A volte capita leggendo che ci scappi da ridere, e che questo accada davanti al consorte che non capendo – o con la coda di paglia – attribuisca il tutto alla demenza senile. Vostra.
Capita anche di questionare col suddetto consorte sui “tagli” alla lista della spesa, ovvero le sue famigerate “dimenticanze”, quelle sì realmente dovute alla “di lui” demenza senile.
Consoliamoci, tutto il mondo è paese, avviene ad ogni latitudine, nelle nostre amate isole e nel Continente. Coppie felicemente scoppiate ma sempre saldamente in sella, almeno fino a che uno dei due sieda a cavallo, e l’altro si limiti a seguire a piedi. E noi sappiamo chi, per cavalleria, non debba sforzarsi più di tanto.
Succede anche in casa di Carlo Lucarelli, maresciallo bergamasco trapiantato a Palermo, saltato fuori dalla penna di Santino De Luca, noto agli amici di Facebook come “il Tinos” di LetterMagazine.
Con Carlo vi sentirete a casa, fra indagini, fantozziane traversie, diatribe familiari e coi vicini.
Se poi vi capita di avere pure un figlio che non ve ne fa passare liscia una, beh, allora questa lettura certamente vi si addice.
Ecco apparire all’orizzonte l’Autore, armato di tutto punto, al quale senza indugio spariamo a raffica queste domande scellerate:
Fughiamo subito un dubbio: vi siete messi d’accordo e scambiati nomi e ruoli, con Carlo Lucarelli, lo scrittore? Vuoi fare concorrenza al suo Commissario di Polizia De Luca, o è un depistaggio il tuo, volto alla nomina ad honorem nell’Arma dei Carabinieri?
Tutto cominciò mentre, partecipando a un forum di sceneggiatori, cominciavo a delineare i tratti caratteristici di un investigatore dei Carabinieri del quale presi a scrivere alcuni brevi racconti. Uno dei nostri intenti era quello di contattare registi e produttori ai quali fare leggere le nostre sceneggiature e, durante le ricerche in rete, ci imbattevamo spesso in siti che rimandavano allo scrittore Lucarelli, che è peraltro l’ideatore del commissario De Luca. Questa coincidenza fece scattare in me la molla della sfida: Carlo Lucarelli, grande scrittore, sceneggiatore, regista e conduttore televisivo aveva dato vita al personaggio del commissario De Luca senza che io lo avessi mai autorizzato. Adesso le storie del mio carabiniere dovevano diventare un romanzo il cui protagonista avesse il nome del grande scrittore. Decisi però di inquadrare il mio Carlo Lucarelli nel rango di maresciallo, che equivale a quello di ispettore nella corrispondente equiparazione dei gradi in Polizia. Male che vada, mi dissi, lo scrittore De Luca rimarrà uno sconosciuto, ma il maresciallo Carlo Lucarelli resterà di un grado gerarchico inferiore a quello del noto commissario De Luca.
Corollario d’anagrafe
È una felice invenzione letteraria quella dei nomi e cognomi che si specchiano (Franco Lo Franco, Nico Nicosia, ecc.) o una diabolica tradizione siciliana che giustifica il ricorso al nome di battaglia?
