di Elisa Scaringi
Nymphomaniac è la storia di una donna. Definitasi come “un pessimo essere umano”, alla fine si riconosce orgogliosa della sua insaziabile fame di sesso. Indotta dagli altri ad intraprendere la strada della terapia di gruppo, si finge depressa, ma, in realtà, la sua ninfomania non mostra ombra di pentimento.
Nel suo dialogo con il buon Seligman, interpretato da Stellan Skarsgard, pio uomo asessuato, la cui stanza da letto fornisce gli spunti per introdurre gli “spaventevoli episodi”, la protagonista traccia l’evoluzione della sua mania per il sesso. Dai giochi infantili alle gare adolescenziali, dall’organizzazione giornaliera di diversi uomini alla polifonicità di Bach, dall’esplorazione del sadismo fino alla sperimentazione dell’omosessualità.
Joe, interpretata da Charlotte Gainsbourg, si mostra più reale di quanto possa emergere dalla sua deviazione sessuale: si innamora, infatti, di un unico uomo, Jerome, il primo con cui perde la verginità, e l’unico con cui mette al mondo un figlio. Da qui il dramma vero di una donna che non riesce a rinunciare, né a tenere sotto controllo, la sua mania, nemmeno di fronte alla morte del padre tanto amato, oppure all’allontanamento forzato dal figlio. Dunque, la depressione sta forse in questo: non riuscire ad imporsi sul proprio istinto, che la spinge ad esplorare tutti i segreti più oscuri della sua perversione.
Giunge così a compimento la trilogia della depressione messa in scena da Lars Von Trier, eclettico regista danese, che fa dei suoi film un’analisi filosofica e personalissima della società che lo circonda. In questa ultima serie di film egli punta la macchina da presa sulla sfera femminile, trasponendo la sua personale depressione in soggetti che vivono storie estreme, di fronte alle quali non c’è possibilità di salvezza. La protagonista di Antichrist, primo film della trilogia, elabora il trauma per la morte del figlio grazie all’aiuto del marito, psicoterapeuta, che la spinge ad affrontare le sue paure. In realtà sarà proprio questo cammino a condurli verso il nero più scuro dell’anima, dove si muove satana e il caos della natura.
Justine e Claire sono invece le protagoniste del secondo film sulla depressione, Melancholia. Qui il regista traccia i caratteri oscuri di due sorelle, una attanagliata dalla paura per la vita e l’altra dal dramma della morte. Justine, infatti, rinuncia alla vita matrimoniale pochi istanti dopo essersi sposata, perché terrorizzata dal proprio futuro. Claire, invece, non riesce a superare la paura della morte, messa in scena dal pianeta Melancholia, che minaccia di colpire la terra. Sarà allora Justine a condurla coraggiosamente per mano verso l’inevitabile destino.
Il bosco è l’elemento che lega i tre film, e che, in un certo senso, ne chiude il cerchio. In Antichrist il bosco è il luogo della paura, dove emergono gli istinti più oscuri dell’uomo. In Melancholia il bosco offre alle protagoniste una “grotta magica” dove affrontare le proprie ansie. In Nynphomaniac il bosco è il luogo della pace e l’unico mezzo attraverso cui Joe scoprirà la propria identità: un albero solitario, deviato dal vento e totalmente nudo.
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