Gilla e Giò (omaggio bestiale al film Gilda)

 

– racconto e illustrazioni di Mauro Cristofani –

Per me un osso è sempre un osso ovunque si trovi ma è meglio darmela a gambe levate, in giro c’è brutta gente. Un cagnaccio mi sbarra la strada, espressione ottusa e violenta, mi sta per saltare addosso ma lo ferma una punta metallica che scatta da un bastone.

-Vattene, lascialo in pace! – voce d’uomo ferma e decisa.

Le scarpe lucide sono alla mia altezza e le noto subito, in alto il resto è quello d’un uomo distinto vestito di scuro, sciarpa e guanti bianchi. Dietro di lui c’è un ragazzetto dall’aria ottusa, si fa una canna.

-Questo è il mio amico fedele – dice il tipo ammiccando il bastone appuntito. -Sta zitto quando voglio che stia zitto e parla quando voglio che parli.

Idea davvero singolare sull’amicizia. Ma che ci fa uno così in questo quartieraccio, ma… bando alle meditazioni filosofiche.

Bau bau riconoscente do una leccatina alle sue scarpe, l’uomo sembra apprezzare.

-Vieni, andiamo via da qui – sua fuggevole carezza.

Il rimescolìo che m’invade somiglia alla felicità, saltello e piroetto.

L’uomo saluta il ragazzo, quello gli punta il dito medio ma non lo vede perché è chino a leggere sulla medaglia che mi pende dal collare.

-Ti chiami Giò… è il destino che ti manda.

Non so che vuol dire e non m’importa.

-Io sono Bàlin, saremo ottimi amici.

Dalla realtà più squallida intravedo un futuro radioso.

-Andiamo! – e io lo seguo.

 

Larghe vie palazzi signorili macchine di lusso, tutto bello e ordinato.

L’uomo si ferma in fondo a un viale, uno dopo l’altro s’aprono tre cancelli, camminiamo fra siepi di pitosforo e mortella.

Ecco il servitore ossequioso ma con modi familiari, ha uno sguardo sbilenco e incuriosito.

-Sadorè, abbiamo un nuovo amico.

L’uomo scompare su per una scalinata, miei timori improvvisi… Infondati!

Calda immersione nella schiuma giochetti con bolle di sapone fiducioso benessere. Pettinato e lindo, eccomi all’antico splendore di bastardo dalle belle forme.

Confesso: sono una canaglia passionale geloso collerico, però mi piaccio. Fottiti passato, mica male ricominciare da qui.

 

Polpette di interiora mescolate a bocconi di carne e osso magnifico da rosicchiare per dessert, ricco pasto memorabile per bestia affamata. Poi soffice cuccia, sonno profondo e infinito.

-Ma che bel cagnolino si nascondeva sotto la polvere! – voce di Bàlin che mi sveglia. Scodinzolo, bau bau un po’ arrugginiti. Lui già tutto elegante sembra eccitato.

-Bravo Sadorè, l’hai rimesso in carreggiata, ora insegnagli le buone maniere. Domani dovrà far bella figura davanti alla nostra reginetta.

Linguaggio in codice e fra i due sorrisetto d’intesa, ma sono ancora troppo stanco per pensare.

 

Più tardi, visita alla magione. Sale salette grandi volte colonne lampadari lucenti broccati ricchi arredi, tutto Jugendstil. Me ne intendo, in un’altra vita conobbi una casa simile.

-Ogni stanza ha un suo scopo e un suo colore – spiega Sadorè.

Quella di Bàlin è d’un perlaceo malaticcio e profumata d’incenso, poi…

-Questa è la stanza della reginetta, domani la conoscerai – Sadorè è sfuggente davanti a una porta serrata.

I giardini sono tre, uno con lauri camelie e melograni uno con gigli calle e tuberose uno con tulipani peonie e ranuncoli, tappeti di colori mescolati con sapienza. Tempietto ovale in mezzo.

-È il Chameleon, Mr. Balìn ci si chiude a sentir musica quando torna dai viaggi, magari in compagnia di ragazzi che si porta dietro (servitore un po’ blasé).

 

Oggi vedrò la famosa reginetta, indefinibili emozioni. Trotterello dietro Sadorè. Porta socchiusa profumo che conosco bene, e una canzone sentita mille volte…

 

Amado mio

torni dal passato

amore amato

sei sempre in me

 

Pigra viziata traditrice, irresistibile… Gilla!

Ancora e sempre lei sulla mia strada lei a sconvolgermi la vita lei che speravo d’aver dimenticato, eccola a strapparmi dall’oblìo togliendomi la pace, lei come un pruno dilaniante conficcato nel mio cuore.

