Orrende mutazioni letterarie

povera lingua italiana

Sono stato alcuni giorni a Milano per l’edizione dell’e-Festival, in particolare m’interessava capire quali fossero le nuove opportunità imprenditoriali in internet ed attraverso il cloud-computing. Che cosa c’entra tutto ciò con la letteratura? C’entra, come no. Ho ascoltato diverse presentazioni, dibattiti, in cui sono intervenuti esperti, ma anche giornalisti di testate nazionali. La cosa che più mi ha dato fastidio è stato l’uso stucchevole e ripetuto del “piuttosto che” utilizzato al posto di “oppure”. Mi ha fatto davvero impressione verificare come “tecnici della scrittura”, quali sono i giornalisti, siano vittime di questo uso improprio di “piuttosto che”. Già in passato ho trattato questo tema (leggi “Piuttosto che fare l’asino”) e posso ben testimoniare che l’epidemia del piuttosto che usato male è davvero allo stadio di pandemia!

Perché mai, mi chiedo, dobbiamo mortificare una lingua bella e colta come l’italiano? Perché mai siamo così disamorati del nostro idioma? Avrei voluto alzarmi e ricordare a quel giornalista, che parlava di cloud-computing, che “piuttosto che” non vuol dire oppure, ma con grande sforzo mi sono trattenuto.

La cosa bella è che mentre qui in Italia si festeggia miss padania (il minuscolo è voluto), negli Stati Uniti, per l’ottavo anno, ci si prepara per il National Punctuation Day ovvero – udite! Udite! – la giornata nazionale della punteggiatura.

In Italia qualcosa del genere è impensabile, anche perché, diciamolo pure, noi italiani sappiamo sempre meno cosa sia e soprattutto a cosa serva la punteggiatura.

Una credenza, errata, è che la punteggiatura servirebbe a rappresentare le pause del parlato, come dire, per prendere fiato; mentre il motivo vero è che ha lo scopo di segnalare i legami tra le varie parti di un testo. Un’altra leggenda è credere che la punteggiatura non segua una vera e propria regola, ma che possa essere utilizzata a piacimento, a sensazione, secondo il gusto di chi scrive. A proposito, è esplicativo il commento di Gadda che criticava una certa scrittura letteraria: «una vaga disseminazione di virgole e di punti e virgola, buttati a caso, qua e là, dove vanno vanno, come capperi nella salsa tartara».

Oggi si parla sempre più spesso di scrittura creativa, ma forse si pensa sempre più ad una letteratura creativa alla stregua della peggiore arte moderna dove basta infilzare un tronco con una forchetta per pretendere di essere annoverati tra i grandi dell’arte moderna.

Allo stesso modo abbondano di puntini sospensivi: quattro, cinque, ma anche dieci se ci scappa il dito sulla tastiera! Oppure tre o quattro punti esclamativi!!!! Magari aggiungendo anche qualche interrogativo che non fai mai male, vero???!!!! Scrittura creativa…

È un peccato perché basterebbe avere semplicemente più amore per la nostra lingua, e non parlo di un amore conservativo che vede male qualsiasi evoluzione. La lingua – è cosa nota – è simile ad un organismo vivente che cresce e cambia nel corso della sua esistenza. Tuttavia non è auspicabile che questo stesso organismo sia vittima di radiazioni irrazionali e sciatte che siano causa di orrende mutazioni.

 

Si consiglia la lettura di

  • “La punteggiatura” di Simona Fornara, Carrocci editore.
  • “Prontuario di punteggiatura” di Bice Garavelli Mortara, Laterza editore.

 

Fonte per questo articolo: “Giornata con le virgole” di Giuseppe Antonelli, “Il Sole 24 Ore” (Domenica)

Massimo Petrucci
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