Il Gatto e la Micina

– racconto e illustrazioni di Mauro Cristofani –

(Personaggi: Madame, un bonzo, Monsieur, Lisette, il gatto Napoléon)

Prete buddista: molto ossequiato da Madame, parla, parla senza mai fermarsi incoraggiato dai gesti d’assenso di lei ascoltatrice adorante e senza condizioni.

Monsieur: siede sulla sua poltrona, aria fra distratto e irritato a seconda dei vari atteggiamenti di lei e della piega che prendono i discorsi. Monsieur non è geloso di Madame, lo infastidiscono le sue esaltazioni per un’idea improvvisa, un nuovo progetto, una persona appena conosciuta e il bisogno urgente di farne partecipe qualcuno (preferenza a persona paziente capace d’ascoltarla). Poiché Madame ha un altissimo concetto di se stessa, le capita d’avere l’irritante sensazione d’essere incompresa, ma quando un nuovo entusiasmo la travolge, un interlocutore disponibile occorre al più presto e costui non può essere Monsieur, interessato soltanto alle corse dei cavalli (quell’essere trattata dal consorte con troppa sufficienza è sempre stato un pungolo ficcato nel suo cuore che ora però le fa assai meno male, rapita com’è dalle affascinanti filosofie orientali con vite infinite in varie forme in varie dimensioni teorie consolatorie di cui vuole saper tutto, vorace e insaziabile).

Madame e il bonzo s’erano incontrati in una rustica brasserie molto alla moda e parlati con chissà quale pretesto, scattata all’istante sotterranea intesa un feeling derivato da misteriose affinità elettive sulla cui esistenza da lì furono entrambi pronti a giurare o spergiurare.

Senza ascoltatori né seguaci

senza mai saper che fare

disperso lui

nell’anonimato cittadino

lei sempre in cammino

per sedurre

o farsi conquistare

 Seguìta a quell’incontro amabile conversazione a tavolino di bistrot valzer musette in sordina liquorino molti sorrisi moine e sguardi accattivanti, a vicenda adulandosi. Quindi telefonate (interminabili se chiamava lei) incontri per accidente apparente (architettar con cura…), infine invito a un tè da Madame (bonzo esultante!).

“Giungerete a un castelletto con l’insegna di drago” aveva detto lei con malcelato orgoglio di casta, sguardo lontano dito della mano a spinger dentro il doppio mento.

Orbene eccoli ora qui, salotto profumato ricco di cuscini di seta vasi d’ortensie cinerine deliziosi mobili Liberty luce soffice ombreggiature prudenti d’abat-jour, due conversatori compresi in una discussione appassionata e un po’ sfibrante.

Nella sua poltrona Monsieur posa da ascoltatore ma oculatamente nel tempo ha sviluppato un metodo tutto suo per sonnecchiare a occhi leggermente socchiusi (Madame lo sa e se ne guarda bene dal chiamarlo in causa). Anche quel pomeriggio sarebbe passato senza fare danni ma era per lui una pena vederla sì accaldata alle prese con quel tale che pontificava senza posa con gesti plateali su improbabili teorie spiritualistiche e presunte verità.

Col trucco delle grandi occasioni

desiderabile Madame che fu

fresco coiffeur unghie laccate rosse

repertorio di smorfie naso in sù

e fastidioso e patetico

qualche colpo di tosse

 Solidale del tutto con Monsieur il gatto Napoléon sbadiglia s’annoia illanguidisce, niente cacciar farfalle ma far solo l’animale domestico che è, genio amabile protettore della casa di cui è padrone e elegante prigioniero. Lampi insoddisfatti saettano nel suo sguardo obliquo si vede che s’annoia si sente da certi suoi miagolii intrisi di malinconia, acciambellato su se stesso chiude fra le piume morbide il suo spleen. Impagabile saggio sa che il modo migliore per vincere la noia è ronfare e non dormire cercando vortici di felicità inarrivabile o fingere di contemplare il volo d’una mosca un ramo mosso dal vento un gesto banale improvviso purché il tempo possa scorrere, stanco e inutile. Si lascia vivere così nel mondo chiuso scelto come dimora, sovrano intoccabile e scontroso.

Le sei annuncia la pendola ed ecco che il gatto spunta dietro la poltrona di Monsieur, gli si struscia ai calzoni e mosso da irrefrenabile gattesco egocentrismo esce allo scoperto con un miaoooo formidabile felpando mollemente sul tappeto e mostrando la propria magnificenza di gattone argentato, superbamente annunciandosi.

