La canzone del bambino scomparso

 

Pannacci

 

di Sabrina Glorioso 

 

Il doloroso tramonto dell’infanzia

 

A volte un libro ti sorprende, ci trovi dentro non quello che immaginavi ma molto di più. È come una bella scatola di latta chiusa ermeticamente, devi aprirla per sapere cosa c’è dentro e non accontentarti della foggia; quello con un libro è un appuntamento al buio che qualcuno ha organizzato per te, magari senza avvisarti e, alla fine, si rivela una scoperta piacevole. La storia di Vincenzino è un po’ così, non come te l’aspetti e forse neppure come la vorresti, ma capace di scuotere nel profondo. La scrittura scorre su un binario che pensavo morto, tocca corde che credevo rotte e le fa suonare, proprio come la canzone di Vincenzo Vanacore riecheggia a fondo pagina.

Un ragazzino alle prese con il delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza, un’anima gentile soffocata da violenza e incomprensione. Siamo nell’Italia degli anni Settanta, e Vincenzo è un undicenne innamorato del ballo e del canto, che scopre i suoi talenti e insieme le sue inclinazioni: entrambi vanno nascosti al padre padrone, ma non a Boris, il compagno di giochi, l’amico più forte, più grande di qualche anno, il suo eroe in carne e ossa che scorrazza in bicicletta per il paese. Vincenzo lo seguirebbe in capo al mondo, con lui scopre l’attrazione fisica, l’amicizia, la speranza.

Al duo maschile si aggiunge la tredicenne Susanna, lei arriva dalla grande città, da Milano, annoiata dai giochi di bambina e dalla campagna in cui trascorre le vacanze; scopre insieme ai due ragazzi che nella vita c’è dell’altro. Quella vita che con lei è stata avara, ma da cui Susanna vuole tutto e non solo le briciole, lei così prepotente e ribelle, irresistibile agli occhi del quindicenne Boris.

Il duo diventa un trio, legato da rapporti complessi, ma allo stesso tempo semplici. Vincenzo è felice quando canta, immagina un giorno di andare in televisione e diventare famoso come gli idoli di celluloide di cui legge sui rotocalchi rosa dal parrucchiere. È felice insieme ai suoi amici, a Boris che lo protegge dalle botte del padre e con cui condivide un segreto, a Susanna che gli racconta dei rumori della metropoli. La fantasia sembra l’unica via di fuga dal mondo chiuso e provinciale in cui vive il bambino. Vincenzo non conosce ancora il pregiudizio, ma la violenza e le menzogne sì, sono pane quotidiano.

Un’estate calda nella sonnolenta campagna romana, una storia lunga un trentennio che nasconde un mistero. Un giorno Vincenzino scompare, che ne è stato di lui e della sua voce da usignolo?

Un dramma con sfumature di nero e di giallo, una verità inconfessabile, una storia come tante o come poche, che parla del primo approccio col sesso, del cambiamento, del pregiudizio strisciante che alberga nel cuore della società. La perdita dell’innocenza è inevitabile; il difficile passaggio all’adolescenza lascia dietro sé una scia di sensi di colpa e segreti inconfessati.

Gli anni passano, Boris e Susanna sono cresciuti, ciascuno è andato per la sua strada ma si rincontrano al paesello, dove tutto era iniziato. È allora che il passato riemerge come fosse di carne, e insieme a lui anche il ricordo di Vincenzo.

Il romanzo racconta un tentativo di evasione dalla realtà, poi un brusco risveglio. Quando non si è più bambini ma non ancora adulti che cosa si è? Creature di una strana terra di mezzo, in attesa che la tempesta passi. Perché in fondo nulla resta uguale a se stesso, eppure nulla cambia davvero. Una volta adulti il passato viene distorto, l’innocenza corrotta e perduta per sempre. Passano ancora gli anni e tutto è cambiato. Che ne è stato di Vincenzo e della sua anima inquieta? Forse qualcuno sa…

 

Giovanni Pannacci, La canzone del bambino scomparso, Giulio Perrone Editore, 2012

 

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