di Flavia Chiarolanza
Nell’approcciare le opere di Paola Cimmino, dalla mia posizione privilegiata di lettrice abituale, provo sempre un senso di positivo smarrimento.
Alcune persone, e Paola tra queste, godono di un talento speciale, ispirato dalle stesse Muse. Un ingegno multiforme, per dirla come il poeta, perché fa sì che la vena creativa non si arresti a un unico livello, ma scali l’intera vetta fino al traguardo della completezza. Allora non resta che bearsene.
Tempo fa le pagine di questa rivista ospitavano il mio tributo al debutto teatrale della Cimmino, che sperimentava con successo le vesti per lei insolite di drammaturga. Oggi la ritroviamo in un ruolo che le appartiene per nascita ma non in termini di congenialità, giacché la Nostra è in grado di abbracciare con slancio qualsiasi genere, senza mai tradire la sua più intima essenza di scrittrice.
Non importa quale sia l’ambito – realistico o soprannaturale, leggero o drammatico – in cui vengono calati i protagonisti delle vicende gamyriose (tralasciavo di ricordare che a Paola dobbiamo anche il conio di termini originali). Quale che sia la dimensione narrativa prescelta, noi lettori saremo sempre deliziati dalla sua penna sferzante, ironica e arguta, tanto cara a me e a chiunque la segua con devozione. Se ne contano numerosi, tra fedelissimi e adepti, considerando che Paola vanta una produzione letteraria di notevole mole e spessore.
Come ho già detto, godo di una posizione privilegiata e questo mi ha permesso di leggere l’ultimo romanzo della Cimmino fin dal primo vagito sulla carta.
L’amore è uno zerowatt (forse…) segna l’ingresso dell’autrice nello sterminato universo del genere fantasy, che tracima di titoli adocchiabili dagli scaffali di qualsiasi libreria, ed è tradizionalmente destinato a un pubblico variopinto, soprattutto giovane, in cerca di storie dalle tinte forti. I più amati sono i personaggi con l’anima divisa a metà tra il rosso del sangue e il bianco della redenzione, alla quale intimamente ambiscono.
Paola accoglie la sfida ma non accetta i cliché, perché la sua penna si spezzerebbe in due al primo accenno di stereotipo. E quando si affaccia la blandizia di un genere nuovo, per giunta così amato e già ampiamente esplorato, la Nostra cosa fa? Rinuncia? Certo che no. Rompe gli schemi con artigli da leonessa e, dinanzi a una platea di potenziali fuggitivi – attratti dal genere e poi improvvisamente spiazzati – li riacciuffa uno a uno grazie alla verve attrattiva della sua prosa.
La forza del racconto è nell’innovazione, che investe sia la trama sia le modalità del linguaggio narrativo. Il marchio dell’originalità deve essergli impresso a fuoco, a dispetto dell’uso fin troppo abituale che viene fatto ormai di questa parola.
La narrazione sorprende fino all’ultima pagina e varia di continuo il suo timbro. Con maestria ed eleganza, l’autrice si pone alla guida di un’orchestra sinfonica, non di una voce solista. E dà vita a una schiera di personaggi meravigliosi, senza uguali nella letteratura di genere (per quanto ne sappia e ricordi io stessa).
L’ironia si affaccia sorniona, anche quando il racconto sembra votato a una deriva drammatica, e asciuga in tempo le lacrime dei più romantici. Invito a cogliere e ad apprezzare queste virate di stile, che contribuiscono all’unicità del romanzo in un panorama ahimè inflazionato.
Non indugerò sulla trama, se non per fornire piccoli assaggi e invogliare all’acquisto del libro, che i lettori più impazienti potranno gustare anche nell’arco di un pomeriggio. E lo dico non già in riferimento al numero delle pagine, ma per aver sperimentato io stessa il piacere di una lettura che scorre come seta.
Protagonista, il Principe Darkhàn. Il suono minaccioso del nome, dalla radice etimologica ispirata al colore dell’anima, sembra attutito grazie all’accento che cade dolcemente sull’ultima vocale.
Egli è a capo di una schiera di angeli ibridi, reietti al punto da non meritare nemmeno una lettera maiuscola. “Poco più che umani”, come scrive l’autrice, dall’aspetto giovanile e gradevole, ma con le ali intinte nella terra e nel fango. Pur vantando un rango superiore a quello umano, non trovano cittadinanza né tra gli Angeli del Signore (meritevoli della maiuscola) né tra gli scudieri di Lucifero, invisi all’uno e all’altro. Abitanti di un luogo chiamato Hybrid, vivono nella lussuria e nella promiscuità, senza disdegnare rapporti omosessuali né le goliardate tipiche dei giovani terrestri.
