di Elisa Scaringi
Le emozioni del mondo di dentro alla regia della mente di Riley. Undici anni e un trasferimento obbligato dal Minnesota a San Francisco. Una bambina come tante altre, protagonista secondaria di un film d’animazione sulla sua mente. A tenere la scena di Inside Out sono infatti cinque emozioni (personificate) che guidano le sue scelte e ne organizzano i ricordi. Joy (Gioia), leader acclamata per tutta la durata della storia (o quasi); Anger, rosso di rabbia; Sadness (Tristezza), messa da parte per la sua apatia (poi fondamentale per le relazioni di Riley); Disgust, femminea e sprezzante; Fear, tanto pauroso da far ridere.
Forse il miglior film della Pixar, che ha dominato nei botteghini italiani fin dalla sua uscita (sei milioni di euro in una sola settimana). La mente umana non è mai stata così semplice da spiegare (anche ai bambini). Le emozioni sono dentro di noi e agiscono come registi della nostra esistenza. Stop. Niente psicanalisi o ragionamenti contorti. L’unico intento più complesso è forse raccontare le sfumature dei sentimenti, ma l’avventura di Gioia e Tristezza lo svelano con ragionevole chiarezza, attraverso il pensiero astratto e il subconscio, il mondo immaginario e i ricordi di base. Luoghi inventati dove la mente trova una scena realistica (e corretta) per spiegare come funziona.
Insomma un film da vedere, anche dagli adulti, per la sua capacità narrativa di far vedere cosa è accaduto (e accade ancora adesso) dentro ognuno di noi.
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