di Elisa Scaringi
Potrebbe sembrare uno dei soliti “sci-fi movies”, e invece Interstellar sorprende per la chiarezza che riesce a mostrare nonostante la costruzione complessa. Questa nuova “science fiction” sa confrontarsi, magistralmente, con 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Dopo 45 anni di cinema, il regista Christopher Nolan (che ha scritto e prodotto la pellicola) riesce a proseguire quel viaggio iniziato attraverso l’universo, confermando la sua abilità di cineasta-ingegnere nel condurre lo spettatore verso le risposte di un mistero fatto di gravità e relatività temporale. Il fascino di questo film sta soprattutto in questo: creare nello spettatore il piacere della concentrazione attraverso il complesso intreccio fra il tempo sulla Terra e il tempo degli astronauti.
A confermarsi è anche Matthew McConaughey (freschissimo premio Oscar in Dallas Buyer Club) nei panni del protagonista, un ex astronauta, naturalizzato agricoltore, che, attraverso un campo gravitazionale, approda nuovamente alla Nasa, e, sempre attraverso un campo gravitazionale, riesce a risolvere l’equazione necessaria per salvare l’umanità.
Interstellar, diversamente da quanto accade di solito negli “sci-fi movies”, parte da un ritorno alla Terra, che, sebbene sia attaccata da frequenti tempeste di sabbia, non viene abbandonata facilmente, ma, anzi, viene curata come non mai, in un’ambientazione che, apparentemente idilliaca, nasconde un animo umano profondamente disperato. Solo alla fine, e con visibile malincuore, la Terra viene abbandonata per una ambientazione “galattica”, sebbene rimanga viva la speranza di trovare un pianeta capace di diventare una “nuova Terra” per l’umanità.
Il film, girato tra Canada, Islanda e California, è stato scritto a partire da un trattato del fisico teorico Kip Thorne circa la possibilità di viaggiare tra vari sistemi solari attraverso un ponte di Einstein-Rosen (cunicolo spazio-temporale), detto anche “wormhole”. Si tratterebbe di una ipotetica scorciatoia per viaggiare tra punti diversi dell’universo, più velocemente rispetto a quanto impiegherebbe la luce a percorrere la stessa distanza attraverso lo spazio normale. Il progetto, inizialmente pensato (nel giugno 2006) dalla Paramount Pictures per Steven Spielberg, viene affidato (nel gennaio 2013) a Christopher Nolan, che decide di scrivere la sceneggiatura definitiva insieme al fratello.
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