di Elisa Scaringi
Wikileaks, fondata da Julian Assange nel 2006, è un’organizzazione internazionale, senza scopo di lucro, che riceve e pubblica documenti, coperti da segreto, in modo anonimo, grazie ad un potente sistema di cifratura.
Bill Condon, nel suo thriller politico “Il quinto potere”, cerca di raccontare questa storia, basandosi su due testi: Inside Wikileaks di Daniel Domscheit-Berg, il socio tedesco sospeso nel 2010 per profonde divergenze sull’utilizzo della piattaforma digitale, e Wikileaks di David Leigh e Luke Harding, due giornalisti del Guardian. Il punto di vista del film risulta, dunque, parziale: Julian Assange viene infatti descritto come l’amico di Daniel, come colui che, ad occhio esterno, ha bisogno di una guida che freni la sua sfrontatezza.
Il protagonista del film, quindi, non è soltanto il fondatore di Wikileaks, ma anche l’amico assunto a Berlino come collaboratore ed esperto informatico. “Il quinto potere”, troppo veloce nel passaggio fra le varie ambientazioni e troppo lento nella definizione di un genere come il thriller, delude le aspettative dello spettatore. Il titolo, infatti, che sembrerebbe rimandare al “Quarto potere” di Orson Welles, rimane solamente un titolo: la rete, che vuole essere definita come il quinto potere nella divulgazione delle notizie, non viene certamente narrata con la stessa abilità narrativa di “Citizen Kane”.
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