L’ora più buia: un biopic semplice ed essenziale di stampo classicista

 

di Francesco Grano

 

L'ora più buia locandina

 

Nella primavera del 1940, dopo le dimissioni forzate di Neville Chamberlain, Winston Churchill (Gary Oldman) viene eletto Primo ministro della Gran Bretagna, trovandosi fin dall’inizio a sostenere una enorme prova di forza: negoziare un trattato di pace con la Germania nazista che avanza oppure continuare sulla strada della guerra e della resistenza. Nel momento in cui le armate tedesche conquistano la maggior parte dell’Europa e il pericolo di un’invasione sul suolo inglese diventa più reale, Churchill si trova costretto a giocare il tutto per tutto, dovendo far conto sulle sue forze e su quelle di pochi alleati.

Il genere del biopic, quel cinema biografico incentrato sulle gesta e sulla vita di figure storiche (e non) recenti e meno recenti a volte può rivelarsi, quando si tende ad eccedere oppure a romanzare in maniera gratuita e con licenza poetica il materiale di partenza, una lama a doppio taglio. Nonostante la potenziale incognita, quando si opta per una versione dei fatti molto vicina alla realtà che conosciamo, allora tale pericolo filmico viene scansato. Quest’ultima scelta è quella fatta dal regista inglese Joe Wright (Orgoglio e pregiudizio, Espiazione) il quale, lasciando da parte qualunque “abbellimento” da script, racconta con L’ora più buia (Darkest Hour, 2017) – in modo netto e diretto – il difficile insediamento di Churchill all’interno del Parlamento inglese.

 

           Churchill     Winston Churchill

 

Il settimo lungometraggio di Wright non si concentra in toto sulla vita del Primo ministro Churchill, piuttosto L’ora più buia è una rappresentazione circoscritta al periodo – riprendendo il titolo stesso – più buio di un intero Paese spettatore dei pericolosi venti di guerra e dell’uomo che, con tenacia e decisione, è riuscito a tenere testa al nemico senza mai arrendersi. Il Churchill di Wright, interpretato da un grandioso, magnetico e irriconoscibile Gary Oldman, è il preciso ritratto di un uomo che, nonostante le avversità e l’iniziale mancanza di fiducia nei suoi confronti, non si è mai piegato al volere altrui, andando contro il parere dei suoi sottoposti e dei suoi superiori, come lo stesso re Giorgio VI. Burbero, dalle maniere dirette, dalla battuta caustica sempre pronta e dotato di un’incredibile ars rhetorica il Churchill di L’ora più buia è un leader diviso su due fronti di guerra: quello interno fatto di collaboratori, generali e consiglieri più votati verso una risoluzione di pace e quello esterno, in cui la vera guerra, il Secondo Conflitto Mondiale, iniziato nel cuore dell’Europa, si allarga giorno dopo giorno a macchia d’olio, facendo strazio di città, paesi, uomini, donne e interi Stati.

Parimenti, mentre l’escalation di distruzione, fuoco e fiamme cresce, Wright consegna allo spettatore non solo le gesta irruente e contagiose di Churchill W. Churchillma anche lo sguardo stesso del Primo ministro; uno sguardo, una visione che si affaccia e si sofferma su un’Inghilterra che si prepara al peggio, alzando fortificazioni fatte di barricate e sacchetti di sabbia. Eppure, nonostante la tensione e la paura di ritrovarsi con la guerra in casa, è lo stesso popolo inglese a non demordere e, nella sequenza più intimista di L’ora più buia – quella che vede Churchill prendere la metropolitana e, così, parlare con i suoi concittadini – lanciare l’urlo di non accettazione, l’urlo rabbioso e combattente di uno Stato che non conosce e non vuole conoscere la parola sconfitta; piuttosto, insieme al Primo ministro, auspica alla vittoria contro la prepotenza, la violenza e la follia di chi ha stravolto gli equilibri geopolitici e umani del globo intero. A dispetto del forte impianto politico di fondo, L’ora più buia offre brevi ma intensi spiragli di un Churchill privato, un uomo ritratto anche nel suo quotidiano (fatto di carattere e debolezze) al di fuori del ruolo istituzionale, testimone di un passato bellico e politico non sempre roseo e che si è reso promotore, oltre che ad essere l’ancora di salvezza della Gran Bretagna, di operazioni militari passate alla storia, come la missione di salvataggio Dynamo a favore di oltre 300.000 soldati inglesi intrappolati a Dunkerque, episodio storico ripreso e ricostruito nel 2016 da Christopher Nolan nel war movie Dunkirk.

Con piglio registico sicuro di sé e con un cast di prim’ordine, L’ora più buia si conferma un biopic semplice ed essenziale di stampo classicista, che non cerca di sorprendere con trovate visive all’avanguardia o manierismi di sorta e, così, limitandosi a una struttura classica di un tipo di cinema di altri tempi in cui non importa tanto l’abbellimento o l’estro del regista, la limitazione dello spazio d’azione diventa fondamentale, in modo tale da plasmare una sorta di kammerspiel in cui, a prevalere, non è tanto la perfezione del contenuto ma – piuttosto – la volontà di portare sul grande schermo, senza far ricorso a patetismi o esaltazioni, cruciali episodi della storia dell’uomo che, oggi, ci permettono di essere qui a parlarne.

 

 

Gamy Moore
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