Scegli, se puoi, la vita che vuoi

C’è chi riesce a schivarli, chi ne resta intrappolato. A volte il pozzo più oscuro e profondo è se stessi.

(G.M.)


 

Sarebbe bello rimpinzarsi a tutte le ore di lasagne, mortadella, o squisiti cannoli siciliani senza portare i livelli di colesterolo oltre le stelle… sarebbe bello, senza studiare, prendere una laurea e non solo ad honorem… sarebbe bello avere un figlio senza sopportarne il peso dentro e fuori dalla pancia, senza la benché minima smagliatura anche esistenziale.

Purtroppo non funziona così, e stranamente è un bene.

Uno sgarro alimentare e ti ritrovi con due chili di troppo proprio là dove il sole dovrebbe battere, e più cerchi di cancellarlo più ti ricompare, bloccando i tuoi sogni di rivaleggiare con l’ultima star del red carpet, quella che si infila in una camera iperbarica per ossigenarsi il sangue e il cervello ed ottenerne dieci anni di meno, alla faccia tua.

Bella fregatura, la vita.
A chi tutto, a chi niente.

Avrei pure scelto di stare al passo con i tempi, accettando quest’epoca per quello che è, rispettando alcune tappe quasi obbligate, andare a scuola, garantirmi un’istruzione, trovare un’occupazione principale ed un compagno con cui dividere la buona e la cattiva sorte, tirare su degli splendidi micioni che mi allietano l’esistenza con le loro carambole da atleti provetti, cosa a me preclusa per intrinseca pigrizia… insomma forse ho davvero acquisito lo status di bravo cittadino, con la mia bella coscienza civile e il rispetto per gli altri e per l’ambiente, con tanto di tesserina WWF, auto che non inquina (e che uso poco), viva il trasporto pubblico su ruote o su rotaie. Perché ci tengo alla salute, io che da sempre l’ho avuta alquanto cagionevole.

Ma come dicono i buffoni di corte, ‘chiedetemi se sono felice’.
Ebbene sì, nonostante tutto, cioè nonostante tutto quello che non va.
Nulla, o molto poco mi è stato regalato, mentre ho sudato assai per vivere.

 

Sono ancora stranamente felice di fronte allo spettacolo di un fiore, allo sguardo magico e acquiescente di un cucciolo che dorme all’ombra o al sole.

Mi indigno di fronte al mare, che non amo, ma che vorrei preservare dallo scempio degli umani.

L’oceano messo in scacco dal profitto, l’unico valore negativo da sempre dilagante.

Un buco nero-petrolio che può inghiottire tutto, e allora sì, buonanotte a banda e suonatori.

Verrebbe voglia di mettere qualcuno al muro. Ma la democrazia e la civiltà impediscono di farlo, nonostante quel qualcuno si comporti in modo disumano.

 

Scegliere la vita.

L’hanno forse chiesto i carnefici a chi veniva rastrellato, ai terremotati di tutto il mondo, a chi perde il lavoro e non ha nessun nuovo biglietto per ripartire?

 

Facile parlare per chi non ha subito simili sfortune.

La vita non è sempre e solo ideale borghese, mutuo, casa e famiglia, auto e ferie, polizza vita, sesso e comfort, e poi figli, salute e malattia, o ben altri guai “in attesa del giorno in cui morirai” come dice Mark Renton.

Se così fosse, se tutto si riducesse a questo, la vita varrebbe forse poco.
E avrebbe forse senso buttarla.

 

C’è chi ha un motivo per cominciare a ‘farsi’, chi nessun motivo se non curiosità o emulazione; altri arrivano per stupidità o ingenuità a desiderare un’insolita ebbrezza, ignorandone il rischio.

Deve dare un piacere inenarrabile spararsi una pera nella vena, su questo non c’è alcun dubbio, anche se non si ha sempre il coraggio di ammetterlo.

Trainspotting è il racconto, ed il film, di una vita vissuta all’insegna della scelta, che può essere giusta o sbagliata, ma è comunque una scelta, perlomeno in partenza.

Certo, quando i meandri della droga ti hanno inghiottito risulta assai più difficile opporsi alla dipendenza, perché è l’astinenza a dettar legge e a spingerti sempre più in fondo nel pozzo.

Mark riesce a giostrarsi, ad entrare ed uscire dalla droga in un modo che per altri risulta impossibile perché già assai prima letale.

Il film ce lo mostra l’abisso, sia quello di una vita vissuta secondo gli schemi che quella che questi schemi porta al collasso.

Non è un incitamento a farsi, semmai il contrario, ma soprattutto a riflettere sulle alternative, sul potere delle scelte, in ultimo sulla capacità e possibilità che ciascuno ha di indirizzare se stesso, rischi della vita a parte.

E le alternative, guarda caso, non sono solo due.

Perché la vita è anche sogno, ed a ciascuno il suo.

 

Tratto dall’omonimo romanzo di Irvine Welsh e ambientato a Edinburgo e Londra, il film ripercorre la parabola di un gruppo di amici che finiscono, tranne uno, nel tunnel della droga, e in tentativi più o meno validi di smettere.

Nonostante la crudezza di alcune immagini, il film andrebbe visto da tutti e proposto in particolare agli adolescenti per scopi di prevenzione di massa.

 

PS

Vedere il film nel ‘96 fu per me uno choc (e a occhi chiusi ne vidi molto poco, in fondo).

Rivederlo è sempre una tortura.

Non è colpa della storia, o delle immagini, bensì degli aghi.

Per me già l’analisi del sangue è un trauma. Cerco in ogni modo, e non si può, di tenermene alla larga.

 

Per contrappasso, ho preso parte a una produzione filmica sulla carriera criminale di 3 bulli di periferia, che vivono in prima persona l’esperienza dell’eroina, e tranne uno, si perdono.

 

 

httpv://www.youtube.com/watch?v=MlRhgSrhQGQ&feature=related


httpv://www.youtube.com/watch?v=D4UWKynzPJg&feature=related


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Trainspotting, Gran Bretagna, 1996, regia di Danny Boyle

Gamy Moore
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