I dolori del giovane sceneggiatore (II puntata – Hai voluto la bicicletta, ora pedala!)

 

Sembra tutto facile, ma come al solito non lo è.

È vero, la sinossi venne giù che è un piacere, come scandiva una vecchia réclame.

Subito dopo, puntuale, non il racconto, ma la crisi di panico. Quella comune agli scrittori, che ormai non è più il timore del foglio bianco, ma del computer in persona che prima o poi sarà dotato di battuta pronta. Pronta a stroncarti.

Niente paura Paolè, mi ripetevo. La notte porterà consiglio.

Già, la notte…

 

A me la notte non porta sonno, o se lo porta è una sequela di incubi… Mi turbano ancora – della maturità! – il tema, il compito di matematica e perfino la prova orale… Gli scritti li avrò consegnati? Devo averli passati! Mica ricordo però… Mi sa che la colpa, più che del panico è dell’arteriosclerosi. Che forse allora non avevo.

 

In ogni caso anche la laurea, nei sogni, mi pare non averla mai presa. Per non parlare del dottorato. Pura utopia.

 

In quel caso, tornando a noi, mi limitai a non chiudere occhio. Vegliare con un pensiero fisso equivale a ritrovarselo grasso come un vitello il mattino seguente, ancora pronto a incamerare materia per ispessirsi e farti “arravogliare” le budella, tal che il tuo corpo in preda agli spasmi bruci quei pochi pensieri – chissà mai – adatti allo scopo.

 

Poi la gente si meraviglia ch’io mi mantenga magra.

 

 

Vuoi che non vuoi, pure il racconto venne alla luce. E a conti fatti non era poi tanto male. Non so neanch’io da quale emisfero m’era venuto… Andava però adattato per il teatro. E qua cascava l’asino…

Il Teatro!

 

“Non è nelle mie corde” sono certa di aver pensato non una, ma mille volte.

Più pragmaticamente dovrei ammettere: non lo sapevo fare.

Altri invece erano in grado e pure con gran maestria. Perché mai cimentarsi e rischiare il fiasco?

 

Se fosse così anche Colombo non avrebbe mai spinto in mare la Niña, e noi oggi avremmo un’idea diversa del mondo. Il che non sarebbe un male, forse.

 

Un copione è pur sempre un copione, fai meno storie Paolè!

Attaccati a quella sedia e lascia che sia.

 

Non sarà stato perfetto, ma di lì a poco c’era un copione sopra il mio desktop.

Quanto copione non saprei dire, l’impostazione e il font di qualcuno dovevano avermi ispirato.

 

 

divisorio

 

 

Credevo di essermela cavata, finanche a buon mercato, e già pregustavo un pomeriggio di “ferie” quando uno squillo mi fece sobbalzare.

Cominciai a temere di dover variare i miei progetti per la sera e ne ebbi la certezza quando dall’altro capo una voce femminile – partita bene – prese a strascicare.

 

– Nulla da eccepire.

Peròòòòò…

 

 

Cominciai a sudare freddo con 40 gradi.

 

– Sentiamo. Cosa c’è che non va?

Volevo almeno una ragione plausibile prima di spararmi in bocca.

 

 

– È che…

 

 

“Non indorare la pillola, spara!”Animal

 

Non lo dissi e neanche lo pensai.

Probabilmente in quel momento la mia espressione doveva essere sufficientemente ferina da rischiare di trapelare con la voce.

Come si conviene in questi casi, dissimulai abilmente.

 

– Ti ascolto.

 

 

– Il PM, anzi “la” PM, vorrei farla io.

 

 

– Ah!

 

Avrei dovuto dire ahia! Si dà il caso infatti che la donzella aspirasse ad un ruolo non esattamente comprimario.

 

– Sai com’è… L’infermiera è… carina, ma in fondo ha poche battute. Ogni attrice anela a stare in scena il più a lungo possibile.

 

 

Fu allora che compresi a fondo la necessità elisabettiana di non avere donne sulle sacre tavole, ammirandone e giustificandone il rigore.

 

 

– Va bene.

La vuoi donna? E sia.

Però ti avverto. Da uomo il PM era antipatico. Da donna diventa certamente assai più str…

 

E mi fermai, per vagliarne la reazione.

 

 

– Certamente!

 

 

– Quindi no problem se vien fuori… becera?

 

 

– Fai come vuoi. Anzi, scatenati!

 

 

PaolettaIn quel momento mi invitava a nozze. Dovevo smaltire preventivamente la rabbia per questa ennesima rottura di marones.

 

Abbassata la cornetta mi avviai come un gendarme verso il computer onde arrestare il PM, condurlo nelle stanze segrete e operarlo d’urgenza, ricavando da quel corpo poco aggraziato un fisico bestiale e un atteggiarsi a dir poco irritante. Ne derivò una discreta mezz’ora di cesello, dopo bisturi, inserti e suture.

 

Uno spettro si parava dinanzi: non già lo zombi del Pubblico Ministero, ormai morto e sepolto, quanto il timore di dover ricorrere alla chirurgia ad ogni capriccio degli attori.

 

Ora sì che mi maledivo per averne messi in scena così tanti.

 

Il PM in gonnella stava per fare la sua apparizione, e una volta tanto sarebbe stata lei a passare al vaglio degli “inquirenti”. Per lei, come per me d’altronde, gli esami eran lungi dall’essere finiti.

 

(continua)

 

Estratto parzialmente da:

Gamy Moore, Una seconda possibilità

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