I demoni di San Pietroburgo e l’industriale

Dopo ben diciannove anni d’assenza, nel 2007, il vecchio leone Giuliano Montaldo ci aveva già regalato il suo ritorno al grande schermo con I demoni di San Pietroburgo, per rendere l’onore a uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi: Fjodor Mikhajlovic Dostojevskij. Per raccontarne la  storia Montaldo aveva scelto come spunto il suo romanzo Il giocatore, dettato in due mesi ad Anna Grigorievna Snitkina e pubblicato nel 1866.

Nel film, lo scrittore deve completare il romanzo in cinque giorni, altrimenti lo strozzino-editore, grazie al quale ha ripianato i debiti di gioco, diverrà proprietario dei diritti di tutte le opere che scriverà da quel momento in avanti. Una sorta di ricatto, dunque, per opera del produttore che si permette – nelle logiche del libero mercato – di dettare i tempi della produzione artistica, trasformandola da impulso spontaneo a effetto comandato. Un po’ come già ricordato da Milos Forman nel 1984 nel suo grandissimo film sulle vicende di un altro visionario e talentuoso artista, che si trovava pressato e stressato dagli impegni contratti per consegnare la sua opera: il giovane e brillante Wolfgang Amadeus Mozart il quale, purtroppo, morirà prima di completare la sua opera.

Fjodor invece – oltre che dover fronteggiare gli impegni finanziari – dovrà impedire che il gruppo di terroristi, che ha già ucciso in un attentato un parente dello zar, possa lanciare ancora le bombe durante il passaggio della carrozza di un altro membro imperiale. Fjodor, infatti, ha ancora negli occhi e nella mente gli anni trascorsi da prigioniero politico, rinchiuso nella fortezza di Omsk in Siberia. E, pur non avendo mai professato la violenza come fine per affermare i principi socialisti che lo attiravano in età giovanile, il maturo scrittore si deve adesso preoccupare di convincere il gruppo di terroristi a non affermarsi con la violenza. Così, si mette alla ricerca di Aleksandra, che guida il gruppo del terrore, cercando di farla desistere dagli intenti criminosi e violenti.

Dostojevskij, che soffriva di disturbi epilettici, giunto agli anni maturi della sua vita, vuole trasmettere l’insegnamento della ricerca su una libertà che sia frutto della mente, del desiderio e dell’animo, piuttosto che dell’uso della forza. Tra una crisi epilettica e l’altra, lo scrittore rivive i giorni dei lavori forzati, quelli dell’attentato e gli ultimi anni di vita. Dostojevskij è contrario alla soluzione violenta. Ciononostante, gli dirà Pavlovic, il capo della famigerata Terza Sezione di Polizia, «i vostri romanzi sembrano scritti contro i rivoluzionari, ma in realtà sono più incendiari dei proclami terroristici». Perché gli scritti, si sa, infiammano gli animi ancor di più delle bombe.

E, se nel 2007 Montaldo si era rifatto alla vita di Dostojevskij per portare ancora al cinema la vita, oggi il vecchio leone ritorna con il prossimo film, L’industriale nel quale il protagonista, a capo di una fabbrica con una settantina di dipendenti, deve fronteggiare la crisi economica e tutto quanto si agita dietro le vite di uomini e donne che – dai due lati della barricata – devono continuare a vivere in un mondo nel quale il lavoro, o la sua assenza, decretano il successo o il fallimento degli individui.

Talvolta si torna sul proprio passato, come Dostojevskij, altre volte ci si tormenta sul proprio futuro, come L’industriale, ma il primo amore è quello che non si dimentica mai. Così come non lo ha mai dimenticato Giuliano Montaldo.

Già nel 2007 era tornato al cinema, dopo anni durante i quali la moglie lo aveva più volte sentito nel sonno gridare «Motore». E c’era tornato pescando dalla vita, esattamente così  come oggi nella sua ultima fatica. Ma sarà vera fatica per un ultraottantenne dedicarsi alle passioni, alla vita e ai suoi intrighi?

Sarà vera fatica affrontare i temi a noi cari, quelli che attraversando i nostri pensieri come follie, ci conducono al problema delle scelte e del lungo travaglio che nasce nel profondo dell’animo?

Diceva Fjodor Mikhajlovic Dostojevskij: «Quando scrivo rubo dalla vita. La vita è molto più ricca di ogni intrigo». Sarà vero? «Il vero a volte sembra inverosimile. Sono le invenzioni a renderlo verosimile». Motore, azione!

 

Voto: 7 1/2

  • Regia: Giuliano Montaldo
  • Interpreti: Miki Manojlovic, Carolina Crescentini, Roberto Herlitzka, Anita Caprioli, Filippo Timi, Patrizia Sacchi, Sandra Ceccarelli, Giovanni Martorana
  • Musiche: Ennio Morricone

Si ringrazia per l’editing M.Laura Villani

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