di Maria Cristina Impagnatiello
Da Pisa a San Miniato sono 36 minuti 19 secondi perciò arriverò alle 19:34 e 24 secondi scenderò dall’uscita anteriore perché quella posteriore è bloccata la signora accanto a me aveva provato ad entrare da lì sì proprio a Pisa ma è rimasta fuori è tornata indietro ora mi guarda vuole chiedermi qualcosa ha gli occhi rotondi marroni li apre così tanto che sembra non riesca a mettermi a fuoco poi si gira e fissa i campi che scorrono come in un film pellicola usurata è quasi finita troppi percorsi troppi viaggi t r o p p e partenze andata ritorno andata e ritorno forse non torno sono stanco
quando scendo dicevo dall’uscita anteriore vado dritto a casa ma prima mi fermo all’alimentari sotto casa dritto a casa sotto casa c’è l’alimentari mezzo litro di latte e i biscotti panna e cioccolato mi piace la parte al cioccolato poi vado a casa sì dritto a casa e mi guardo un film poi dormo divano letto lo ammetto amo la mia casa solo è troppo grande troppe mattonelle tutte uguali troppe per me settecentottantaquattro mattonelle vorrei contarne settecentottantatré almeno una volta e invece no sono solo troppo solo
gira gira gira c o r r e e gira ma io sono fermo seduto al 16A al 16C c’è la donna con gli occhi marroni e rotondi al 17A c’è un uomo piccolo ha le gambe corte e magre il viso aquilino appuntito come quello di un’aquila ma non reale un’aquila giovane poco loquace non parla ma tace ha nella mente un pensiero contorto lo vedo è distorto ruota gli occhi stringe le labbra sottili il 17C è vuoto
corri treno corri io sono fermo ma tu corri ormai sono fermo legato spacciato il mio cuore è annegato il ricordo di lei è offuscato le gambe lunghe e abbronzate mi circondavano come rami intorno a un tronco campi e alberi scorrono attraverso il finestrino le sue labbra avvolgenti il suo odore di sale è solo un miraggio lontano annebbiato lei sottile e sinuosa come un serpente marino
che gira gira corre e gira corri treno corri invece rallenti sento le ruote scivolare sulle rotaie e lentamente fermarsi fer-mar-si arriverò
uno d u e t r e q u a t t r o c i n q u e
secondi più tardi e di più non posso più calcolarlo è tutto finito capisci tutto finito anche questo treno è stanco come me di andare avanti un metro dopo l’altro una mattonella dopo l’altra è stanco e si ferma come me la gente intorno a me si alza si risiede impaziente di arrivare ma dove vuole andare tutto è sempre uguale niente cambierà più non ha più senso acqua ho bisogno di acqua mentre abbandono il mio posto il 16A e cerco un bagno uomini e donne ugualmente inariditi borbottano parole e commenti solo in Italia è tutto consentito è inaudito ho fretta mio marito a casa mi aspetta devo preparare la cena ma quando riparte siamo in campagna non prende nemmeno il telefono non posso chiamare cerchiamo il controllore si potrà uscire a fumare cerco un bagno lo trovo entro acqua sul viso sui polsi intorno al collo mi avvicino allo specchio gli occhi arrossati la pelle pallida lei non lo saprà mai lei non saprà mai cosa c’è dentro cos’ho da dare come potrei trasformare la sua vita no non lo saprà mai è svanita come una boccata di fumo al soffio del vento sono solo un uomo privato del suo vizio t r o p p o è lo spazio che mi circonda i pensieri rimbombano e sono ancora fermo siamo tutti fermi tra campi alberi e rotaie
l’ho persa penso l’ho persa dico l’ho persa urlo ma nessuno mi vede nessuno mi ascolta urlo ancora una volta ma la gente è impegnata a fissare il proprio ombelico torno al mio posto ma non c’è nessuno al 16C nemmeno al 17A sono tutti in piedi camminano avanti indietro senza sapere dove andare cosa fare altri sono fuori i loro piedi calpestano la breccia bianca riesco a vederli attraverso il finestrino ci sono anch’io fra loro il mio riflesso sospeso
fra ciò che è dentro e ciò che è fuori la mia immagine non mi appartiene non sono io è solo ciò che la mia mente vuole mostrarmi un riflesso sfocato informe e solo
e quel cuore più non risponderà alla mia voce esultante e afflitto tutto è finito e il mio canto risuona nella notte vuota ove più tu non sei sono versi lontani sedimentati in un angolo remoto della mia coscienza vorrei dirti addio venere muta ma non riesco a staccarmi di dosso il ricordo della tua pelle attaccata alla mia resto ferito qualcosa nel vagone 2 e sanguinante è successo qualcosa nel vagone 2 grida e sbarra i suoi occhi rotondi la donna del 16C le persone hanno fame di notizie che possano far dir loro di essere state lì quand’è successo sì io c’ero siamo rimasti fermi in campagna senza sapere cosa stesse accadendo è così che è andata poi è arrivata la polizia osservo i lampeggianti e ascolto le sirene avvicinarsi c’è qualcosa c’è qualcuno che è morto qualcuno è morto assassinato nel vagone 2 qualcuno è morto
e non sono io. Non ancora.
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