di Ella May
È stato un grande piacere intervistare per LetterMagazine il bravissimo Francesco Lattes, detto “Fran”: voce morbida e precisa, calda quando serve e ruvida all’occorrenza, messa a disposizione della musica sempre energetica dei New Disorder, una delle band più promettenti del vividissimo panorama romano. Molti li conoscono già; per chi non li avesse ancora ascoltati, questo è un invito ufficiale a farlo, al più presto.
1) “New Disorder”: Fran, ci spieghi la scelta di un moniker così particolare?
Ci sono state, in passato, ampie discussioni sull’origine del nome della band e, in effetti, anche io non ricordo con esattezza quale sia stato il momento esatto in cui la band è stata definitivamente battezzata in questo modo. Ricordo che, riascoltando uno dei miei dischi preferiti (Toxicity dei S.O.A.D.) insieme al bassista e al chitarrista dell’allora neonata formazione (correva l’anno 2009), ci soffermammo sul ritornello della title track che recitava: “NEW, what do you own, the world? How do you own DISORDER?”. Quelle due parole, insieme, suonavano bene e potevano assumere molteplici significati con riferimenti non solo sociali. Da quanto ricordo, l’idea del nome è venuta in quell’occasione.
2) La vostra band è attiva ormai da quattro anni. Siete rimasti gli stessi degli esordi, oppure avete avuto cambiamenti nella line up?
Domanda giusta al momento giusto, visto che da pochissimo si è conclusa un’operazione di rinnovamento quasi totale della formazione. Dopo 4 anni, 2 album pubblicati, molte decine di live e migliaia di chilometri percorsi “on the road” in giro per l’Italia e l’Europa, la scorsa estate 3 componenti “storici” della band hanno deciso di intraprendere strade diverse, chi per motivazioni artistiche, chi per impegni personali. Da quel momento è iniziata la ricerca dei nuovi che, nel tempo record di circa 2 mesi, ha portato all’attuale line-up che comprende:
– Francesco Lattes (voce)
– Fabrizio Proietti (chitarre)
– Ivano Adamo (basso/cori)
– Luca Mancini (batteria)
3) Cos’è il Rock e cos’è il Metal per Fran?
Il Rock è storia. È un movimento che, da sempre, ha una valenza culturale, non è solo un termine per definire tutti i generi musicali che non sono classica, jazz, popolare o cantautorale. Sono 60 anni di evoluzione musicale e culturale con tanti episodi di eccellenza alternati a momenti bui, in cui si è creduto che il Rock fosse definitivamente morto. Il Metal è figlio del Rock e ne ha salvato la dignità quando tutti lo davano per spacciato, incattivendolo nei suoni e nei contenuti, come è accaduto negli anni 80.
Se poi mi chiedi cosa è il Rock oggi, ho difficoltà a darti una risposta, anche perché le variazioni sul tema, con relative contaminazioni, sono ormai talmente numerose da non poter essere riassunte in un’unica definizione. Il Metal di oggi si trova nelle medesime condizioni, anche se con elementi più caratterizzanti come l’utilizzo di distorsioni più potenti, ritmiche più serrate e voci in scream e/o growl, dalle quali sembra non si possa più prescindere.
Se vuoi, una mia definizione di musica Metal, è: “genere musicale il cui ascolto provoca, in maniera naturale, un movimento alternato del cranio dell’ascoltatore nella direzione perpendicolare alle spalle”.
4) Tu che lo fai, ci spieghi cos’è l’Alternative, una volta per tutte?
Credo che il significato sia all’interno del termine stesso. Fare qualcosa in maniera “alternative” significa non rispettare rigorosamente gli schemi che quel qualcosa impone o ai quali normalmente si rifà. Una band si definisce Alternative quando utilizza, ad esempio, un songwriting che non segue necessariamente lo schema strofa1 / ritornello / strofa2 / ritornello / special / solo / ritornello, ma magari propone brani che evolvono in maniera continua. Oppure utilizza strumenti o suoni apparentemente “impropri” per il genere a cui appartiene. O ancora fonde generi musicali apparentemente distanti anni luce gli uni dagli altri. C’è da dire che, a parte rarissimi casi, oggi essere “alternative-rock” o “alternative-metal” è quasi la norma, viste le tante contaminazioni che caratterizzano le produzioni da oltre 10 anni a questa parte.
