– racconto e illustrazioni di Mauro Cristofani –
Lunedì. “Se l’amore non dona coraggio non è amore”.
Chissà cosa m’aspettavo, ingenuo fino in fondo. Nuova realtà assurda, non posso accettarla senza uno straccio di speranza. Ieri ho cercato di superare me stesso, sono stato bravo lo riconosco. Tant’è che sono arrivato alla sera, e alla mattina seguente. Mi sento un verme tra i vermi, devo superare questo momento. Bisogna reagire, ma non so come.
Oppure buttarmi in pasto alle circostanze e allora potrebbe succedere di tutto. E non voglio. Tu sembravi non capire che la continua tensione mi stava massacrando.
Cazzo ma alla fine cosa avevo mai fatto di imperdonabile, cosa cosa? Non lo saprò mai. Parole gesti tutto sembrava concordato accettato, anzi provocato e atteso. Ci siamo regalati amore e tanto godimento è stato splendido, punirci per questo? Che inutile gioco al massacro. Ci amiamo ricordatelo, tutto è giustificato tutto è puro. Due anni, uno sputo nell’eternità, ma per noi interminabili e grandi, felicità a piene mani che davo a te e che mi restituivi a mille. Poi una pugnalata al cuore, e via tutto, solo sangue sull’asfalto. Ma io ti amo e ti voglio e tu mi ami e mi vuoi, maledetti che non siamo altro.
Martedì. “Siamo schiavi di chi amiamo come di chi odiamo”.
Concentrazione sul lavoro zero, sempre tu guidi la giostra. Aspettare è una tortura lenta che spezza in due il mio corpo rigido, nessun coltello potrebbe farmi male. E che nessuno provi a dirmi che non torni più che è un rapporto assurdo che non poteva seguitare eccetera, perché prima o poi sentirò uno squillo e la tua voce e ti aprirò la porta e sarai qui per me e solo per me, e io per te e solo per te. Succederà lo so ma non so quando, che sia presto però. E poi via tutto, tutto quello che c’ha macerato l’anima e il corpo. Il desiderio è vivo più che mai, il mio e il tuo, stare lontani non ha senso. Torna e fai presto, presto. Prima che mi venga la paura d’averti perso.
Mercoledì. “Può essere molto pericoloso conoscere i propri amici”.
Sono costretto a risponderti subito, bell’amico esulta, incanti coi tuoi bei discorsi che m’hanno ricordato me di allora, un secolo fa. Tu ora sei quello che io ero e mi costringi a fare un esame di coscienza, crudele e necessario. Eppure dentro sono ancora il ragazzo che cercava la verità, quella per vivere e quella per amare, sono ancora lui, la sostanza non è cambiata. Guardo quel ragazzo lontano e provo tanta tenerezza perché quel ragazzo confuso ma sincero sono io, le cose buone che c’erano ci sono ancora e ci saranno sempre. In fondo ero già quello di oggi, un vecchio bambino bisognoso d’una spalla su cui piangere.
Giovedì. “Una nuova persona è per me un grande vento, e m’impedisce di dormire”.
Stamani un automobilista è venuto a sbattermi contro, schiumava dalla rabbia e l’avrei picchiato ma era più grosso di me. Ma poi chi se ne frega della macchina, è lamiera. Arrivata tua email. Penetrare nel mondo d’una persona intelligente emoziona sempre, ravviva il corpo spento. Ci scambiamo frasi di reciproca stima, si stabilisce un feeling. Parliamo a ruota libera, è un patto consenziente e tacito. Via le belle forme e i rigiri ambigui di parole, via l’estenuante giocare a rimpiattino lucidando l’ego per dargli falsa luce, via la parte morta della vita e avanti il vero vivere. Un po’ d’intelligente ironia e perché no?, qualche bella frase a effetto, esibizionismo sano che dà un po’ di sapore. Comunicare con te fa bene alla salute. Perché il piacere sia completo metto piano la vecchia ballata che piace a tutti e due, struggente e sensuale come la prima volta che ti vidi mi apparisti tu.
Giovedì. “Doloroso è il ricordo del tempo felice, nella miseria”.
Ora mi occorre la calma di un lago, via dal frastuono via da tutto. Poi una capatina nella vicina città a cui parvi un enfant génial e un po’ lo ero, che stagione fu quella. Promesse ricche e mantenute, un’esultanza di vita.
Venerdì. “Il primo tentativo di chi vuol essere poeta è di conoscersi, interamente; egli cerca la sua anima, la ispeziona, la tasta, la impara; e, non appena l’ha imparata, deve coltivarla”.
Single, per scelta. Mi occorrono spazi vitali e silenzi creativi, vagare nudo per la casa, piangere quando ho voglia di piangere. Mi sono autoeletto l’amico migliore. Essere cosciente che da un altro non ci si può aspettare più di tanto non mi sconvolge, anzi, rende più intimo e tenace il rapporto con me stesso. Non sono un cinico, solo realista. Per vivere fa molto comodo esserlo. Ho sempre amato l’amore ma preferisco amare che essere amato, è più esaltante. Amori e amoretti, vissuti intensamente ma sfuggenti e mai finiti. Qualche volta, specialmente di sera, la solitudine m’illanguidisce un po’, ma passa. La notte dormo profondamente. Era tutto così, prima di te.
Sabato. “Dove sei dove sei/ perché non qui/ perché devo scrivere o cantare per averti vicino/ ed intanto non ti posso neanche toccare/ non ti posso né toccare né baciare…”.
Vieni non ce la faccio più, vieni presto. Non ho niente da perdonarti, non hai niente da perdonarmi. Non ti porto rancore per quel gesto, che m’importa di lui, è solo un’ombra fatta d’aria, non esiste. Noi due siamo soli al mondo. Scordiamoci parole cattive e tradimenti, erano solo amore, tutto fra noi era amore. E ti rivoglio perché ne ho bisogno, tutto il resto vada a farsi fottere se tu non ci sei, la forza vitale me la puoi dare solo tu. Ci abbracceremo senza dirci nulla e poi faremo l’amore, perché è di questo che abbiamo bisogno.
Domenica. “Mi fanno ridere gli oceani/ coi loro fondali verdi/ prego di non andartene”.
Sei tu dietro la porta e fra le mie braccia, tue mani che mi cercano e io ne vorrei cento per sentirti in un momento solo, puoi saziarti finalmente e io ho milioni di cellule da far esplodere in te. Difendiamoci da chi vuole dividerci in due corpi inutili.
Si ringrazia Micaela Lazzari per l’editing.
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