Culicidae Meigen

“L’ha uccisa! L’ha uccisa! Lui! È stato lui!” gridò la prima donna.

“AAAAHH! Assassino! Prendetelo! Prendetelo!” fece eco la sua amica.

Sedute a un tavolino, profumate di citronella, le due indicavano terrorizzate l’avventore seduto al tavolo vicino.

Le finestre chiuse da zanzariere si popolarono subito di decine di occhi curiosi, a guardare quello spettacolo gratuito per poterlo raccontare ad amici e parenti prima che entri nelle case dalla televisione.

Televisione che scende in campo prima ancora delle forze dell’ordine, immagini che entrano nelle case riprese direttamente dai telefonini dietro i vetri di automobilisti chiusi al sicuro dell’aria condizionata, sparate alla velocità della luce sulla rete invisibile che tutto collega.

Poi i Gendarmi, con i loro pennacchi nascosti sotto l’equipaggiamento antisommossa, in mano il manganello nero d’ordinanza, e come d’ordinanza va usato sull’accusato, colpevole o meno, tanto sotto il casco non mi vede nessuno.

Un uomo in completa tuta bianca si china sul corpo, disteso a terra, in una pozza di sangue: “La zanzara è morta” dice al superiore, e lascia il posto al fotografo che scatta mille flash, prima di prendere il corpo con una pinzetta e depositarlo in un sacchettino sterile.

La sera i telegiornali aprono con la notizia incredibile: “In pieno centro, e di giorno, un uomo ancora non identificato ha barbaramente colpito e ucciso un inerme esserino.”

È un rincorrersi continuo di descrizioni dell’indagato: a Nord si dice che si tratta certamente di un extracomunitario dell’est, gente tipicamente violenta. Più al centro sono certi che si tratti di un negro, venuto dall’Africa, gente senza onore né virilità. Nei centri sociali sono sicuri: è un membro dei servizi deviati, solo loro sanno picchiare così a freddo e così male.

I rossoneri sono certi che sia un tifoso dei neroblu, i quali invece sanno per certo che tifa bianconero.

La notte un programma speciale si apre su un modellino in scala perfetto della scena del crimine, tra cosce in bella mostra e libri in anteprima.

Sulla rete concorrente, le due testimoni facevano bella mostra di sé, invitate a descrivere la scena in tutti i dettagli, mentre dietro giovani aitanti stavano seduti sul trono, a petto nudo e sguardi languidi. Dietro le quinte già erano pronti i contratti per reality e tournée, mentre i giornali di gossip cominciavano a incamerare il materiale da usare per mandarle a fondo di lì a pochi mesi.

Visto il grande movimento popolare, il Sommo Ministro della Giustizia diede ordine di procedere per direttissima.

Per una volta i partiti politici furono tutti d’accordo nel condannare il fatto, ricordando ognuno che comunque nessuno, nel loro partito, si sarebbe mai permesso di usare la violenza, tranne forse… solo nel caso in cui… per quanto a volte… e comunque è ovvio che se qualcuno di loro lo ha fatto è stato giusto e per il bene del Paese, a prescindere.

Inutile dire che le sale del tribunale erano talmente piene che le associazioni dei consumatori pretesero si spostasse il tutto in uno stadio, dove l’opinione pubblica avrebbe potuto seguire meglio.

Il movimento dei Genitori per una volta protestò per una non sufficiente copertura mediatica: l’esposizione di un simile criminale avrebbe sicuramente fatto capire ai giovani virgulti in crescita come non ci si deve comportare.

Venne scelto il giudice più severo e il pubblico ministero più esperto. All’accusato fu dato un giovane e inesperto avvocato d’ufficio, ché troppo certa era la sua colpa e troppo pochi i soldi a disposizione dell’accusato perché un grosso nome arrivasse.

Al chiuso della sala, con zampironi accesi vicino ad ogni apertura, il pubblico ministero cominciò la sua deposizione.

Vennero chiamate a deporre le due testimoni, le quali parteciparono in video conferenza, direttamente dalla nave da crociera dove stavano filmando alcune scene del film di Natale che le avrebbe viste protagoniste. Ricordarono tra le lacrime come quella povera creatura, posatasi per riposare certamente sul braccio dell’assassino venne brutalmente schiacciata con una azione repentina.

Le immagini delle donne emozionarono tutti gli spettatori, tanto che il produttore del film decise di comprare subito il nuovo yacht, certo ormai che gli incassi del film sarebbero stati entusiasmanti.

La difesa provò a sostenere che la zanzara è comunque un veicolo di malattie e infezioni, alcune mortali, ma le associazioni animaliste e per associazione gli amanti delle armi da fuoco misero ben in chiaro che la zanzara è solo un veicolo: non è lei a uccidere, ma chi si lascia beccare.

Vennero consultati gli esperti per capire se la zanzara avesse sofferto o meno: scienziati e dottori chiusi in laboratori ad atmosfera controllata fecero prove ed esperimenti e dopo aver ucciso più di un milione di zanzare in tutti i metodi possibili non riuscirono comunque a capire se gli insetti soffrissero o meno. Tuttavia concordarono sul fatto che nessuno di loro ormai si divertiva a uccidere le zanzare, al contrario di quanto gli capitava con i beagle e le scimmie, e che quindi quel sentimento di repulsione non poteva significare altro che le zanzare erano animali pensanti e che soffrivano come se non più degli uomini.

Dietro cortine di incenso si espresse anche la Chiesa: erano creature di Dio anche quelle e quindi sicuramente meritevoli della carità Cristiana. “La zanzara è una creatura di Dio, Solo Dio ha il diritto di uccidere una zanzara!” ripeté il Santo Padre al grande pranzo offerto dall’associazione cacciatori, prima di addentare un ben cotto cosciotto di capriolo.

L’avvocato della difesa presentò le prove che il sangue trovato attorno alla zanzara era effettivamente sangue del suo assistito, che quindi aveva agito in legittima difesa. Il pubblico ministero ribatté prontamente, dimostrando invece che se sangue del colpevole era stato trovato era dovuto solo all’estremo tentativo della vittima di difendersi nell’unico suo modo possibile: succhiandone il sangue.

Non ci fu nemmeno arringa finale in difesa, ma solo la richiesta della clemenza della corte, ma si capì che clemenza non ci sarebbe stata quando il pubblico ministero mostrò le immagini dell’accusato mentre schiacciava uno scarafaggio nella sua cella.

Il consiglio si riunì per pochissimo tempo, il risultato già scritto: Colpevole.

Il Giudice diede il massimo della pena: morte per iniezione letale. Per una puntura ha ucciso, una puntura lo ucciderà.

Il pubblico fu contento. Pochi provarono a contestare, ma nel giro di pochi giorni nessuno si sarebbe ricordato di nulla: il grande campionato di calcio palla stava per iniziare, e avrebbe come sempre addormentato le menti.

Il giorno dell’esecuzione i giornali aprivano con le foto delle testimoni mentre sniffavano droga assieme ad alcuni altri papaveri del Partito di Minoranza.

Il giudice fu l’unico presente, assieme a un cronista di un oscuro giornaletto di Provincia.

Montato in macchina per tornare a casa, il giudice fece scattare il tergicristallo: “Maledetti insetti, sporcano tutto il parabrezza.” disse ingranando la prima.

 


Punge gli errori la zanzara Paola

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