Sindone: un’enorme mistificazione storica

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Ieri (31/07/2011) sia Sky che l’inserto “Domenica” de “Il Sole 24 Ore” hanno trattato l’argomento “Sacra Sindone”. Il primo dava un documentario tutto incentrato sulla ricostruzione del volto di Cristo, il secondo smontava l’ennesimo libro di Barbara Frale sulla Sindone, in cui crea una fantasiosa relazione tra il famoso lenzuolo e gli altrettanto famosi Templari.

E basta! Basta con i Templari che, pare, siano stati ovunque e abbiano fatto di tutto; non mi meraviglierei che un giorno qualcuno ne trovasse tracce in qualche cratere lunare, a vantaggio di Giacobbo che così potrebbe scriverne un bel best seller sul Santo Graal diventato, nel frattempo, Moon Graal.

Direi anche basta con la Sindone e la solita domanda: rappresenta il volto di Cristo? La risposta, contrariamente a ciò che si pensa, esiste ed è scientificamente valida ed è no, ci spiace, quello non è Gesù Cristo. La risposta è del 1988 quando fu eseguito un test scientificamente valido ovvero quello al Carbonio 14 che ha dimostrato come il tessuto risalga a un periodo compreso tra il 1260 e il 1390 d.C.; fine della storia.

Dunque qual è il problema? Perché ancora si discute? Posso comprendere che ci s’interroghi su chi possa essere l’uomo della Sindone oppure chi possa esserne l’artefice e che tecnica abbia usato; tutte domande intriganti, interessanti e degne di studio, ma smettiamola – vi prego – di raccontarci la favola del lenzuolo mortuario di Gesù.

Eppure la discussione sulla Sindone, iniziata ufficialmente nel XIV secolo (1300 d.C.) continua tutt’oggi; inoltre questa data (1300) è anche piuttosto interessante poiché pare che prima di essa nessuno abbia mai discusso di Sindone, veli e volti santi, nessuno ha trovato testi ufficiale che trattino di Sindone.

Quindi perché il dibattito continua? La risposta è altrettanto semplice: il motivo è che continua senza sosta la mistificazione storica messa in atto da coloro che per forza vogliono credere nel lenzuolo di Cristo.

Un ultimo esempio di questa mistificazione è rappresentato dal libro “I Templari e la sindone di Cristo” di Barbara Frale, guarda caso “addetta dell’Archivio segreto vaticano”, che ha sposato la teoria secondo la quale si dimostra che nel 1200 i Templari possedessero il sacro lino. I Templari… ancora loro; sempre loro.

A questo punto entriamo nel dettaglio e per farlo prendo in prestito alcune informazioni tratte dal libro di Andrea Nicolotti “I Templari e la Sindone. Storia di un falso” (che vi consiglio) e altre tratte dall’interessante articolo di Sergio Luzzatto “La favola dei Templari con la Sindone” tratto dall’inserto “Domenica” de “Il Sole 24 Ore”.

La mistificazione prende forma in fantasiose traduzioni, eccone qualche esempio:

  • Frale scrive della deposizione di un cavaliere, Arnaud Sabbatier, che nel 1307 confessò di avere adorato un lineum (lino). In realtà si tratta di un noto errore di trascrizione del notaio trecentesco, il termine corretto era lignum ovvero “pezzo di legno”. Barbara Frale trasforma l’errore di trascrizione (lineum) in un forzato “lungo telo di lino”.
  • In un’altra parte dello stesso testo si legge di una ymaginem hominis (immagine di un uomo) che viene trasformata dall’addetta dell’Archivio segreto vaticano in “la figura intera del corpo di un uomo”.
  • Stessa sorte per la deposizione del templare Guillaume Bos che racconta della venerazione di un signum fusteum ovvero di un’immagine di legno, che viene tradotta invece in “panno di tela di cotone”.

Barbara Frale si difende affermando, su quest’ultimo appunto, che «La lettura signum fusteum, proposta dai miei critici, non ha senso, perché signum nel latino medievale indica un’entità bidimensionale, un disegno, mentre fusteum è qualcosa ricavato dal fusto di un albero, necessariamente tridimensionale. Invece fustanium è un panno, che ha appunto due dimensioni come un foglio di carta. Perciò è la lettura corretta».

Tuttavia c’è da dire che, cito Nicolotti,  il vocabolo signum era usato comunemente nel Medioevo per indicare oggetti di varia foggia; per esempio in quel periodo un pellegrino chiama signum la statua equestre di Marco Aurelio in Campidoglio.

È chiaro che Barbara Frale nega l’evidenza, come afferma lo storico medievalista Massimo Vallerani, accusando l’archivista di aver isolato singole frasi da un contesto d’interrogatori in cui i Templari confessavano anche di aver sputato sul crocifisso. Lo ha fatto perché non avrebbe avuto senso l’adorazione della presunta Sindone (in realtà un idolo di legno) insieme al rinnegamento del simbolo cristiano.

Allora, come scrive Sergio Luttazzo, la “scoperta” di Barbara Frele è solo una mistificazione storica che si basa – cito – sulla selezione arbitraria, sulla lettura imprecisa e sull’interpretazione tendenziosa di cinque o sei interrogatori di altrettanti cavalieri del Tempio, tra l’altro, aggiungo io, costretti a confessare sotto la tortura dell’inquisitore qualsiasi cosa egli avesse voglia di sentire.

A questo punto mi chiedo perché ancora si vuole aggiungere mistero a un mistero che non ha nulla a che vedere con la religione e molto con la scienza? La discussione dovrebbe tornare alle domande che ho posto all’inizio di questo articolo ovvero, considerato che la Sindone risale al circa il 1300 d.C., chi è l’uomo impresso sul tessuto? È davvero un uomo oppure è un “pezzo d’arte”? Ma forse la Sindone non è altro che un qualsiasi esempio di reliquia inventata nel Medioevo, poiché in quel periodo possedere una reliquia – non parliamo poi di una reliquia di Nostro Signore Gesù Cristo – rappresentava possedere un grande potere religioso e politico, nonché economico considerato il numero di pellegrini che, all’epoca, si muovevano per visitare uno dei tanti luoghi santificati, appunto, da una reliquia.

Bisognerebbe smettere d’inventare storie per rendere materia ciò che di materiale non ha nulla, la fede è qualcosa che appartiene a un livello spirituale e dovrebbe restare sempre in questo livello piuttosto che imbarbarire in teli sacri o lacrime di sangue. Su quest’ultimo tipo di miracolo è mitica la riflessione di Massimo Troisi quando dice che un vero miracolo non sarebbe quello della statua sacra che piange, ci sono sempre interpretazioni come il legno che trasuda, ad esempio, un vero miracolo si avrebbe se che la statua si mettesse improvvisamente a ridere; nessuno potrebbe obiettare né inventare spiegazioni scientifiche perché non si è mai visto del marmo o del legno ridere. La fede è una cosa che o si ha, e non si ha bisogno di prove, o non si ha, e quindi si cercano prove.

Se davvero esiste un Entità Superiore, allora credo che, vedendo tutti questi dibattiti su reliquie e santi, se la riderebbe di gusto, ma penso anche che sia troppo impegnato a fare altro.


Libro consigliato

I Templari e la Sindone
di Andrea Nicolotti
Salerno Editrice
€ 12,50
Pagine 186 

Massimo Petrucci
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