Accoppiate strane di nomi e cognomi come Franco Franchi o Paperon de’ Paperoni hanno sempre colpito la mia fantasia fin da ragazzino. Un giorno, colto da un brivido, ho pensato di aver corso il rischio di essere chiamato Luca De Luca. Tutto ciò non ha a che fare con una specifica tradizione siciliana, ma piuttosto con l’eccesso di creatività di alcuni genitori che, così facendo, rischiano di creare seri imbarazzi ai figli durante il periodo scolastico. Da una ricerca del Sole 24 Ore è saltato fuori che risultano registrate all’anagrafe persone che si chiamano Santa Pazienza, Nella Nebbia, Silvestro Gatto. Poi ci sono persone che hanno doppi, tripli o addirittura quadrupli cognomi: era il caso di un mio compagno di classe che si chiamava D’Urso Sulpasso Tabona Merzario Michele. E quando il professore leggeva il registro per l’appello, noi compagni pensavamo a una gara di Formula 1. Ma le risate migliori arrivavano quando un nuovo supplente, giunto a quel nome, si fermava perplesso chiedendo: “Quanti siete di preciso?”. E noi a pensare a film tipo L’Esorcista: “Dimmi il tuo nome!”. Alle superiori invece ho studiato stenografia su un libro di testo scritto dalla nota professoressa Maria Mezzatesta Mangia. Qui chiunque può notare che siamo proprio nei territori del Conte Ugolino e dintorni.
Tutte queste fantasie hanno trovato spazio nel romanzo. Perché quando scrivi ti si può aprire una finestra su ricordi che neanche pensavi di avere.
Si comincia con la celebrazione della città di Palermo, della cui bellezza nessuno dubita, e di colpo la narrazione ci scaglia al centro delle contraddizioni di questa “capitale”, o dinanzi ad aspetti intollerabili per noi umani… Aspetti fantozziani che danno immediatamente il polso della verve tragicomica, ironica e a tratti malinconica che ti contraddistingue.
È stata una scelta consapevole, quasi a voler avvisare/spiazzare fin dal principio il viaggiatore-lettore, o è effetto di una scrittura ‘di pancia’, talmente connaturata da venir fuori automaticamente?
Che io sia un malinconico non vi è dubbio. Il difficile è abbinare la malinconia alla comicità. Se vi sono riuscito lo diranno i lettori. Ciò che mi riproponevo era di evidenziare le contraddizioni di Palermo: una città capace di contenere affiancate bellezze artistiche e architettoniche al degrado ambientale, fasti di gattopardesca memoria alla miseria sociale, multiculturalismo alla diffidenza per il diverso. Al punto che per osservare Palermo la si deve guardare di sbieco, di traverso, facendo penetrare lo sguardo in mezzo, tra un palazzo liberty e un cassonetto lercio, tra una bellissima spiaggia tropicale (Mondello) e una selva di venditori ambulanti. E io, per parlarne imparzialmente, ho preferito guardarla con uno sguardo terzo: quello di un uomo che viene dal Settentrione, perché probabilmente il problema è nelle teste: a Palermo c’è sempre tanto entusiasmo per la bellezza ma non siamo capaci di riconoscerla e abbracciarla quando si presenta. Forse in questo memori del fatto che siamo un po’ gattopardi: vogliamo cambiare tutto per non cambiare veramente niente, nemmeno noi stessi.
Un’aria di sicilianità trapela dal tuo romanzo così come dalle “pagine televisive” di Montalbano. Cosa di questa sicilianità ti garba e cosa invece non sopporti, nella realtà e nella finzione?
La Sicilia di Camilleri è meravigliosa, romantica come lo può essere per il viaggiatore, per Goethe. È la Sicilia dei ricordi, di coloro che tornano per sentire nuovamente l’odore del mare, per respirare i ritmi di una vita semplice. Penso però anche a Vincenzo Consolo, che ha scritto bellissime pagine sulla Sicilia facendo trapelare il disagio di chi torna e trova le situazioni immutate, se non peggiorate, penso all’indolenza di una terra che ti costringe a lasciarla per averla amata troppo, come un amore tormentato e impossibile al quale sei sempre tentato di mettere fine. La Sicilia è Camilleri, Verga, ma anche alcune canzoni di Rosa Balistreri (“Terra ca nun senti, ca nun voi capiri, ca nun dici nenti vidennumi muriri!”). La Sicilia è quella di Tornatore dalla quale bisogna scappare via per tornare dopo un periodo di decantazione, è quella di Sciascia, di Pirandello, di Giuseppe Fava, ma anche de La Piovra, di eroi come Falcone, Borsellino, Boris Giuliano. La Sicilia non la si può prendere a spicchi. La si abbraccia per intero, nel bene e nel male, la si sposa come una causa, come una moglie, come ha fatto il maresciallo Lucarelli che adesso vive qui per sempre avendo sposato Simona, una palermitana contenta di esserlo.
