di Francesco Grano
A seguito del misterioso e macabro omicidio del nonno Abraham (Terence Stamp), Jacob “Jake” Portman (Asa Butterfield) su consiglio della sua psicologa, intraprende un viaggio in Galles dove, secondo alcune storie raccontategli dal nonno durante l’infanzia, esisterebbe una casa diretta da Miss Alma Peregrine (Eva Green), in cui vivono dei ragazzi speciali, dotati di capacità incredibili. Deciso a scoprire la verità, Jake si inoltra tra i boschi gallesi, riuscendo per davvero a trovare la casa e, così, fare conoscenza di Miss Peregrine e del folto gruppo di cui si prende cura. Ma una grave minaccia incombe: la direttrice e i ragazzi sono intrappolati in un loop temporale e, per di più, sono in costante pericolo in quanto delle mostruose creature nate da un folle esperimento voluto da Mr. Barron (Samuel L. Jackson), danno loro la caccia per cibarsi degli occhi dei bambini speciali.
A distanza di due anni da Big Eyes (id., 2014), biopic incentrato sulla vita della pittrice Margaret Keane, Tim Burton torna sul grande schermo con Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali (Miss Peregrine’s Home for Peculiar Children, 2016), adattamento del primo capitolo della fortunata saga letteraria nata dalla penna di Ransom Riggs. Nonostante l’origine letteraria che, spesso e volentieri, si rivela un’arma a doppio taglio per le trasposizioni cinematografiche, Miss Peregrine conferma il ritorno del regista Burton a quella sua filmografia delle origini, costruita sulle tematiche della diversità, della paura dell’anormalità nella vita normale di tutti i giorni e del conseguente stato di emarginazione in cui si ritrovano tutti i personaggi sui generis che vivono all’interno delle storie burtoniane. In maniera identica alle sue opere cult come Edward mani di forbice (Edward Scissorhands, 1990) e Frankenweenie (id., 2012), anche in Miss Peregrine Burton ricostruisce la situazione esistenziale che sta alla base di tutti i suoi lavori. Nelle mani del geniale regista, il personaggio di Jacob viene plasmato, diventa il canale comunicativo tra le vicende del lungometraggio e lo spettatore, portando quest’ultimo faccia a faccia con quell’ostinata mancanza di credenza e quel senso di giudizio che risiedono nell’uomo medio, pronto ad additare di follia o visionarietà tutti quelli che riescono a vedere oltre la punta del loro naso.
In maniera simile all’Edward Bloom di Big Fish – Le storie di una vita incredibile (Big Fish, 2003), il Jacob di Miss Peregrine è un personaggio emarginato, che passa per credulone fin dall’infanzia per via delle storie narrategli dal nonno e del potenziale mondo fantastico creato intorno ad esse. Eppure è proprio questa capacità di credere nell’(im)possibile che aiuta Jacob a varcare il confine che separa l’incredulità del reale quotidiano da quello di una realtà altra, celata agli occhi di chi non vuol vedere, di chi – senza interesse alcuno – inforca i paraocchi pur di non guardare verso quell’universo popolato da esseri diversi, anormali, dai cosiddetti freaks appunto. Quello che sta al centro di Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali è un vero e proprio atto di fede nel guardare e nel vedere oltre, accettando l’anormalità e la diversità come qualcosa di normale nella caotica e – spesso e volentieri – anormale società odierna. Non per niente i mostruosi antagonisti fronteggiati dalla direttrice Peregrine, da Jacob e dalla variegata combriccola di ragazzi speciali puntano a divorare gli occhi di questi ultimi, unico mezzo miracoloso, oggetto del desiderio (per dirla in modo lacaniano) capace di donar loro sembianze umane, in modo tale da poter fare ritorno dall’oblio, dalla condanna dell’invisibilità all’occhio normale dell’uomo.
Oltre al credere nella potenza della visione, Miss Peregrine si rivela essere anche un ulteriore atto di fede verso il cinema, verso quell’immenso amore nutrito nei confronti della Settima arte che il regista Burton, fin dall’infanzia, non ha mai accantonato. Dimenticati i non proprio eccelsi successi di opere come Alice in Wonderland (id., 2010) e Dark Shadows (id., 2012), Tim Burton è riuscito a ritrovare quel suo touch, quello smalto un po’ perduto negli ultimi anni, riuscendo a confezionare, con Miss Peregrine, una sagace miscela di fantasy, avventura e horror gotico capace di rapire lo spettatore per tutte e due le ore di durata, di intrattenerlo ma anche di farlo riflettere grazie a una regia impeccabile e burtoniana al 100%, una fotografia eccelsa e un cast (a partire da Eva Green e Asa Butterfield, fino a Terence Stamp) altamente azzeccato per questo nuovo incredibile viaggio fantacinematografico.
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