Philomena

di Elisa Scaringi

Philomena è una donna oramai matura, avanti con gli anni. Philomena è anche una donna determinata a risolvere un dolore lontano e ancora vivo. Nell’Irlanda del 1952, quando era ancora un’adolescente, resta incinta. Da qui, dal convento di Roscrea dove viene mandata dalla sua famiglia, inizia il flashback di una donna alla ricerca di suo figlio, perso ormai da cinquant’anni. Da qui parte una storia, avvincente e ricca di spunti di riflessione, attraverso un passato lontano, attraverso sentimenti forti quali l’amore e l’amicizia, attraverso dolori mai risolti, attraverso la rabbia e il perdono.

In questo suo riuscitissimo film, il regista Stephen Frears racconta la storia vera di una madre alla ricerca del figlio perduto, basandosi sul libro di Martin Sixsmith “The Lost Child of Philomena Lee” pubblicato nel 2009. «Incontrando la vera Philomena Lee», ha spiegato il regista, «ero sorpreso dal fatto che volesse venire sul set, cosa che ha fatto il giorno in cui veniva girata la scena terribile della lavanderia. Philomena è una donna magnifica, priva di autocommiserazione, che continua ad avere fede nonostante le ingiustizie subite». E proprio la fede rappresenta uno dei temi più importanti di questa pellicola, che sa anche far divertire il pubblico con il suo humor tipicamente anglosassone. Sebbene la vera Philomena abbia perso la fede, quella cinematografica, interpretata dal premio Oscar Judi Dench, mostra una religiosità molto profonda, che, nel corso del film, si scontra e confronta con il punto di vista di Martin, il giornalista e studioso di storia Russa che accompagnerà la protagonista in questo suo viaggio personale. Una donna, non colta, riesce a stupire un intellettuale, ateo e assolutamente sfiduciato rispetto agli esseri umani, con la sua fiducia assoluta in un Dio che non viene confuso con coloro che hanno la pretesa di rappresentarlo, e che anche nella sofferenza più grande viene comunque considerato come un punto di riferimento imprescindibile.