di Sabrina Glorioso
Nell’approssimarsi della morte, si continua a vivere.
Adocchio il libro sullo scaffale più alto in libreria, il titolo mi piace, La biblioteca alla fine del mondo, promette di essere un thriller alla Dan Brown o un mystery con colpi di scena che mozza il fiato fino all’ultima pagina. Mi tornano in mente una serie di romanzi già letti a cui potrei accostarlo, invece mi sbaglio alla grande. Nulla a che fare con omicidi, sparizioni, codici o incantesimi, il romanzo racconta una storia vera e toccante, che non credevo potesse lasciarmi dentro un segno così forte.
L’autore – Will Schwalbe – ripercorre gli ultimi anni di vita di sua madre Mary Anne, una donna forte e straordinaria, impegnata in favore degli ultimi ai quattro angoli del pianeta, e ora costretta a sedute di chemio e a vedersi ridotta pelle e ossa. Mary Anne scopre di avere un cancro al pancreas al IV stadio, una sentenza senza appello che solo a pronunciarla fa venire i brividi, eppure questo non la butta giù, non le impedisce di continuare a coltivare la sua immensa passione per i libri.
In tutti questi anni Mary Anne ha condiviso con figli e marito l’amore sconfinato per la lettura, i libri che ha letto, amato, e riletto negli ultimi anni di agonia, sono diventati la sua biblioteca personale alla fine del mondo, al pari di quella che vuole costruire per i bambini nella lacerata Kabul, l’ultimo desiderio, l’ultimo sogno. Will e sua madre costituiscono un intimo e privato circolo letterario. Durante l’interminabile attesa a ogni seduta di chemio discutono di libri, quelli già letti e quelli ancora da leggere, le letture del cuore e quelle che innalzano l’anima. Non c’è speranza di guarigione all’orizzonte, non ci saranno miracoli ad attendere Mary Anne alla fine del viaggio, ma c’è ancora tempo per i ricordi, per raccontare ai nipoti delle fantastiche storie, per leggere un altro libro.
Due anni ripercorsi con commovente sensibilità, con giorni buoni in cui Mary Anne può ancora curarsi degli altri, i rifugiati, l’amico rapito in Afghanistan, gli interessi dei nipoti, e altri meno buoni in cui fatica ad alzarsi dal letto ma non lesina un sorriso. Gli anni trascorsi come volontaria nei paesi in guerra e come membro dell’Alta Commissione per i rifugiati hanno insegnato a Mary Anne che nulla è più prezioso di un libro, che la cultura salva l’uomo più di un pugno di riso o di un kalashnikov puntato contro, che la lettura non è solo evasione ma concreta possibilità di futuro e di vita. I racconti delle persone che ha incontrato si mischiano ai mille volti dei personaggi di cui ha letto, e finiscono per diventare una cosa sola.
Si parla di morte sì, di malattia e di dolore, ma il romanzo vuole essere un inno alla vita, alla speranza che non muore mai e alla grande ricchezza regalata dalla lettura. È un libro sui libri e su come ci salvano la vita, sull’amore tra una madre e un figlio e sulle infinite possibilità che possiamo cogliere. È vero non ci sono colpi di scena né codici da decifrare o enigmi da risolvere, ma ciò che resta dentro appena finito di leggerlo è molto più prezioso e raro. Toccante il ritratto della madre vista attraverso gli occhi del figlio, e sorprendente l’atteggiamento di Mary Anne, che ormai inguaribile a causa della malattia, è un’inguaribile ottimista e divoratrice di libri.
Will Schwalbe, La biblioteca alla fine del mondo, Rizzoli, 2013
http://disogniedinchiostro-it.webnode.it
Editing by Maria Montefrancesco
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