Il gatto del nord

Ma che fa, dorme ancora?

Sono le sette e un quarto, la sveglia è suonata e continua a dormire! Eppure ieri sera è andato a letto presto, ha puntato la sveglia alla solita ora, mi ha carezzato sulla schiena, ha tirato su la coperta e ha fatto finta di nulla quando mi sono spostato al suo fianco, con la testa poggiata sul cuscino.

Preferisco dormire al fianco del padrone che accanto alla padrona perché il suo ronfare e il fischio dal naso mi conciliano il sonno.

Mah, ora si sveglierà di colpo, come al solito, e sarà nervoso tutta la mattina.

Intanto mi faccio un giro per casa, mi piacciono i rumori della mattina, i soliti rumori di sempre: la saracinesca tirata su dal guardiano del Mulino San Vincenzo e il motore schioppettante del furgone del Panificio Pirani che aspetta di caricare i sacchi di farina. Ecco la ciotola, che schifo ieri sera non l’hanno pulita, ci sono ancora i residui della mousse al vitello. Non lo capiscono che ogni giorno voglio qualcosa di diverso e nella ciotola ben pulita. E poi questa puzza di fumo che non va via mai e poi lui che fuma qualche volta dopo cena quei sigari puzzolenti.

Dice che sono di classe.

Sono solo fetidi zampironi e di zanzare in giro qui non ce ne sono da anni.

Ah, si è ricordato di lasciare socchiusa la porta finestra sul balcone, meno male, l’aria di prima mattina è una mano santa. Niente di meglio che fare toletta all’aperto in una bella giornata di primavera.

Poi mi distendo al sole, faccio finta di dormire e finalmente lo becco quello stronzo di passero che ogni mattina viene a beccare nel secchio della spazzatura.

Mica per le molliche che mangia, ma questa è casa mia e non permetto a nessuno di entrarci senza il mio permesso.

Mica sono come il padrone che blatera di pace, di tolleranza, di accoglienza, d’integrazione.

E già questo chissà da dove arriva, magari avrà l’aviaria e viene a casa mia a portare le sue zozze malattie.

Ieri sera disteso sul divano, ho sentito in TV un tale con il foulard verde che urlava contro gli stranieri e voleva ricacciarli tutti in mare.

Il padrone mi ha carezzato sulla schiena: “Karl guarda che tipo, pensare che c’è gente che l’ha votato e hanno vinto le elezioni”.

Beh, se avessimo votato noi gatti, avrebbe vinto più alla grande.

Ora mi faccio comprare un bel collarino verde, al posto di ‘sto coso con la falce e martello.
E mi cambio anche il nome, che ci azzecca Karl, molto meglio Umberto.

Finalmente si è svegliato.

Dio che faccia ha, com’è incazzato, chissà perché?

Si ringrazia per l’editing Maria Laura Villani

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4 Replies to “Il gatto del nord”

  1. Io sono più che una gattofila, direi che sono addirittura di religione gattolica, adoro queste meravigliose creature, ma devo ammettere che i concetti di “tolleranza, accoglienza, integrazione” non sono propri dell’amato Felino. Provate a portare un secondo gatto in un appartamento dove ne vive già uno, poi me la raccontate…

  2. Giovanni talvolta attraverso il paradosso del gatto leghista, si comprende quanto sia disumana la logica di quella gente.

  3. TROPPO OFFENSIVO PER I GATTI. IL GATTO E’ FANTASIA E QUINDI LIBERTA’ E CURIOSITA’ PER LE NOVITA’

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