Il commissario di polizia Pasquale Pastorelli è un uomo stanco, per costituzione fisica e morale, non ha fatto carriera per la sua indolenza e perché il suo lavoro gli piace per nulla.
Da sempre la sua passione è il teatro: ha cominciato a recitare da giovane, piccole parti in spettacoli organizzati da compagnie raccogliticce per beneficenza o in occasione di festività varie.
Poi, un ingaggio in una scalcagnata compagnia di sceneggiate napoletane che nelle feste patronali dei paesi della provincia mette in scena tutto il repertorio tipico tratto dalle canzoni napoletane: da Zappatore a Lacrime Napulitane.
Pasquale si specializza nel ruolo de “O malamente” tanto che a ogni rappresentazione si becca scariche di fischi, d’improperi, di maledizioni e in qualche caso di ortaggi assortiti, specie al momento della meritata morte per mano di Isso.
Quest’odio del pubblico è il simbolo del successo: nell’ambiente si dice come fa ‘o fetente Pastoriello non lo fa nessuno.
Ma Pasquale non è soddisfatto, vorrebbe fare il salto di qualità e più volte cerca di avere una audizione presso la compagnia di Eduardo.
Ci riesce per la mattina del 24 novembre 1980: il giorno dopo il terremoto.
E quella mattina a Napoli chi volete che pensasse al provino di Pasquale.
E così finirono i sogni.
La vita sulle polverose tavole del palcoscenico continua per qualche anno, ma quando la Televisione e il progresso decretano la fine della sceneggiata e del teatro minore, Pasquale si trova nella condizione di dovere fare una scelta di vita per campare e dove può finire uno ‘Nfamone Malamente’
A fare il poliziotto ovviamente!
Ora a quasi sessant’anni vegeta, ma la passione e il fuoco sacro per il teatro bruciano ancora.
Conosce a memoria tutte le commedie di Eduardo, ma il suo pezzo forte, il suo cavallo di battaglia è Natale in casa Cupiello.
La conosce così bene che è in grado d’interpretare tutti i ruoli da Luca a zio Pasqualino, da Concetta a Olga.
E proprio per questo ogni Natale ha una botta di malinconia e di tristezza. Pensa a quello che poteva essere e non è stato.
Con qualche amico si lascia andare: a me mi ha rovinato il terremoto.
E proprio per evitare questa tristezza ogni Vigilia di Natale si fa mettere, tra le proteste dell’isterica moglie, al turno di notte al Commissariato.
La notte scorre tranquilla, manca poco a mezzanotte e insolitamente poche chiamate per feriti da botti, si vede che stanno imparando la lezione o di soldi ve ne sono sempre meno per pensare di sprecarli in botte a muro e in bombe di Cavani.
Pastorelli si stiracchia annoiato, accende la radio, si collega con le volanti, tanto per ascoltare le ultime notizie e aspetta il rientro dell’ultima pattuglia.
Dopo dovrà redigere il verbale finale di fine turno e poi se ne tornerà a casa nella speranza che l’isterica signora Gilda Lojacono in Pastorelli sia andata già a dormire.
Il blaterare uniforme della radio delle volanti gli concilia il sonno e si affloscia sulla poltrona.
A un tratto acute urla provenienti dall’atrio lo fanno sobbalzare, è la voce stridula dell’agente scelto Pollio, è sempre lui che fa casino.
Pigramente Pastorelli scende le scale.
Nell’atrio, in manette, un gruppo di persone che urlano mentre Pollio cerca vanamente di tenerli a bada.
Pastorelli lancia un urlo: “Silenzio!”
Per miracolo tacciono tutti.
Pastorelli, si avvicina a Pollio: “Beh cosa è tutta questa canea?”
L’agente affannato e sudato: “Stavano litigando tra di loro, una vicina ha chiamato il 113, sono arrivato di volata, non ho capito nulla, li ho portati qui, prima che si ammazzassero”.
Pastorelli, insolitamente determinato: “Ora parlate con me e mi spiegate per filo e per segno tutto quello che è successo!”
E rivolto al più vecchio e più ridotto male del gruppo, con il viso pieno di lividi e un largo graffio sulla fronte: “Cominciamo da lei, venga su nel mio ufficio”, avviandosi per la stretta scala.
Il vecchio è magro, con il volto scavato, quasi una maschera, ha radi capelli grigi arruffati, gli occhi infossati scuri, luminosi ed espressivi suggeriscono stanchezza e delusione.
I due si scambiano un lungo sguardo, poi il vecchio: “Commissario, mi presento, mi chiamo Luca Cupiello, quelli sfrenati giù sono mio fratello Pasqualino, mia moglie Concetta, mio figlio Tommasino e mia figlia Ninuccia con il marito Niculino. Sì, gli stessi nomi della commedia di Eduardo. Commissà, dovete sapere che il Direttore s’ispirò a mio nonno Luca che faceva il pastoraro a via San Gregorio Armeno. E da allora, come una sorta di maledizione, i nomi di quei personaggi si perpetuano in famiglia. Anche oggi noi abbiamo continuato il mestiere di famiglia, la ditta Famiglia Cupiello presepi per tutto il mondo. E stamattina è scoppiato un litigio in famiglia per sciocche questioni d’interesse, sapete accade in tutte le famiglie, una parola tira l’altra e si arriva dove non si deve arrivare . Ma credetemi, è tutto superato. Domani sarà Natale e, come ogni anno, ci riuniniamo, ci rinieiamo, insomma mangiamo insieme e sarà la pace. Tutto chiarito commissà? Ci faccia andare via.”
Pastorelli resta a bocca aperta, non sa cosa dire e mormora tra sé: “È strana la vita, la notte della Vigilia di Natale incontrare un Luca Cupiello.”
Un colpo di tosse interrompe le riflessioni di Pastorelli, è Pollio, sotto l’arco della porta con una espressione ghignante: “Commissà, altro che pastori e presepi in tutto il mondo. Bella l’idea, i pastori e i presepi sono imbottiti di cocaina. Hanno simulato il litigio per scappare via, sono proprio loro che hanno chiamato, hanno avuto una spiata che stavano per arrivare quelli della banda dei colombiani per farli fuori e nulla di più sicuro che farsi portare via dalla polizia: ma all’agente scelto Pollio non la si fa, ho spaccato tutti i pastori ed è uscita la polvere bianca. E ora tutti a Poggioreale. Buon Natale Commissà”
Si ringrazia per l’editing Maria Laura Villani.
L’immagine è tratta da TEATRO A FUMETTI di Giuseppe Ricciardi
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Interessante interepretazione. Chissà perchè nei nostri pallosi e programmi TV non inseriscono le splendide commedie di Edoardo come tanti anni fa!
non è mai troppo tardi Carla
ma che bello! Mi è piaciuto un sacco! E mi ha fatto tornare prepotente la mia passione per la polvere del palcoscenico!
Ogni tanto ci ripenso: l’occasione della vita l’ho avuta, chissaà se sarebbe durata. Ma quando dici no a 20 anni non potri mai sapere come sarebbe stato.