità di un tono ovvero di un modo di dire quella stessa frase.
Se vostro figlio vi consegna una pagella scadente, potreste esclamare: «Ma che bravo! Sono proprio soddisfatto!» è chiaro che il tono della vostra voce renderà chiaro il vero significato della frase.
Il sarcasmo
Quando l’ironia diventa pungente o addirittura sprezzante, allora parliamo di sarcasmo che non si limita a dire il contrario di ciò che si pensa, si aggiunge anche una forte connotazione amara o violenta. È chiaro quindi che il sarcasmo non tende tanto all’ilarità o alla presa in giro per gioco, ha invece il chiaro scopo di attaccare l’avversario, di ferirlo.
Ecco un buon esempio di sarcasmo contro il… sarcasmo: «Essere sarcastici in genere vuol dire anche avere un’indole da stronzi.»
Oppure
Uomo: Vuoi uscire con me stasera?
Donna: Figurati! Andrei più volentieri in una gabbia di tigri!
Tizio: Indovina quanto ho perso con la mia nuova dieta.
Caio: Almeno tre settimane!
L’umorismo
Infine eccoci arrivati all’umorismo. Esso ha molto a che fare con la saggezza e con la capacità di affrontare con leggerezza la vita. Riuscire a distaccarsi o a ridere di un evento inizialmente spiacevole, non è cosa semplice, si tratta proprio dell’umorismo. Bisogna comprendere che l’umorismo non ha nulla a che fare con la risata ovvero non è il suo scopo, come invece lo è il motto di spirito o il doppio senso. Ha invece una correlazione con il distacco e lo straniamento.
Mark Twain (scrittore e umorista statunitense, 1835-1910) racconta la storia del fratello e di come, mentre lavorava in un cantiere, fu colpito e scaraventato lontano dall’esplosione prematura di una mina. Prima ancora che il lettore possa intenerirsi per la sfortunata sorte di suo fratello, lo scrittore continua affermando che il capocantiere gli ha sottratto mezza paga per essersi “allontanato senza permesso dal luogo del lavoro”. Ciò suscita in noi un sorriso amaro, ma anche l’indignazione per l’inesistente considerazione per la vita umana.
L’originalità di questa concezione sta nella distinzione tra ‘comico’ e ‘umoristico’ in senso stretto; se il primo viene inteso come “avvertimento del contrario”, quindi come pura intuizione di una contraddizione, l’umorismo è inteso come “sentimento del contrario”, l’elaborazione razionale e successiva del comico, una riflessione che porta a un sentimento d’identificazione e compassione nei confronti della persona di cui ci si prende gioco.
Eccoci arrivati alla fine, amico lettore o amica lettrice, abbiamo terminato il nostro viaggio nel mondo della retorica e dell’arte di comunicare. Spero che sia stato un viaggio non solo lungo ma anche interessante. Io mi sono divertito molto e ho anche imparato molto.
Buon vento!
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Si ringrazia per l’editing Maryann Mazzella
- Giorgia chi? (primi tre giorni) - 12 Maggio 2014
- “Senza nome”, una bella lettura: consigliato! - 2 Aprile 2013
- Canapa di Raffaele Abbate - 18 Novembre 2012
Chi è l’autore della gioconda che ride? Grazie