La legge della notte: storia di un atipico gangster dei duri Twenties

 

di Francesco Grano

 

locandina La legge della notte

 

Stati Uniti, anni ’20. Figlio di un alto ufficiale di polizia (Brendan Gleeson), Joseph “Joe” Coughlin (Ben Affleck), ragazzotto irlandese veterano della Prima guerra mondiale, si guadagna da vivere rapinando bische clandestine e piccole banche nelle strade di Boston, grazie all’aiuto del fidato complice Dion (Chris Messina) e di Emma (Sienna Miller) sua amante nonché donna dello psicopatico gangster Albert White (Robert Glenister). Scampato alla morte dopo il pestaggio da parte di quest’ultimo e ripresosi dalle ferite, Joe si allea con Maso Pescatore (Remo Girone), boss del clan degli italoamericani. Mandato in Florida a dirigere il traffico di alcolici e narcotici, Coughlin lentamente disobbedisce agli ordini, costruendo così il suo impero criminale e pianificando la giusta vendetta nei confronti di White.

romanzoTratto dall’omonimo romanzo (edito nel 2012) di Dennis Lehane, autore tra l’altro di La casa buia (Gone, Baby, Gone, 1998) e La morte non dimentica (Mystic River, 2001), La legge della notte (Live by Night, 2016) è la quarta incursione dietro la macchina da presa dell’attore Ben Affleck. Riadattato per il grande schermo dal regista stesso, La legge della notte è il tentativo di riproporre – secondo un’ottica classicista – il gangster movie degli anni Trenta cercando di incrociarlo con i ritmi più action di un crime movie odierno. Con un inizio in medias res, preceduto dai titoli di testa che fungono da sorta di “documento” storico-sociale, il quarto lavoro di Ben Affleck dimostra l’assimilazione e la conoscenza dei tòpoi e delle figure chiave appartenenti al genere, presentando Joe Coughlin, rapinatore di basso profilo nella Boston del proibizionismo, che ruba ma detesta uccidere poiché, come egli stesso afferma più avanti, ha già ucciso abbastanza in precedenza durante la WWI, in quel primo e sanguinosissimo conflitto mondiale. Se Coughlin è l’eccezione, intorno a lui si consumano i crimini e le guerre tra bande, tra attentati dinamitardi, incendi dolosi, colpi deflagrati a bruciapelo in testa, femme fatale tagliagole, defenestrazioni e cervelli spalmati sull’asfalto.

Se la prima parte di La legge della notte è la mise en scène, l’accurata definizione e presentazione del violento macrocosmo criminale durante gli anni del proibizionismo, la seconda, quella incentrata sull’ascesa imperiosa dello stesso Coughlin, cade nel cliché, in quel campionario stantio e stereotipato delle azioni delinquenziali, fatto di regolamenti dei conti e di eliminazione della concorrenza. A far perdere terreno all’adattamento cinematografico del romanzo di Lehane, ci pensa l’intreccio della storia, troppo saturo di personaggi e vicende secondarie che vengono a collidere, rovinosamente, con la storia di un atipico gangster dei duri Twenties, a cui si aggiunge il viraggio verso sprazzi di sentimentalismo che stonano decisamente in una pellicola di genere. Nonostante La legge della notte proceda per addizione, accumulando brutalità e stilemi della miglior filmografia noir, ciò che altamente penalizza il film di Ben Affleck è la giusta e mancata introspezione psicologica dei personaggi che popolano il lungometraggio. Gli stessi caratteri filmici di Coughlin, White e Pescatore vorrebbero essere personaggi paragonabili ai gangster di scorsesiana memoria o a quelli interpretati da James Cagney ma non avendo e, quindi, non padroneggiando lo stesso carisma accattivante, si risolvono in un nulla di fatto, senza riuscire a imprimere figure degne di nota nell’immaginario dello spettatore.

      protagonisti  scena film

Nonostante la partenza a razzo sembri promettere il miglior intrattenimento e spessore possibile da un prodotto del genere, ciò che grava pesantemente su questa prova di regia è la prevedibilità e il sapore di già visto delle scene d’azione e di tensione. Se paragonate all’immenso e magistrale Nemico pubblico (Public Enemies, 2009) del maestro Michael Mann oppure all’ottimo e coinvolgente The Town (id., 2010) diretto sempre da Affleck, le uniche due sequenze d’azione – per tutti i 128 minuti di La legge della notte – strappano quasi un sorriso ironico per via delle incongruenze e della spettacolarizzazione degna del migliore B-Movie. Passo falso nella carriera da regista di Ben Affleck, La legge della notte è uno di quei film che si dimenticano in fretta poiché senza spessore e insapore, incapace di coinvolgere emotivamente (nonostante la presenza di un accurato e variegato cast) e visivamente (vista anche la fotografia tendente verso colori spenti e freddi) tanto da far venire voglia, dopo la visione, di recuperare e rivedere i classici del genere come quelli di Hawks e LeRoy e i postmoderni come Coppola, De Palma, Scorsese e Mann.

 

 

Gamy Moore
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