“Chérie, non c’è che fare…”
Ricordo ancora lo sguardo rassegnato di mio padre quando le cose non prendevano la giusta piega, quando il destino di un evento sembrava già segnato, ineluttabile. Il colore cobalto dei suoi occhi si annebbiava, mentre mi ripeteva questa frase.
Un gesto me lo ha riportato vivido davanti agli occhi. Essenza e simbolo di tutt’altra storia.
Una mano su una testa, affranta. “Mi dispiace, non può che essere così…”
Bastano dieci minuti per raccontare appieno una storia, quella di una relazione che finisce e di una vita che si ingabbia nel ricordo, in una struggente malinconia.
Poche le parole, quelle di cui non si può fare a meno, quando ormai è in atto la svolta.
Parlano gli sguardi, i silenzi, le alterazioni della luce ed il calar del buio, quello ‘interiore’ prima ancora che all’esterno.
Paolo e Claudio, una coppia come tante, una convivenza felice. Una differenza di età.
Un uomo ‘ancora’ giovane, pur se con qualche acciacco, ma ‘troppo’ vecchio per un ragazzo che ha negli occhi altri orizzonti e una valigia pronta.
Qui non è l’amore a venir meno (ancora lo dichiarano al ‘presente’), né i gesti delicati e le attenzioni. Ma quello che li ha tenuti insieme per tre anni ormai non basta più. Sarà la sete di vivere di Claudio, il desiderio di fare altre esperienze, come si sente urlare in faccia, prima di tirar fuori a sua volta altri veleni.
Veleni e parole che feriscono. Perché spesso le storie finiscono così, con cattiverie che si sommano alla rabbia che ti è montata dentro, insieme all’insoddisfazione e al disincanto.
E passa anche quell’ultima notte a far l’amore insieme, a risvegliarsi accoccolati l’uno accanto all’altro. Ultimo sigillo ad una storia che per uno, Paolo, si trasforma in una gabbia, l’illusione di rivivere ‘sempre’ quell’amore che doveva accompagnare la sua vita, e che invece è ormai volato via. Forse ‘per sempre’.
Ci sono cose che (r)esistono e che ti danno la forza, o l’illusione, di andare avanti, senza le quali la vita sarebbe a volte meno cara. Paolo è costretto a ricercarle, in una vana attesa, che come recita una canzone, sa di fumo e di malinconia.
Che ne sarà di Claudio, ci chiediamo.
Forse sarà felice, poco importa. Viene istintivamente di prendere le parti di chi resta (il più debole, di fatto il più ‘bambino’), di aspettare che quella porta, chiusa su un’indimenticabile giornata, si riapra e che riporti Claudio sui suoi passi o ancora un altro amore, non mercenario, che torni a illuminare due sorrisi riempiendoli di rughe di felicità.
Bravissimi gli attori, intensi, e delicati i tratti della regia che ha animato questo corto di cui è protagonista l’Amore. Anche le note se ne sono innamorate e con discrezione ne seguono l’andamento.
L’Amore è bello anche se finisce, se fa soffrire, se come in questo caso fa riflettere.
Non sai mai come ti andrà se non lo vivi, vale la pena crederci senza rimpianti.
A noi che lo vediamo scorrere su schermo resta la rabbia e l’amarezza per come è andata.
C’è sempre la speranza di un secondo round.
Vero, papà?
Una notte ancora, Italia, 2012, scritto e diretto da Giuseppe Bucci
Con Ivan Bacchi, Marco Cacciapuoti, Giacomo Tarsi, Agnese Colotti.
Fotografia Leone Orfeo, colonna sonora Pericle Odierna, montaggio Ferdinando D’Urbano, prodotto in collaborazione con Yellow Bag
Reduce dal successo al Queer Filmfestival di Palermo, il corto sarà proiettato a Roma il 22 giugno al Cinema Nuovo Aquila, e il 27 giugno al PAN di Napoli.
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