E veniamo a un tasto dolente. Le barzellette sui Carabinieri.
Con tutto il dovuto rispetto per l’Arma, che mai e poi mai ci sogneremmo di offendere, e grazie anche alla quale possiamo dormire sonni tranquilli, quanto secondo te c’è di vero e quanto è legato al cliché, visto che anche alcuni tuoi personaggi non scherzano? Hai mai avuto a che fare ‘in persona personalmente’ con l’Arma al punto da ispirarti?
Nutro un profondo rispetto per le istituzioni in genere, soprattutto quelle che sono deputate al mantenimento dell’ordine e della sicurezza di noi cittadini. Figure come quella del generale Carlo Alberto dalla Chiesa sono d’esempio e di stimolo per tutti. Anche lui peraltro era uno “venuto da fuori”. Naturalmente ho avuto a che fare personalmente con Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza, dato che di professione faccio il consulente tecnico contabile per alcune sezioni del tribunale di Palermo, e ho sempre dialogato con persone molto competenti, preparate e anche simpatiche, a dispetto dell’immaginario collettivo che le vorrebbe burbere e rompiscatole. La serietà professionale non deve essere confusa con l’essere seriosi, affettati o scortesi. Nei miei personaggi ho cercato di richiamare la semplicità dei rapporti umani anche tra carabinieri di grado diverso: i nostri peraltro sono investigatori che lavorano in squadra e devono aiutarsi. Ovviamente, per esigenze letterarie, ho dovuto creare anche ambiguità, incomprensioni, gag dovute alla diversificazione delle funzioni ma anche legate all’età, alla maturità dei personaggi o al loro grado. Per cui nessuno si offenderà se il nostro maresciallo qualche volta dovrà faticare per farsi comprendere dai suoi colleghi di grado inferiore.
Altro tasto dolente. La “ femminitudine” siciliana… Che pazienza che ce vo’… Quella povera donna di Simona…
E come la mettiamo?
Lo vogliamo dire o no che questo suo marito maresciallo rappresenta il maschio italiano medio, quello che nessuna donna vorrebbe accanto e che invece quasi tutte si ritrovano? Uno che a teatro si addormenta e a una cena romantica rischia di rilassarsi fino a russare? Vero è anche che la precisione è donna, quindi la lista della spesa è il giusto contrappasso…
La tradizione afferma che le donne siciliane facciano le padrone a casa loro. Io non so se sia davvero così dato che la sera arrivo a casa, butto i vestiti dappertutto, metto i piedi sul divano, accendo la tv e chi si è visto si è visto. Poi però, dopo i primi cinque minuti di partita, mia moglie mi lancia un’occhiataccia e dato che non voglio finire a vivere in una grotta, preparo la cena per tutti, apparecchio e alla fine pulisco i piatti. Quando tutti vanno a letto, nel silenzio della casa, stiro e cucio per rilassarmi un po’. Però pretendo di essere portato a teatro una volta la settimana da mia moglie che, appena seduta, si mette a russare. Ah, la spesa è compito mio. Questa parte dell’intervista è confidenziale e ti prego di non pubblicarla.
A questo punto si pone la domanda: quanto c’è di autobiografico nella tua prima vera prova letteraria?
La lista della spesa da seguire meticolosamente, pena andare a vivere in una grotta. E poi mia moglie che è meravigliosa quando russa… Seriamente, non saprei quanto c’è di autobiografico. Di sicuro, quando si scrive si trasfonde inevitabilmente nella pagina qualcosa di sé. Alcuni mi hanno detto di percepire in me l’esigenza interiore di una giustizia vera, al di sopra delle leggi, come quella che ricerca ingenuamente Agostino, il figlio di Carlo Lucarelli.
