di Sissi Lutricuso
Qualcuno volò sul nido del cuculo, film del 1975, ha segnato una tappa fondamentale della storia del cinema perché affronta il dramma degli ospedali psichiatrici. La storia ha inizio tra le mura solitarie di un ospedale psichiatrico, nell’Oregon. In questo posto lugubre, abbandonato da Dio e dagli uomini, una dottoressa carceriera tiene le fila di un intero reparto psichiatrico, dove diciotto uomini con i problemi mentali più disparati sono sotto sua tutela e sorveglianza. La dottoressa impartisce regole ferree a cui i malati si sottopongono senza batter ciglio. Metà dei pazienti è in uno stato semi vegetativo, non interagiscono in alcun modo con gli altri o con l’esterno. L’altra metà è costituita da malati mentali con problemi comportamentali più o meno seri: c’è il ragazzo balbuziente che non ha mai avuto una relazione con una donna a causa di una madre opprimente, il signore sposato che non potendo soddisfare la moglie perché è gay la odia, lo stupido cronico e altri tipi stranissimi.
La loro esistenza scorre immota come un lago stagnante, senza alcuno scossone, tra medicine, sedute di gruppo e sogni mai realizzati, fino a che nel luogo oscuro entra un nuovo stravagante personaggio di nome Randle McMurphy (interpretato da Jack Nicholson). McMurphy non è pazzo, è solo un carcerato troppo insolente e ribelle che lo Stato vuole relegare al ruolo di matto per poterlo facilmente domare. Ma domare McMurphy è praticamente impossibile. Non appena mette piede nell’ospedale la sua sola presenza sconvolge l’inerzia degli altri degenti fino a portarli alla consapevolezza della loro non follia e, sopra ogni cosa, al coraggio di essere uomini liberi. Tra i pazienti privi della facoltà di intendere e di volere spicca, per la sua stessa mole da gigante buono, l’indiano sordomuto che viene subito preso in simpatia dal nuovo entrato. McMurphy gli insegna a giocare a basket e inventa un modo tutto suo per poter comunicare con lui e arrivare dritto al suo cuore. Fin dai primi giorni di reclusione il nuovo paziente comprende la sadica crudeltà della dottoressa carceriera e la sfida con tutti i mezzi che ha a disposizione; la sua spavalderia e il suo coraggio quasi infantile accrescono l’odio della donna che lo sottopone agli aberranti elettroshock per tarpargli le ali.
Lui è un cattivo esempio, non rispetta le regole: vuole vedere la televisione invece di ascoltare musica rilassante, organizza giochi d’azzardo e alle sedute di gruppo convince i pazienti a votare per cambiare il regolamento dell’ospedale. Poiché in lui vi è la totale mancanza del senso del pericolo, un giorno ruba il pulmino dell’ospedale e porta i suoi amici “pazzi” in gita su una barca, anch’essa rubata.
Lo spettatore partecipa estasiato al miracolo della libertà, al capogiro delle emozioni. È forse pazzo chi è libero, è forse pazzo chi prova emozioni? Nonostante gli innumerevoli tentativi di spegnere per sempre la sua vitalità, la carceriera non riesce a batterlo; ma un giorno, il più crudele di tutti trova la chiave di volta e confessa a McMurphy che i pazienti più sani sono lì per loro stessa volontà e che, contrariamente a lui, possono andarsene quando vogliono. L’uomo è sconvolto e non riesce a capacitarsi di come un uomo possa deliberatamente scegliere di rinchiudersi in una prigione di dolore e abnegazione solo per sfuggire al mondo, a quello stesso mondo che lui tanto disperatamente agogna. Allora escogita la sua fuga: scappare via, lontano, gli sembra l’unica soluzione possibile.
Prima di farlo dà una piccola festa notturna e fa entrare nell’ospedale due sue belle amiche come ultimo regalo a delle persone, a cui, in fondo, si è affezionato. McMurphy avrebbe dovuto fuggire subito. La festa gli sarà fatale e niente sarà come lui se l’era immaginato.
Il cuculo, che dà il titolo al film, è un uccello la cui caratteristica è quella di deporre le sue uova in altri nidi. I nati buttano letteralmente fuori dal nido i piccoli fratellastri, ancora chiusi nelle loro uova, uccidendoli e usurpando il nido. Il nido, in questo film meraviglioso, è rappresentato dal manicomio, dove la deviazione verso il male impedisce ai pazienti di vivere e la paura di volare li rende prigionieri per sempre. Randle McMurphy vola sul nido regalando ai pulcini che vi sono dentro il racconto del cielo oltre la prigione.
Qualcuno volò sul nido del cuculo, Usa, 1975, regia di Miloš Forman
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