È proprio il caso di dirlo.
Sembrerebbe un banale incontro di labbra, ma non lo è. Non per Irina.
Lei non può abbandonarsi ai piaceri della carne come qualunque altra donna, perché un simile contatto può comportare la sua trasformazione in un felino aggressivo.
Non un semplice gatto, ma una pantera nera, vera regina dei felini, uno degli esseri al contempo più odiati e più temuti, quasi che fosse l’incarnazione del maligno.
Irina Dubrovna, serba trapiantata in America, è ossessionata dalla leggenda che attanaglia la popolazione del villaggio di appartenenza, e cioè che in talune circostanze (impeti di rabbia, gelosia) alcune donne possano divenire a tutti gli effetti delle pantere, seminando panico e morte.
Da qui la sua quieta solitudine, fatta di lavoro e di occasionali visite allo zoo, per buttare giù qualche schizzo, attratta dall’eleganza di queste creature (è disegnatrice di moda).
Fino all’incontro con Oliver, un americano dalle idee chiare e distinte.
Tutte sciocchezze, le ripete ostinatamente Oliver, che pure al corrente di queste fantasticherie o ossessioni della mente di Irina, decide di sposarla, attratto da lei fin dal loro primo incontro.
Non andrà come lui avrebbe sperato, quel matrimonio non si può consumare, Irina dimostra di essere in balia di queste convinzioni al punto che neanche uno psichiatra riesce ad aiutarla.
Finché è proprio l’ostinato terapeuta a farne le spese, sfidando la sorte e la leggenda in un gioco al gatto e al topo che si rivela una trappola mortale.
In realtà sono entrambi a pagarne le conseguenze.
Lo psichiatra finisce sbranato, la giovane donna dalle movenze feline e lo sguardo magnetico ferita da un’arma da taglio, e poi colpita a morte dalla vera pantera che lei ha solo alla fine liberato dalla gabbia dello zoo.
Poteva andare molto peggio, a farne le spese potevano essere anche il marito di Irina e la giovane collega di lavoro (Alice) che di ques’ultimo è da tempo invaghita. Se la cavano per un pelo, fra orrore e sgomento.
Meno fortunate le altre prede di Irina – un canarino e alcune pecore – vittime sacrificali del suo istinto ferino.
Una sola sequenza mostra l’accenno alla trasformazione fisica della protagonista.
È l’unico momento in cui si ha la netta percezione che quello scorrere felino, sinuoso e nel contempo spaventoso – negli altri casi evocato da un sapiente gioco di luci ed ombre, mescolato ad effetti sonori – non provenga dall’immaginazione o dall’esterno bensì dal reale mutamento del corpo di Irina.
A tratti, infatti, si è indotti a pensare che la pantera da cui ella appare affascinata nelle sue visite allo zoo, abbia trovato un varco rispondendo ai comandi di una forza misteriosa.
Se si prescinde da una certa dose di luoghi comuni (il Male che alla fine è sconfitto dal Bene, e quindi la ricomposizione, il ritorno alla normalità), o di equazioni (la donna-gatto di cui è meglio non fidarsi) sono diversi i momenti di tensione e di mistero che avvolgono e coinvolgono il personaggio femminile e lo stesso spettatore (l’inseguimento, la piscina, l’aggressione in ufficio).
Decisamente un cult per gli amanti del genere horror-fantastico, antesignano della tecnica del ‘bus’ in seguito ripresa da registi come Dario Argento, questo B-movie è di livello superiore a molti film considerati a torto di primo livello, e garantisce quel tanto di partecipazione emotiva necessaria alla riuscita di un buon film di genere.
NB
Alice Moore avverte a distanza il pericolo che incombe, e non si sbaglia: Irina la sta inseguendo, decisa ad avventarsi su di lei.
L’andatura si fa più veloce, incalzante. Il panico assale Alice, sola, nel buio, seguita da qualcuno, una donna o qualcosa di più? I passi echeggiano sempre più minacciosi… la tensione la sta dilaniando.
Di colpo uno stridio di freni: somiglia tanto al ruggito di una belva, ma per fortuna è solo l’autobus che si arresta davanti ad Alice; lei sale su dopo un momento di incertezza, bianca in volto come se avesse visto un fantasma… il pericolo per quella volta andrà a sfogarsi altrove…
Ogni volta che la tensione sale al culmine per poi sgonfiarsi siamo di fronte a quella che si chiama, in gergo, tecnica del bus.
Cattivi pensieri
Vorrei tanto perdermi dentro di te, ma è l’unica cosa che non devo fare…
Desiderare ‘qualcosa’ d’altri…
Lasciare libero il Male…
Sarebbe stupido e fallace affermare di non avere mai avuto pensieri come questi, o pensieri in qualche modo definibili come cattivi, lesivi dell’altrui felicità.