Quanto invece ha pesato nella tua formazione, e nell’ispirazione per questo romanzo, la famigerata avventura degli Scatarranti sul web? Se la memoria non mi inganna, anche lì c’erano esponenti delle Forze dell’Ordine, in età però da pensione e oltre. E gli effetti del loro operato erano esilaranti.
La scrittura collettiva è molto formativa. Oggi il web permette agli artisti di condividere all’istante le proprie esperienze, un po’ come avveniva nella Parigi di inizio del secolo scorso, o ancora prima tra scrittori che si inviavano le bozze per avviare confronti reciproci sugli scritti in corso. Il tutto però adesso avviene all’istante, come fanno i musicisti in sala prove.
Ami Palermo, ma la lasceresti in cambio di un milione di dollari o per un contratto hollywoodiano?
“La tentazione è forte, ma la carne è debole” dice un ladruncolo nel romanzo, quasi a volere sancire l’inevitabilità di una facile scelta. Purtroppo nel mio caso non c’è scelta: non ho mai ricevuto una proposta indecente.
La leggenda vuole che il tuo idolo, Clint (nato come te il 31 maggio), sia il figlio segreto di Stan Laurel. Tu invece chi puoi vantare?
Io potrei essere il figlio segreto di Clint Eastwood, perché si sa che i salti generazionali garantiscono una percentuale di somiglianza ai nonni del 92,8 per cento.
Spesso chi arriva a cinquant’anni comincia ad andare in crisi, a volte addirittura in tilt… Tu invece mostri di avere energie inesauribili, come le sorprese che stai riservando negli ultimi anni agli amici e al pubblico. Da dove nasce la tua voglia di scrivere e cimentarti in nuove avventure artistiche, dalla stanchezza o apatia verso i numeri e i conti, o dal bisogno di far quadrare meglio i conti?
Scrivo come sparo qualsiasi cosa che mi piace fare. E anche perché, come disse il monco in Per qualche dollaro in più, dopo avere sparato a un ricercato che non era nel mucchio di quelli già morti e classificati sulla base delle taglie messe sulle loro teste: “Niente, talvolta non mi tornano i conti”. Scrivere è un modo per farli quadrare.
Volendo fare un bilancio della tua vita, prevalgono al momento gli entusiasmi giovanili o i rimpianti per le cose non fatte, e quale la tua personale ricetta per essere felici?
È una domanda seria e risponderò seriamente: il segreto è non prendersi troppo sul serio e mantenere l’indipendenza delle scelte. IO l’ho scoperto tardi. Ma se non ti prendi troppo sul serio, alleggerisci la tensione, hai meno aspettative ed essendo mentalmente libero le tue scelte saranno migliori. Non è esattamente la felicità, ma quasi.
Ti immagini mai carabiniere, poliziotto, o detective? Killer no?
Mi immagino agente segreto, ma in un modo talmente segreto che nessuno lo crederebbe mai. Neanche i miei capi.
Avremo nuove indagini e avventure del Maresciallo Lucarelli e della Compagnia Molo? E magari un adattamento televisivo, così, tanto per dare filo da torcere nell’auditel ai concorrenti poliziotti?
Sai come finivano tutti i primi film di James Bond? Con la frase: “James Bond will return in…” e poi c’era il titolo del prossimo film. Ebbene il maresciallo Lucarelli ritornerà ne: Il tempo dei caponi.
Ecco la prossima voce da inserire nella lista della spesa.
E non scordate di passare prima in libreria poi in tabaccheria per 31 e 47.
Potreste centrare il bersaglio come ha fatto il nostro ClinTinos.
2015 – f.to 12×19 – Pagine 244
978-88-95346-72-4
[ € 12,00 ]
http://www.carlosaladinoeditore.it/
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