Nel loro peculiare stile di vita, così lontano dalla dimensione pura e ovattata dei colleghi con la maiuscola, si illudono di coltivare il vizio quanto basta per avvicinarsi a Lucifero, che li respinge a sua volta perché incapaci di votarsi al male autentico. Essi infatti non disdegnano sentimenti positivi quali lealtà, amicizia, amore. Succubi del loro lato oscuro, lo rinnegano tuttavia arrivando a provare finanche rimorso, prevedibile deriva di rimuginamenti simili a quelli umani.
Nella “Terra di mezzo” (ove sono relegati) esiste una rigida gerarchia, che vede al suo vertice il Principe Darkhàn. Un tale, accorato bisogno di leadership rappresenta l’ennesima devianza verso una visione della vita più blasfema che divina.
Le donne, al pari di quelle umane, ispirano vendette e suscitano gelosie. Dinanzi al loro potere persuasivo, vacilla anche la più virile delle amicizie. Come insegnano le nostre tradizioni epiche, nessun regno è abbastanza solido da non sbriciolarsi sotto il peso della competizione maschile per le femmine del gruppo.
Scopriamo così che l’antagonista di Darkhàn è un angelo bellissimo e fragile, amato dalla donna che il Principe vorrebbe per sé. Anche nella Terra di mezzo nessun frutto è più appetibile di quello che non viene colto (e mi perdoni l’ennesimo poeta che vado a citare, o meglio a parafrasare). Entrano in gioco più che mai quei sentimenti umani, di ripicca e di contesa, quelle volgari schermaglie, che un Angelo dovrebbe rinnegare.
Nonostante simili premesse, la narrazione riesce ad essere sorprendentemente comica.
L’intreccio si mostra accattivante fin dalle prime battute e ha risvolti inattesi, grazie al susseguirsi di colpi di scena che permettono al lettore di barcamenarsi tra commozione, divertimento e tensione. Una tensione che continua a vibrare fin sulla soglia dell’incredibile epilogo.
Ogni personaggio ha il suo spazio, il suo spessore, la sua fisicità. Il tratteggio della Cimmino non ne abbandona nessuno, come spesso succede agli autori meno esperti, presi nel vortice di una trama complessa.
La bellezza dei luoghi si affaccia nella fantasia del lettore, grazie alle sapienti immagini di Giovanni Merenda e alla loro capacità evocativa.
Lo stile forse disorienta, soprattutto chi intraprende la lettura convinto di approcciare un fantasy ordinario, ma alla fine funziona: l’interesse si rinnova, mai disperdendosi, proprio nel passaggio da un tipo di narrazione all’altro.
Il racconto brilla per originalità e questo può ammetterlo chiunque sia scevro da pregiudizi, legati alle aspettative su un genere letterario di grande diffusione. Personalmente, mi ricorda le dimensioni sognanti, surreali e commoventi di Marquez. E mi ricorda altresì lo stile di alcuni tra i nostri registi più visionari, che saprebbero come trarne una meravigliosa pellicola.
Un piccolo gioiello, insomma. Un prodotto curato anche nell’estetica, a partire dalla splendida immagine di copertina che reca la firma di Raphaella Spence.
Leggerlo significa cogliere un’occasione di crescita e, perché no, anche di sano divertimento.
Ci voleva Paola Cimmino per gettare scompiglio negli scaffali dedicati al fantasy, e proporre così nuove declinazioni di questo genere sempreverde.
Ciao e auguri a tutti di lunghe, simpaticissime file alla cassa (delle librerie – prossimamente – e dei cinema, si spera in futuro)!
Paola Cimmino, L’amore è uno zerowatt (forse…), NeP edizioni, 2017
[cartaceo e ebook]
(attualmente disponibile in 3 settimane su ibs)
https://www.ibs.it/amore-zerowatt-forse-libro-paola-cimmino/e/9788885494091
A breve su Amazon e le altre piattaforme, e in libreria
Presente e acquistabile nello stand della NeP alla fiera Più Libri Più Liberi (Roma, 6-10 dicembre 2017)
http://www.plpl.it/
- Il bancario - 8 Luglio 2024
- La “cura” di Teo - 24 Giugno 2024
- Noemi - 17 Giugno 2024
Quando ti arriva una recensione così, o svieni o non ti capaciti.
Io, tutt’e due.
Grazie infinite!
(Darkhan)