Occhiatina distratta di Madame e bonzo con la bocca semiaperta, Madame è irritata dall’intruso ma il bonzo s’alza in piedi di scatto indicando il felino come fosse l’apparizione d’un fantasma evocato ed esclama:

-Guardatelo, eccolo nell’ultima dimensione sua prima di rinascere come uomo!

Effetto giusto prodotto dalla sortita su Madame che fissa il gatto come se lo vedesse per la prima volta, estasiata e annichilita.  

Napoléon che gradisce solo ammirazione e non quell’esagitata attenzione su di sé inalbera la coda per protesta gira le zampe e va all’uscita, per oggi addio cerimonietta del tè con pasticcini addio deliziosi momenti in cui s’odon soltanto tintinnii argentini di cucchiai e tocchi musicali sulle porcellane insieme a poche sillabe innocue pronunciate qua e là con noncuranza, dissolte rapidamente nella sera. Si volta un’ultima volta prima di varcar la soglia guarda le sagome nella penombra con un soffocato miao di profondissima commiserazione per Madame e disprezzo per il bonzo, poi cenno rispettoso al pacifico Monsieur, da filosofo a filosofo.

Prima di varcare la soglia dell’uscita non può evitar d’udire “I gatti vivono fra noi e attentamente imparano ad assomigliarci”. Si volta, e guardando l’ometto calvo dalla bocca che sbrodola schiuma bianca il corpo d’uno sfasciume rivestito di scuro da cui due braccia esagitate cercano di svincolarsi segnando nell’aria confusi logaritmi, pensa “Che imbecille!”. Lui gatto mirabile quasi grandioso avrebbe dunque dovuto somigliare a un individuo di tal fatta?, ohibò. Spoetizzato da tanta volgarità Napoléon decisamente si defila, zampetta fuori alla porta d’ingresso e

acciambellato sui gradini

di porfido rosato

il gatto in amore

vuol star vigile

proteso all’ombra

a ogni vago rumore

Saluto del ragazzo François che passa in bicicletta brusìo di voci laggiù nel boulevard suono del portalettere alla maison vicina gridolini di scolari in libera uscita che s’accalcano nella brasserie stridìo di freni sul selciato canto d’uccello nascosto fra i rami di camelia… passi deliziosi di fanciulla canterellare. Lisette!

Lisette Lisette e il gatto torna a vivere, Lisette visione che s’avvicina immagine di sogno armonia di movenze sublime incedere di tenera colomba, Lisette alito che rigenera è accanto a lui, insinuante e tenera e lui rapito si lascia lievemente accarezzare, estasi gattesca umanamente inarrivabile.

Ora segue la scìa odorosa d’aromi celestiali, tacito accordo e richiamo, cerimonia intima e segreta.

Passa davanti al salotto intravede stessa scena dei due conversatori affannati e Monsieur sopraffatto dal sonno, ma adesso a ben altro è proteso.

Lisette ha salito le scale e la immagina nella sua cameretta sdraiata sul letto sognante di fanciulla. Sosta un istante, indeciso. Azzarda un gradino poi un altro poi un altro e poi ancora più su, entra attraverso la porta dischiusa, la vede. Lisette piange, bella e infelice, il viso fra le manine come a proteggersi da un nemico ignoto, eppur temibile. Lisette Lisette… Lisette gonna scomposta sulle gambe nude mossa lievemente dai singhiozzi, Lisette bottoni dello chemisier slacciati, Lisette lunghi capelli sparsi intorno al viso, Lisette Lisette Lisette… Lisette così bella e invitante.

-Miao…

Un richiamo, un sospiro.

-Miao…

Un lamento, quasi una supplica.

Lisette lo vede, il pianto si dissolve, sorridono gli occhi sfiorati da una luce sottile d’umida opalina. S’allunga sul pavimento, lo prende, lo stringe fra le braccia e sul suo cuore e tutto all’intorno si rischiara, svanisce la malinconia.

Ora l’abbraccio s’è sciolto, supina e con le mani aperte ella giace abbandonata, corpo morbido e ansante percorso dagli ultimi bagliori filtrati dalle trine.

Il gatto avanza vittorioso sulle dune lievissime di carne sosta nelle tenere valli felpeggia lievemente gustando il sottile sapore dell’attesa. All’orlo setoso della gonna si ferma, brevemente esitando, ma gli sguardi s’incontrano e quello di Lisette è dolce e volitivo… Nella penombra risuona un gemito di resa.

Proteso alla conquista degli agognati profumi di cui si stordirà, il gatto affonda il capo nello spiraglio aperto della gonna, ingordo e insaziabile. E sente, appena percettibile e lontano, mormorare in un soffio:

-Napoléon, oh oui!…

 

Si ringrazia Micaela Lazzari per l’editing.

 

 

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