di Elisa Scaringi
Sohelia, Azar, Simin, Sara, Mahsa. Donne che vengono tradite e ingannate. Donne che hanno un rapporto difficile con i loro uomini. Kiarash Asadizadeh, che con “Acrid” ha presentato all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma il primo lungometraggio della sua carriera, racconta, con una circolarità perfetta, delle esistenze complicate, senza lieto fine, sospese nel dubbio della loro evoluzione.
Sohelia è sposata con Jalal, ma mantiene nei suoi confronti la freddezza di una donna tradita. Jalal, che conferma il suo debole per il genere femminile, cerca una nuova segretaria, nubile. Assume Azar, che nubile non è, e mente per l’urgenza di ottenere un lavoro. Azar è infatti sposata con Khosro, istruttore di scuola guida, e hanno due bambini. Khosro, però, cerca rifugio tra le braccia di Simin, e fugge da una vita matrimoniale soffocante. Simin, intanto, è alle prese con Sara, sua sorella, picchiata da un marito dal quale, però, non potrà fare a meno di ritornare. Simin, che di professione fa l’insegnante, ha, tra i suoi alunni, Mahsa, giovane ragazza, fidanzata con colui che poi la tradirà con la sua co-inquilina.
La pellicola si interroga sull’infedeltà e sulla comunicazione all’interno dei rapporti di coppia, mettendo al centro della sua riflessione l’aspetto più importante di ogni relazione, e cioè la fiducia. Il regista, Kiarash Asadizadeh, descrivendo la quotidianità di uomini e donne che vivono semplici incomprensioni ed evidenti manifestazioni di infedeltà, intende narrare anche i cambiamenti della società iraniana che lo circonda. E riesce ad amalgamare magistralmente le interpretazioni dei suoi attori tutti, a cui la giuria del Festival Internazionale del Film di Roma ha assegnato il Premio all’Attore o Attrice emergente.
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