La giornata contro la pena di morte. Bella cosa. Ci vuole, un messaggio chiaro, deciso, comune!
Eh no, la pena di morte non è giustificabile! Chi sono i giudici per decidere della vita di qualcun altro? Chi sono coloro che, ergendosi al livello di Dio, giudicano e puniscono in modo sicuro e ineluttabile? Perché alla pena di morte non c’è ritorno. La pena di morte è la fine, ultima.
Al massimo si può ipotizzare un ritorno in una nuova vita, se sei buddista.
E allora gridiamolo forte: NO ALLA PENA DI MORTE!!
Però quel bastardo che ha appena ammazzato la coppietta al parco, quello che dopo l’inseguimento con la Polizia si è beccato due pallottole in fronte, cazzo, ben gli sta!
E quell’altro, quello che violentava i bambini e poi il padre lo ha trovato e gli ha tagliato il collo: se ci fossi stato io, mica se la cavava tanto in fretta!
E hai sentito di quel bastardo che ha fatto fuori una famiglia guidando come un pazzo e ha fatto il frontale? Dicono che sia ancora vivo, in rianimazione. Se se la cava, spero lo prendano i parenti! Uno così sta bene solo sotto terra!
Sì, perché siamo contro la pena di morte, ma se questa capita in uno scontro a fuoco o come vendetta di qualcuno, va bene, è giustificata. Da tutti. Persino dalla Disney nei cartoni, ci avete fatto caso?
Il cattivo degli incredibili, risucchiato nel motore del jet, o ancora lo stregone del bacio della principessa, risucchiato negli inferi.
La morte come conseguenza dei propri atti malvagi è una cosa giusta, giustificabile e accettabile. Ma solo se succede nel momento. Lo accettiamo, ne siamo d’accordo tutti. Chi di noi avrebbe pianto lacrime o sollevato distinguo se Riina fosse morto durante la sua cattura?
La realtà è che siamo tutti ipocriti. Ipocriti e deboli: ci opponiamo a qualcosa solo quando questa non ci tocca direttamente.
Se qualcuno violentasse i miei bambini ve lo giuro qui, ora, solennemente: io farei di tutto per prenderlo prima della Polizia. E dopo non sono sicuro che la Polizia riuscirebbe più a prenderlo. O quanto meno a riconoscerne i resti.
Siamo contro la pena di morte concessa dai giudici eppure così rapidi nell’accettare la pena di morte concessa dalla nostra propria privata coscienza.
Il punto è che siamo talmente sicuri della nostra Giustizia che è solo il verdetto di questa che conta. E allo stesso tempo siamo talmente indottrinati da un mondo che vuole il “Politically correct” su tutto e mai e poi mai vedrebbe di buon occhio chi appoggia la pena di morte.
Ipocriti. Questo siamo, nulla di più. Ipocriti e supponenti: la mia visione della giustizia è migliore della tua.
E vale per tutti: anche e soprattutto per quella Chiesa che insiste nel dire che la vita può essere decisa solo da Dio, e allo stesso tempo ha fatto stragi nei secoli di quelle persone che non rientravano nei suoi piani, e ancora oggi va a porgere l’estremo saluto a quelli che camminano verso il patibolo, invece di rifiutarsi di essere presenti, di gridare un No forte, di condanna.
Ma è chiedere troppo a un’entità comunque asservita e complice del sistema.
Allora VIVA LA PENA DI MORTE.
Viva il sistema che condanna e uccide chi si è macchiato dei peggiori crimini, chi ha sciolto bambini nell’acido, violentato ragazzine, calpestato il mio prato.
Sì, calpestato il mio prato. Perché quando sono in grado di decidere chi deve vivere e chi morire, allora posso anche decidere per quale ragione vivere o morire, no? E allora a morte chi mi tocca il gatto, chi taglia i miei fiori, chi mi chiede di spostarmi, chi mi fa i fanali in autostrada e chi non si sposta quando i fanali li faccio io.
A morte.
Perché a morte non ci devo finire io. Perché non è giusto, non è giusto che io muoia, non è giusto che qualcuno mi condanni.
Non è giusto.
Ma se non è giusto per me…
Allora forse, forse la pena di morte non è proprio così giusta. Allora forse, devo rivedere il mio modo di pensare, devo calmarmi, sedermi ragionare.
Perché l’uomo che uccido oggi non è quello che ha violentato una bambina 20 anni fa.
Perché la pena di morte non permette di tornare indietro, e se ci sono stati degli errori, beh, pazienza.
Perché la pena di morte non fa tornare in vita chi è stato ucciso, non cancella il dolore di chi ha sofferto.
Perché la pena di morte non uccide solo gli assassini, ma uccide la tua civiltà.
Perché a volte è troppo facile e troppo poco.
Perché è semplicemente inutile! A cosa serve uccidere una persona? È come combattere perché vengano a raccogliere i rifiuti e bruciare i cassonetti!
Perché la pena di morte, come la stessa giustizia, non è uguale per tutti. Chi è più ricco, più potente, con il miglior avvocato se la caverà sempre e comunque.
Ecco perché dobbiamo essere contro la pena di morte. Sempre e comunque. Perché non è giusta.
E dobbiamo esserlo in ogni momento: la pena di morte non è solo quella che infliggono i giudici, ma anche quella che infliggiamo noi, ogni giorno, nella nostra testa, nei nostri pensieri, al criminale di turno.
Non condannare a morte non vuol dire perdonare, forse l’esatto contrario: costringere qualcuno a convivere con quello che ha fatto e ricordarglielo ogni santo giorno non è perdonare.
La pena di morte è un orrore, uno sbaglio, un neo nella civiltà. La pena di morte è l’anello mancante, quello che ci ricorda che dalle bestie discendiamo e che ancora bestie siamo.
Quando tutti noi riusciremo a vincerla, quando riusciremo a cacciarla non solo dai tribunali di mezzo mondo ma anche dall’interno delle nostre anime nere, allora, e solo allora, la nostra evoluzione sarà completa.
Con Affetto
IK
Graziate Paola e Elvira
httpv://www.youtube.com/watch?v=eVpktlj1KA0
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Grazie Clessidra
Veramente complimenti Juan per questo bellissimo pezzo.
Danke bandito.
Chapeau, non era facile affrontare l’argomento senza cadere nelle solite banalità, a mio parere solo tu e M. Laura ce l’avete fatta. Complimenti, sono sempre più un tuo estimatore.
Da sempre la condanna a morte è decisa, amministrata ed eseguita per difendere l’ordine costituito e per proporre…giustizia.
Il potere politico “può” uccidere, ma anche far diventare questa possibilità una vera e propria prassi ordinaria.
La forza perversa della violenza utilizzata dal potere costituito è proprio quella di riuscire a rendere come necessaria e normale la realtà della pena di morte. Inevitabile ed obbligata.
Il fascino della violenza esercitata da parte di chi gode di una precisa e riconosciuta autorità è nella sua capacità di inculcare la “certezza” che la sanzione “violenta” è giusta e meritata.
(Le parole della Sindone, G.T.)