5) Raccontaci qualcosa della vostra storia: qual è stato il concerto più bello che avete fatto e quale quello più brutto?
La data del 2 maggio scorso a Roma, in occasione del Release Party del nostro album “Dissociety” è stata, per partecipazione ed intensità, sicuramente una delle più belle che al momento ricordo, con tantissima gente che conosceva a memoria e cantava le nostre canzoni.
Il più brutto è avvenuto, purtroppo, in trasferta: eravamo a Praga e gli organizzatori avevano scelto una location assolutamente inadeguata. Si trattava di una sorta di ristorante all’aperto, pieno di gente che non sapeva del concerto e soprattutto dei volumi ai quali avremmo suonato. Risultato: la performance è stata interrotta dalla polizia (chiamata probabilmente dagli abitanti del quartiere) a 2 pezzi dalla fine della scaletta. Ce la siamo anche vista brutta perché gli agenti si sono rivolti, in maniera minacciosa, direttamente a noi, prima che intervenisse l’organizzatore e, ovviamente, non parlavano neanche una parola in inglese…
6) Però… Intensa la vita dei musicisti, anche per le band emergenti. A proposito di trasferte, a questo punto raccontaci anche la più bella.
Ricordo con grandissimo piacere una delle date del tour europeo dello scorso giugno, precisamente Zielona Gora, in Polonia. Non avevamo idea di come sarebbe andata quella trasferta, perché il club in cui dovevamo esibirci era stato stabilito 2 giorni prima del concerto, quindi temevamo non ci sarebbe stato pubblico per mancanza di promozione. Tuttavia affrontammo un viaggio di 400 km (il giorno prima avevamo suonato, se non sbaglio, in una città al confine tra Germania e Repubblica Ceca). Arrivati lì trovammo un’accoglienza inaspettata da parte degli organizzatori, un pubblico numerosissimo e caloroso che era lì per noi e conosceva e cantava le canzoni. Ci siamo intrattenuti fino alla mattina al locale con le tante persone rimaste, con tanto di spaghettata finale alle ore 6!
Per contro, la trasferta più brutta è stata quella di Praga di cui ti ho parlato sopra. Va detto che, fortunatamente, è stata l’unica nota negativa di un tour che, nel complesso, ci ha regalato parecchie soddisfazioni.
7) Anche se i New Disorder non hanno ancora un lustro di vita, avranno sicuramente attraversato qualche momento difficile. Qual è stato il peggiore?
Sicuramente fine luglio scorso, quando si è disgregata la line-up originaria. Oggi si può dire, però, che quel momento è stato superato alla grande.
8) Parliamo un attimo del vostro ultimo album, “Dissociety”: ce lo presenti? Partendo dal titolo, ovviamente.
Il titolo può essere interpretato come la contrazione di “disorder society”, con evidente “dedica” alla società di oggi che fa del disequilibrio il proprio principale strumento di controllo, ma guarda anche a concetti più intimisti, propri dell’animo umano, oltre che del sistema: “dissociazione”, “dualismo”, “contraddizione”. Questi ultimi temi sono tutti rappresentati nell’artwork della cover del disco.
In effetti l’album tocca, a tratti, temi legati al rapporto tra gli esseri umani (amore, odio, paura, sconfitta, follia), insieme a tematiche più “globali”, che descrivono il disagio dell’essere umano in relazione al sistema, ad una società che continua a nascondere verità su verità (vedi ad esempio il tema del nucleare, trattato nel brano “Atomic Suicide”) e che porta le persone a farsi del male reciprocamente per trovare una via di fuga.
9) Molti credono che nel Rock e nel Metal conti soltanto la musica, attribuendo scarso rilievo ai testi. Tu cosa ne pensi?
