«Se io fossi Maradona vivrei come lui. Se io fossi Maradona non sbaglierei mai». Eppure lui, pur essendo Maradona, ne ha fatti di errori. No, sul campo no, anzi.
Ma voi lo ricordate Maradona? Un pibe alto un metro e uno sputo per 68 chili, quando riusciva a mantenere un minimo di forma umana. Una zazzera riccioluta, che definirla incolta non rende l’idea. Una faccia da mariuolo che ruba dalla vita per non farsi rubare della sua. Un ribelle con il coraggio dell’incoscienza, uno sfrontato, irriverente e irriconoscente, un sovversivo, quasi un mezzo criminale.
Eh sì: mezzo. Non tanto per la statura, quanto perché l’altro mezzo mariuolo era la grazia e la leggiadria in persona, un artista che danzava sulle punte, un ballerino che volava rasente terra, una sfida alle leggi della natura che vogliono inchiodare uomini e cose al pavimento. Uomini e cose, ma non lui. Per Maradona la legge di gravità, piuttosto che un fatto, era un’opinione. E in quanto tale, destinata a essere smentita.
Chi vedeva giocare Maradona al football, si chiedeva come potesse sgusciare così facilmente in mezzo ai nerboruti avversari, che ne incrociavano il percorso come corazzieri che tentano di proteggere il loro sovrano. E quando, inevitabilmente – dopo il primo, secondo e terzo tentativo andato a vuoto – succedeva che Maradona cadesse, lui non cadeva come un sacco di patate, non rimaneva fermo schiantato sul prato, come sarebbe capitato a uno di noi qualunquemente sgambettato, ma rotolava leggero e veloce come la palla impazzita che gli si staccava dal piede. E miracolo dei miracoli: la palla rotolava accanto a lui cosicché, alla fine della rotolata comune, la palla e il suo proprietario si ritrovavano nuovamente assieme.
In effetti, questo è un particolare che non è mai stato pienamente chiarito: era la palla che rotolava accanto a Maradona o Maradona che, cadendo, conservava la capacità di farsi palla al pari della palla vera, mutuandone direzione e velocità?
Se io fossi Kusturica, a questa domanda e ad altri misteri avrei cercato di dare risposta con un docu-film sulla vita di uno dei più grandi calciatori di tutti tempi. E certamente avrei intitolato questo film Maradona di Kusturica. Perché ognuno si fa l’immagine di Maradona che meglio crede. Ma io non sono Kusturica e così il regista vero ha deciso di metterne maggiormente in risalto la condizione di uomo, le sue virtù e le sue debolezze, proiettandole sulle aspettative che il mondo si era fatto di questo grande campione.
Il tema dell’immagine di Maradona è centrale e onnipresente nel film. Maradona era sottoposto a un’esposizione mediatica incredibile e non vi si sottraeva. Ciononostante, non prendeva assolutamente in considerazione la possibilità di aderire alle regole di una comunicazione formalmente e politicamente corretta, né si poneva il problema di chi stesse a guardare o ad ascoltare cosa egli stesse dicendo o facendo. L’esempio, la testimonianza, la virtù non erano certo i fantasmi che agitavano i suoi sonni.
La sregolatezza contrapposta al suo genio, ma anche gli eccessi, hanno caratterizzato la parabola esistenziale della vita fuori dal campo di Maradona. «Sai che giocatore sarei stato io, se non avessi tirato cocaina?». Ma anche che uomo sarebbe stato, visto e considerato che – nonostante ciò – esiste in Argentina una Chiesa maradoniana alla cui iniziazione gli aspiranti fedeli accedono segnando il gol con la mano de dios, come quello segnato irregolarmente dallo stesso Maradona durante i quarti di finale, ai campionati mondiali del 1986, contro l’Inghilterra.
Un uomo che «Se Andy Warhol fosse vivo, lo metterebbe accanto a Marylin, Liz e Jacqueline», sostiene Emir Kusturica, non staccando l’occhio della telecamera dal disordine fisico che la droga, il fumo dei sigari cubani e i vizi alimentari hanno depositato sul corpo di Maradona. «Ero morto, ma il Signore mi disse da lassù: ancora no, devi continuare a lottare». E lui, che era divenuto grasso all’inverosimile finendo per pesare 120 chili, si ritrovò in coma come morto: «Era come se avessi dei globuli neri di sangue che non mi facevano aprire gli occhi. Era una brutta sensazione».
Ma l’Araba fenice ci aveva già abituati alla messa in scena della sua morte e della successiva resurrezione e, così, entrando e uscendo da pesanti cicli di riabilitazione e disintossicazione, il divo più discusso del pianeta si era rifatto un corpo, si era ripreso ancora una volta la vita, non permettendo a nessuno di rubargliela, come un qualsiasi ragazzino cresciuto a pane e pallone di una zona conurbana di una grande metropoli.
Dopo le resurrezioni e le prodezze da calciatore, Maradona sconfiggeva anche le aritmie, le crisi ipertensive e la dipendenza da cocaina, perdeva 50 chili in eccesso e nel 2008 rientrava sul palcoscenico della sua vita – quello delimitato dalle linee di gesso – attraverso il sottopassaggio, per prendere ancora una volta il suo applauso, da guida della squadra di calcio nazionale del suo Paese. Quella nazionale alla quale aveva già regalato tante soddisfazioni, come la rivincita sugli inglesi per il possesso delle Isole Falkland. Persa quella battaglia nel 1982, gli argentini si vendicarono a modo di Diego, rifilandogli un gol irregolare di mano e uno al finire di una serpentina micidiale nella quale molti ne caddero e lui segnò.
Sul primo gol Maradona non tentò neanche di giustificarsi, disse che il gol era stato segnato «un poco con la cabeza de Maradona y otro poco con la mano de Dios». Ma quello che passò veramente alla storia fu il secondo gol, un capolavoro di intelligenza calcistica perché, si sa, il genio non è soltanto nel cervello, ma nelle abilità. E questo ragazzo era dotato di grandi abilità.
Erano il dono di Dio per la sua vita, fin dalla sua nascita. C’è chi nasce genio e lui lo nacque. Lui sarebbe stato per sempre El pibe de oro: l’oro, il metallo più luccicante. Ma è tutto oro quel che luccica? Ci sarebbe piaciuto essere come Maradona, ma la vita è una tombola. Chissà come avremmo giocato noi le nostre fortune?
« Ecco, la tocca per Diego, ce l’ha Maradona. Lo marcano in due. Calcia la palla Maradona, avanza sulla destra il genio del calcio mondiale. Può toccarla per Burruchaga… Sempre Maradona… genio, genio, genio… c’è, c’è, c’è… gooooooool!… Voglio piangere… Dio Santo, viva il calcio… golaaaaazoooo… Diegoooool! Maradona… C’è da piangere, scusatemi… Maradona in una corsa memorabile, la giocata migliore di tutti i tempi… aquilone cosmico… Da che pianeta sei venuto, per lasciare lungo il cammino così tanti inglesi? Perché il paese sia un pugno chiuso che grida per l’Argentina… Argentina 2 – Inghilterra 0… Diegol, Diegol, Diego Armando Maradona… Grazie, Dio, per il calcio, per Maradona, per queste lacrime, per questo Argentina 2, Inghilterra 0».
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Voto 7
- Regia: Emir Kusturica
- Interpreti: Diego Armando Maradona, Emir Kusturica
- Musiche: Manu Chao
Si ringrazia per l’editing M. Laura Villani
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