L’essere umano è per sua conformazione duale, e molto spesso contraddittorio, oltre che ipocrita.
L’ipocrisia nasce a volte dal perbenismo di cui non si riesce a fare a meno nelle nostre cosiddette società civili e benpensanti.
Ma a me piace sfatare i Miti, mostrare il lato B, che non è sempre di minor valore rispetto alla Facciata.
Prendiamo come esempio questa pellicola, opera realizzata con mezzi assai ridotti e semplice nel contenuto e nella trama. Il classico triangolo, che manda in pezzi un equilibrio che parte già precario.
Irina non ha mai fatto mistero delle difficoltà che avrebbe comportato nel suo ménage con Oliver sentirsi ‘una pantera nel motore’.
Difficile controllare gli impeti di rabbia, men che meno i morsi della gelosia.
Alice ama in silenzio Oliver, suo collega di lavoro, ma al momento opportuno si fa da parte, quando si accorge cioè che lui è attratto da una donna affascinante e misteriosa, che intende rendere sua moglie.
Solo dopo averne compreso l’infelicità, per sua stessa ammissione, si dichiara a lui e in qualche modo si insinua fra di loro, divenendo padrona del suo cuore.
A Irina resta lo scacco, la consapevolezza e l’amarezza di aver fallito, di non essere all’altezza, non per sua colpa, ma per un Destino che la sovrasta suo malgrado, impedendole i piaceri della carne (o i doveri di una moglie, per così dire). Lei però non si accontenta di sciogliere civilmente suo marito da quel legame, anela la vendetta per dar sfogo alla propria frustrazione di donna rifiutata.
Lascia libera di agire la pantera che vive in lei, il concentrato ferino e oscuro della sua mente, che la rende indomabile e distruttiva attraverso il corpo.
Fino alla fine che sappiamo, quella che pur sconfortando riconcilia, mettendo a tacere lo sgomento.
Per poco, cari signori, dove si agita vita c’è sempre speranza d’imbattersi nel Maligno, e siccome voi non amate le recensioni-compitino, beccatevi questo stravolgimento di programma, e sorbitevi l’irrompere-evocazione della mia cattiveria in queste note.
Incanto luciferino
<<In principio fu l’incipit. Dopo un mese era il caos.
A Sua Eccellenza, Grazia Eminentissima, erano proprio saltati i cosi lì: intendiamoci, io sono nato per fare il guastafeste e mi diverto tanto, tantissimo, a mandare all’aria i piani di tutti, specie dei ranghi più elevati. Così me ne sto bel bello sotto quest’albero a gustare un fico maturo, seminando a destra e a manca viscidi pezzetti di polpa rosata.
Voi fate quel che vi pare, prendetevi pure ogni libertà, anche di dissentire, giacché io, che ci siate o no, continuo a progettare i vostri tormenti.
Cosa credete, che non abbia anch’io il mio bel daffare? Sono pieno fin qua…
È vero che trovo pur sempre il tempo per i miei diletti: la stesura dei delicati Epigrammi sulla diarrea, o di quell’Infernale Commedia che solo un tipo come me poteva concepire… Come dite, qualcuno lo ha fatto prima di me? E allora? Lo fulmino, perdio! Mica lo fa solo l’Altissimo!
Fermatevi una volta a pensare… Un’idea è frullata in testa a quel tipo. Una sola. Il resto è venuto da sé, o meglio, l’avete fatto voi. Sì, signori, proprio voi. E che schifezza avete fatto!
Io che ci posso fare? Mi devo accontentare di leggere e spiare le vostre marachelle, le vostre sordide storielle… Che diamine! Nulla vi ho insegnato? Coraggio, guardatevi bene, timide marchette, e poi guardate me, il Solo Inimitabile, l’Altissimo, Illustrissimo… Che dico, l’unico Beato!
Dio che fatica mi tocca fare, prendermi la briga di pensare per voi! Meritate proprio di crepare!
Vabbe’, ora non fate così, sennò mi cadete in depressione… Voglio essere indulgente, ancora per stasera. Non abbiate timore, non vi lascio soli. Vi sarò sempre vicino, umile e fidato servitore.
Perché mai, vi chiedete? Forse un giorno potreste rendermi il favore… Finora ho sempre fatto i conti senza l’oste. Ma anche l’oste spesso si ubriaca… Mi ci vedete voi a fare a botte?>>.
Ho solo dato libero sfogo al Male che c’è in me…
Dite la verità. Non era meglio la recensione tutta ‘assiduata’?
NB
Assiduato: termine in uso nel dialetto barese, traducibile nel contesto in ‘con tutti i crismi’, ‘ad hoc’ o ‘messa per benino’.
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Il bacio della pantera (Cat People), Usa, 1942, regia di Jacques Tourneur
Incanto luciferino (1999), in Biribin Biriban
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