Credo che non si possa prescindere dai testi. Se un pezzo prevede parti cantate, significa che chi lo ha composto intende comunicare un messaggio più “diretto” da affiancarsi a quello, puramente emozionale, della musica.
A questo punto il testo deve essere assolutamente all’altezza del messaggio che si vuole trasmettere, indipendentemente dal genere musicale.
Poi è ovvio che i temi trattati nel Rock e, soprattutto, nel Metal differiscono profondamente, nei contenuti e nella forma, da quelli della musica pop o cantautorale. L’importante comunque è che il testo del brano fornisca all’orecchio dell’ascoltatore un valore aggiunto e non rappresenti un punto di debolezza.
10) Confessa: qual è il tuo pezzo preferito dei New Disorder?
Posso dire che, soprattutto quando siamo on stage, amo particolarmente cantare l’opener dell’album: “From Life To Death”, ma anche la già citata “Atomic Suicide”, che normalmente utilizziamo per chiudere i concerti.
11) Quale gruppo (o artista) più di tutti ti ha ispirato nel tuo percorso di musicista?
Ce ne sono molti: da bambino sono cresciuto ascoltando Queen, Iron Maiden e Metallica principalmente. Più avanti ho seguito (fino al 2006) i Muse e i S.O.A.D., oltre a tutta la scena Alternative e Nu Metal. Parallelamente ho iniziato ad ascoltare artisti che ancora oggi rappresentano un punto di riferimento, per me come per i New Disorder: A7X, Alter Bridge, Emarosa, Sevendust, Trivium… Tanto per citarne alcuni.
12) Come ogni grande amore, anche la Musica non è gratis: qual è il sacrificio più grande che la Musica abbia preteso da te?
Rinuncio sistematicamente al mio tempo libero e alle vacanze per dedicarmi alla band, tra prove, sessioni in studio e date in Italia e all’estero. Da qualche parte, poi, ho letto che il musicista è un tipo strano che carica un’attrezzatura da € 5.000 su una macchina del valore di € 500 per fare una data ad un ingaggio di € 50. Credo che questa definizione ben riassuma i sacrifici che tutti noi folli innamorati della musica facciamo ogni giorno.
13) E dopo il sacrificio, la gioia: qual è stata la soddisfazione più grande che hai avuto grazie alla Musica?
Vedere ai concerti dei New Disorder facce che non conosciamo personalmente cantare a memoria le nostre canzoni. Sapere che, nonostante tutte le difficoltà dovute all’essere sempre e comunque una band indipendente, grazie agli sforzi di tutti noi e delle persone che in questo ci aiutano, ci stiamo costruendo un nome e un nostro pubblico che ci segue e che cresce giorno dopo giorno.
Viviamo per questo ed è questo che ci dà l’energia necessaria per andare avanti.
14) I New Disorder sono in tutto e per tutto una band o sono anche un gruppo di amici?
Parlando dell’attuale formazione posso dire che, pur conoscendoci da pochi mesi, mi sembra si stiano creando dinamiche molto positive all’interno del gruppo. Abbiamo età ed esperienze diverse, ma c’è il giusto affiatamento anche al di là dell’aspetto puramente musicale, quindi buone premesse su cui costruire una squadra unita anche al di fuori del palco o dello studio.
15) Non di sola Musica vivono i musicisti… Qual è il piatto preferito che i New Disorder amano condividere quando sono in libera uscita?
Siamo italiani: una bella pizza accompagnata da una birra fresca non ce la facciamo mancare mai!
16) Fran, noi ti ringraziamo per averci parlato un po’ della tua band e della tua grande passione. Ti va di salutarci annunciandoci i prossimi impegni dei New Disorder?
Intanto… Grazie a tutti i lettori che hanno seguito l’intervista fino in fondo, e grazie a tutti i fan che continuano a seguirci da tutta Italia. Grazie a te e alla redazione di LetterMagazine per questo ampio spazio. Saluto tutti ricordando che venerdì 29 novembre saremo on stage al Contestaccio di Roma, per presentare in live la nuova formazione: sarà una grande festa alla quale siete tutti invitati. Vietato mancare!
http://www.youtube.com/user/newdisorderband
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