Oggi quando si parla di Napoli i temi sono sempre gli stessi :
a) La Monnezza
b) La camorra
Le analisi si sprecano, ma le soluzioni restano nel generico o si aspetta ‘o miracolo da San Gennaro o da personaggi poco santi, come l’ultimo promesso dal Presidente del Consiglio: “la monnezza sarà rimossa entro tre giorni!”
I problemi di Napoli sono annosi, anzi secolari.
Per questo consiglio la lettura del Ventre di Napoli scritto da Matilde Serao più di cento anni fa.
E malgrado il tempo trascorso le parole di Donna Matilde mantengono intatta la loro attualità.
Ecco un breve e significativo frammento.
Sventrare Napoli? Credete che basterà? Vi lusingate che basteranno tre, quattro strade, attraverso i quartieri popolari, per salvarli? Vedrete, vedrete, quando gli studi, per questa santa opera di redenzione, saranno compiuti, quale verità fulgidissima risulterà: bisogna rifare.
Voi non potrete sicuramente lasciare in piedi le case che sono lesionate dalla umidità, dove al pianterreno vi è il fango e all’ultimo piano si brucia nell’estate e si gela nell’inverno; dove le scale sono ricettacoli d’immondizie; nei cui pozzi, da cui si attinge acqua così penosamente, vanno a cadere tutti i rifiuti umani e tutti gli animali morti; e che hanno tutto un pot-bouille, una cosiddetta vinella, una corticina interna in cui le serve buttano tutto; il cui sistema di latrine, quando ci sono, resiste a qualunque disinfezione.
Voi non potrete lasciare in piedi le case, nelle cui piccole stanze sono agglomerate mai meno di quattro persone, dove vi sono galline e piccioni, gatti sfiancati e cani lebbrosi; case in cui si cucina in uno stambugio, si mangia nella stanza da letto e si muore nella medesima stanza, dove altri dormono e mangiano, case, i cui sottoscala, pure abitati da gente umana, rassomigliano agli antichi, ora aboliti, carceri criminali della Vicaria, sotto il livello del suolo.
Voi non potrete sicuramente lasciare in piedi i cavalcavia che congiungono le case; né quelle ignobili costruzioni di legno che si sospendono a certe muraglie di case, né quei portoncini angusti, né vicoli ciechi, né quegli angiporti, né quei supportici; voi non potrete lasciare in piedi i fondaci.
Voi non potrete lasciare in piedi certe case dove al primo piano è un’agenzia di pegni, al secondo si affittano camere a studenti, al terzo si fabbricano i fuochi artificiali: certe altre dove al pianterreno vi è un bigliardo, al primo piano un albergo dove si pagano tre soldi per notte, al secondo una raccolta di poverette, al terzo un deposito di cenci.
Per distruggere la corruzione materiale e quella morale, per rifare la salute e la coscienza a quella povera gente, per insegnare loro come si vive – essi sanno morire, come avete visto! – per dir loro che essi sono fratelli nostri, che noi li amiamo efficacemente, che vogliamo salvarli, non basta sventrare Napoli: bisogna quasi tutta rifarla…
Leggetelo tutto il Ventre di Napoli, spiega molto di più dei vari reportage degli inviati speciali scritti dagli alberghi a 5 stelle sul lungomare.
Questo è l’indice completo dell’opera
Il Ventre di Napoli (VENTI ANNI FA)
I. Bisogna sventrare, Napoli
II. Quello che guadagnano
III. Quello che mangiano
IV. Gli altarini
V. Il lotto
VI. Ancora il lotto
VII. L’Usura
VIII. Il pittoresco
IX. La pietà
Il Ventre di Napoli (ADESSO)
Il paravento
Dietro il paravento
Le case del popolo
Che fare?
L’anima di Napoli
L’Onore
Il rione della bellezza
La gran via
Guerra ai ladri
Cristo dice
Il pane dell’anima
Il Padre del popolo
Una donna
L’attenzione della Serao per la gente dei quartieri brulicanti di miseria e di rassegnazione della sua Napoli è davvero l’unica maniera per fare comprendere a chi non è di Napoli la tragedia di questo popolo e di questa città bollata per sempre da un marchio di infamia. Parole crude, senza compiacimento e per nulla auto assolutorie.
Opera intelligente e di un feroce e profondo sarcasmo forse non perfettamente comprensibile da chi non è immerso nella realtà di Napoli.
Troppo si scrive su Napoli e di Napoli, ma dalla cronaca che spesso viene finalizzata dal potere costituito per perseguire i propri scopi.
Per questo son voluto uscire dal reportage e tornare al passato. Anche se dal tempo della Serao gli anni sembrano essere trascorsi invano.
Eppure malgrado tutto lei non è pessimista, difatti in conclusione scrive:
Io invoco il lavoro, invoco le società, invoco le industrie, invoco le banche, che dovranno redimere la mia miseria, il mio ozio e la mia inciviltà: ma tutto questo deve esser fatto in un’altra maniera, non più in quella di prima, in una maniera schietta, leale, franca, in una forma delle più integre, con una probità perfetta, con quel rigore di coscienza, da tutte le parti, che, in tanto rivolgimento di cose, è la via della verità e della vita.
Io sono pessimista perché oggi le necessità del potere economico e politico esulano completamente da quelli che sono i bisogni della gente e penso che se questi convergessero non ci sarebbe uno “stato nello stato”, non ci sarebbe quella povertà sociale che è sotto gli occhi di tutti.
Il Ventre di Napoli è scaricabile qui.
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