Sono stato in Sudafrica con mio figlio Francesco. Che bello essere padri. Abbiamo visto la finale, le zebre, i pappagalli e abbiamo letto insieme “La vita davanti a se” di Romain Gary.
Un babbuino gli ha rapinato la cioccolata dal frigobar (lui stava a letto e il babbuino ha spalancato la portafinestra con un “Gnuaaak!”). Francesco si è barricato in bagno mentre il ladro con la coda faceva manbassa. Poi ha chiuso frigo e finestra ed è uscito con la disinvoltura di una cameriera.
Fossi stato un pittore starei tentando di dipingere la luce del Sudafrica, un bianco immacolato, da prima di Dio, il dentro della mela. L’aria era fresca e le parole fra noi venivano via come chicchi d’uva. Io non sapevo che il Sudafrica se ne sta appollaiato a 1600 metri d’altitudine neanche fosse Cortina d’Ampezzo. Appena atterrato stavo per baciare l’aeroporto come fa il Papa. Nel senso che mi stavo per allungare per terra a causa della pressione.
Ho detto “Eccola là! Jack Folla nato a Fosso del Pratone morto per mancanza d’ossigeno al Johannesburg International Airport.” Poi i polmoni si sono adeguati gentilmente.
A Roma c’è un caldo umido che la pelle pare sugo. Laggiù ho conosciuto Fabrizio, un italiano di Parma che l’aveva capita 15 anni fa e se l’è data a gambe.
Quando legge dell’Italia tira un sospiro di sollievo. Ha un bel lavoro, una casetta con giardino e Mandela. Meglio di così.
Qui stiamo alla P3. Non se ne può più di questi ladri infami. L’Italia è una escort cafona con il reggiseno di coccodrillo.
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