Ore 2 meno un quarto del 17 agosto. Ancora in bagno a sistemarmi per la notte.
Se una è lenta, mica di colpo diventa una Ferrari, neanche in occasioni speciali. E voi sapete di che razza di bradipo si parli, quando di mezzo c’è un nome: Gamy Moore.
“Dormirò, non dormirò?” è la domanda che per un momento mi pongo quando – finalmente – la testa è sul cuscino, prima che la stanchezza abbia il sopravvento. Qualcuno che mi è accanto già ronfa della grossa. Te credo! Lui, stanco morto. Me, adrenalina a mille. E tanti, tanti chilometri in poche ore. È stata una giornata partita alle 7 del giorno prima, rocambolesco-supersonica, nonostante la mia vecchia Matiz riesca a malapena a superare i 130. Volendo fare una pazzia si potrebbe lanciarla anche a… Ma va, me lo dico da me, non oso immaginare di andare oltre… arrancherebbe, col volante de fori, non avendo la lingua, come accadrebbe a me se dovessi correre di botto i cento metri… A prescindere dal “perché mai rischiare una multa e anche di peggio?” Comunque tranquilli. Non guidavo io e, se pure, non bevo, a onor del vero. Tanto sragiono lo stesso.
Ma restiamo sulla retta via, e raccontiamo quel che è successo davvero, al di là di ogni digressione e fantasia.
Intanto da brava “cittadina”, inauguro i preparativi toppando incautamente la mise. Ti aspetta una cerimonia in una splendida pineta a Tarquinia Lido e tu non prendi in considerazione di usare scarpe chiuse? Ti vuoi male! Lo ammetto, dovevo immaginarlo. Come potevano i miei sandaletti senza tacco, praticamente raso terra, preservare dal terreno e dagli aghi di pino i miei poveri piedini di gatta cenerentola?
Risultato a tarda sera: le mie esili estremità avevano preso colore magicamente senza sole; ma son soddisfazioni se una è una provoletta del mio calibro. Prossima volta mi attrezzo per rotolare a terra e abbronzare anche il resto del corpicino. Un rapporto diretto con la Natura è quello che ci vuole per chi come me è costretto a convivere con polveri e cemento di Roma capitale. Vivi Roma e poi muori, e che possiamo fare… Almeno muori felice! Ops, sì, era Napoli… È noto che le frittate le giro come mi conviene.
16 agosto e 35 gradi son sopportabili se sei all’ombra, e la pineta AVAD (quella dell’Associazione Volontari Assistenza Disabili) non scherza mica, mantenendo in toto ciò che promette. Chioschi-gazebo-sedie-tavolate-parcogiochi. C’è di tutto di più, compresi i profumini di piatti gustosi adatti a coronare la serata. Piante di peperoncino ravvivano di rosso e verde gli angoli marcati dalle sedie.
Mi viene voglia di tornare ragazzina, agganciarmi a un’altalena, librandomi per aria, alla faccia degli anta… Da quanto non lo faccio? penso. Troppo. Ma la premiazione incombe, è tutto pronto, alla consolle della regia si alternano varie figurine, s’intravedono su uno schermo immagini che giungono dalla lontana Argentina, dove un nostro connazionale ormai vive da anni e segue attivamente il Premio. Ci chiedono di accomodarci, la Giuria è schierata. S’alza il sipario sulla cerimonia finale di un Premio letterario-giornalistico internazionale, che gemella Italia e Argentina in un abbraccio che riempie di allegria, specie in questi anni colmi di notizie che bombardano il cuore di patemi o, peggio ancora, si accavallano e perdono fra generale indifferenza.
Qui si plaude alla Vita, alla Cultura, alla Gioia e a tutto quello che ne può venire.
Folta e peperina, s’anima subito la delegazione di poeti e scrittori arrivati d’oltreoceano; fischiano e battono le mani ogni volta che uno di loro sale sul palco (metaforico) a ricevere l’encomio e il premio, tra scatti e flash di cellulari. Tifo da stadio grazie anche all’ausilio della traduttrice, che con pazienza ascolta e ripropone le motivazioni dei riconoscimenti e tanto altro.
Aprono le danze, per così dire, le segnalazioni speciali, mentre il clima si riscalda, per non smentire il meteo. Ordinatamente ciascuno si avvicina al parterre de rois per immortalare quel piccolo – ma per noi davvero grande – momento di gloria.
Un colpo al cuore e un nodo in gola mi assalgono quando mi rendo conto che si è arrivati già alla mia Sezione (Giornalismo), siamo ormai oltre il bronzo e sfila l’argento… No, non ci posso credere! Dev’esserci un errore…
È un momento, quello, un momento che non si può descrivere. Mai sia misurarsi la pressione allora…
Presa vaga coscienza di uno “stravolgimento” in corso, colgo comunque dei segnali – qualche parola che il bravissimo presentatore/organizzatore Giulio Carra sta leggendo – che mi spingono ad alzarmi in piedi e avviarmi verso la ribalta. Praticamente in trance non riesco quasi a fermare i lucciconi che all’improvviso accendono i miei occhi, al punto che temo io stessa di smentire la mia fama di eterna burlona e impenitente. Gamy Moore non ha parole per ringraziare compiutamente la Giuria, davanti alla quale accenna ad un leggero inchino, ma poi Paoletta ha il sopravvento e a una simpaticissima Anna Moroni che le consegna la targa-premio regala una delle sue poesiole in rima, accomiatandosi subito dalla platea con una battuta in puro stile Gamy Moore: «Questo premio è la dimostrazione che non tutte le Corna vengono per nuocere».
Fioccano gli applausi e le risate e in un istante si scioglie l’ansia dell’attesa, quella sorta di sospensione che accompagna i finalisti dal giorno del comunicato stampa alla serata della premiazione – in cui sei conscio che ormai tutto è successo, e non conviene illudersi di aver raggiunto chissà quale traguardo per non restarci male. Eppure a volte, pur pensando in piccolo, si supera ogni più rosea aspettativa.
Perché tutto potevo immaginare, tranne che le CORNA partorite anni or sono senza l’ausilio di moderne diavolerie – visto che sono antica per l’odierna gioventù – avrebbero ottenuto ascolto e credito da una Giuria di Esperti, finendo in un volume destinato a spuntare – ci auguriamo – sulle tavole di tutti, accanto a una pietanza col peperoncino, per scatenare ancora sorrisi e ilarità.
Lascerò dunque alle pregiate pagine di questa Antologia il compito di presentare ed elencare il comitato di Esperti ed Enti che ha realizzato la seconda edizione di un Premio che, siamo sicuri, si prepara a raddoppiare i numeri confermando gradimento e partecipazione per l’anno che verrà.
A me non resta che augurare a tutti di vivere, almeno una volta nella vita, quell’incredibile sensazione di bruciante benessere che sua Maestà il Peperoncino ha saputo regalare a noi dell’ArgenPic.
Bibliotheka Edizioni
ISBN 9788869343513
Euro 12,00
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