La porta si spalanca, ecco la bella impertinente. Gira lentamente il capo e mi guarda, affascinante batuffolo di pelo rosa dagli occhi trapuntati di stelline che s’accendono e si spengono per portarmi in cielo e poi buttarmi giù.

-Questo è Giò e lei è Gilla – Bàlin fa gli onori di casa. – Cancellate l’avversione imposta dalle vostre due nature, ne sarò felice.

Ben altro in passato me e Gilla ha diviso, mio signore.

Lei immobile e statuaria sul suo puff, impassibilità gattesca. Scintillina che sprizza dai suoi occhi, ma solo io posso vederla.

 

Padrone in viaggio, servitore guardingo.

Avvicinamenti progressivi fra lei gatta e me cane. Flebile bau bau miagolìo stridente, si sottrae. La seguo nel primo giardino e nel secondo, nel terzo abbaio risentito. Desisto, difendo ciò che resta della mia dignità.

La evito, del resto non esce quasi mai dalla sua stanza.

Rapporto che ha preso una cattiva piega, Sadorè scuote il capo. Mi preoccupo, ne va del mio soggiorno in quella casa. Fregatene del passato mi ripeto, fingi cordialità e inghiotti l’orgoglio, devi riconquistarla a ogni costo.

Forse ha pietà di me e m’aiuta, gattona che s’avvicina con l’aria seducente d’una volta. Mi strofina sul muso le vibrisse, un dì gesto irritante e ora gradito, riprendiamo vecchi giochi d’amore.

 

Felicità ritrovata che dura poco, torna Bàlin e Gilla si dilegua. Né padrone né servo vedo turbati, s’aggirano seri e distratti fra casa e Chameleon.

M’avvicino al tempietto, dentro luci soffuse e la canzone di Gilla…

 

Amado mio

godiam quest’ora

che c’innamora

ma svanirà

 

Resto un po’ acquattato nell’ombra, ma non resisto e apro la porta. Su un cuscino trapuntato d’oro Gilla è arrotolata insieme a un gatto enorme e bruno.

Indietreggio, colpito al cuore abbaio rauco e dal di dentro mi scatta l’antica feroce gelosia, ma scappo fuori per non fare un macello. Sono un pazzo che corre per tutta la città, senza ragione e senza meta.

Torno a guaire nel giardino dove io e Gilla c’eravamo amati.

Vedo una finestra illuminata, Bàlin guarda la luna e Sadorè gli appoggia il capo sulla spalla… In questa notte degli amori non mi sono mai sentito così solo e disperato.

Distrutto nel corpo e nella mente, sprofondo in un sonno popolato d’ombre e di paura.

 

Tutto pare tornare come prima nella casa. Gilla m’incontra rallenta i passi e mi guarda con uno strano sguardo che non le conosco. Il suo è un sottilissimo miagolìo di saluto che mi lascia il cuore liquefatto.

Scomparso è il gattone bruno, il Chameleon si rianima con gli amici di Bàlin.

Dunque era finita l’ennesima passioncella della perfida gatta. E più il tempo passa più appare mite e quasi umile, stelline degli occhi che hanno perso il brillìo malizioso sguardo tenero sempre più indefinibile.

Sono spiazzato, non so più chi è veramente la miciona tonda che ingrassa a vista d’occhio muovendosi lenta per la casa, che pacificamente scuote il capo alle mie profferte amorose, che dolce sorride e felpeggiando se ne va.

 

Giorno dello scompiglio, Bàlin e Sadorè concitati vanno e vengono dalla stanza di Gilla. Sento un’altra emozione approssimarsi ma questa volta non la temo.

Attesa sospesa, sembro calmo lì nella mia cuccia ma dentro ho un tumulto indescrivibile, tempo che scorre infinito.

-Andiamo a festeggiare la nostra reginetta! – le mani di Bàlin gioiose m’afferrano.

Adagiata sul puff coi suoi cuccioli, Gilla è una mamma felice. Campassi cent’anni, non scorderò mai l’infinita tenerezza del suo sguardo. Ora capisco che il bisogno di maternità le aveva imposto, per potersi avverare, d’accoppiarsi con un suo simile.

L’idilliaco clima è interrotto dal gattone bruno che balza nella stanza con un miaoooo gutturale e terribile, ma Sadorè lo mette in fuga e torna la calma di soffusi affetti.

Sono accanto a Gilla e ai suoi piccoli, famigliola felice. Colloquiano i nostri cuori finalmente pacificati, suoni dolcissimi che solo noi due possiamo udire.

Vedo Bàlin e Sadoré andare al grammofono, avviare una struggente melodia…

 

Amado mio

godiam quest’ora

che c’innamora

e mai finirà

 

Si ringrazia Micaela Lazzari per l’editing.

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