Ragazzi, se c’è un posto dove non ci si annoia mai, è il cimitero. Sono qui a testimoniare che c’è vita oltre la morte, ma non la vita eterna di cui parlano i preti, a bruciare all’inferno o a dire il rosario in paradiso. C’è vita proprio come la intendete voi, sex drug and rock’n’roll. Va bene, lo ammetto, col sesso noi defunti abbiamo qualche difficoltà, però si può dire che siamo specialisti in quello orale: ne parliamo continuamente. In quanto alla droga… crescono certi funghetti, all’ombra dei sepolcri, che voi umani eccetera eccetera. E al rock’n’roll provvediamo spesso: ci piace organizzare festosi raduni e chi ha ancora qualche osso attaccato insieme, balla. Io sono morto nel 1941 e il boogie-woogie l’ho imparato proprio al cimitero, dai soldati americani che sono venuti a crepare in questo schifo di paese.
Devo ammettere che non in tutto il cimitero ci si diverte così tanto: quelli delle tombe di famiglia non fanno vita sociale e dormono sempre, ma noi della fossa comune siamo uno spasso. Io ci sono finito per età, e mia nipote invece perché si è suicidata e le è stata negata una sepoltura cristiana. Per sua fortuna: poverina, già era depressa… Ma qui con noi ha ritrovato il suo buon umore. E anche la sua maestra delle elementari, che ogni tanto, nel dubbio, la interroga sui congiuntivi, perché non diventi un’analfabeta di ritorno. Noi trapassati guardiamo spesso la televisione a casa di Boris, il custode, e ci viene male a sentire lo scempio che viene fatto della nostra bella lingua, così ci teniamo in esercizio, rubando la Settimana Enigmistica alle vecchiette che vengono in visita.
Quest’anno a mia nipote è venuto in mente di festeggiare Halloween. Ha detto che è il nostro anniversario e dovevamo fare qualcosa di speciale, così si è riunito il Consiglio degli Anziani e le varie proposte sono state messe ai voti. Siamo arrivati al ballottaggio, tra la tradizionale sbronza con la vodka del custode e la passeggiata in centro proposta dal nostro Aristogitone, ex professore di storia nel Regio Liceo Ginnasio. Per non far dispiacere a nessuno, si è deliberato di fare un giretto in centro, con qualche tappa nei luoghi storici più significativi, e di concludere la serata dando fondo alle provviste alcoliche del nostro Boris, che tanto la vodka se la distilla da solo. Sul cancello del cimitero mia nipote, che è una ragazza elegante e ci tiene a fare la sua bella figura, ha passato in rassegna tutta la compagnia e ha rassettato come poteva le nostre misere vesti. Il mio doppiopetto gessato avrebbe bisogno di una stirata e l’uniforme del Generale ha perso qualche mostrina, ma secondo quelli che se ne intendono, il costume che va più di moda per Halloween è quello da zombie, e noi modestamente siamo imbattibili.
All’ora fissata, ci siamo incamminati verso il centro. Il Generale è da badare, è morto in avanzato stato di Alzheimer e spesso lo troviamo in giro fra le tombe mentre cerca le sue truppe, ma crede che io sia il suo attendente e con le dovute maniere riesco a contenerlo. La partenza è stata in suo onore, gli abbiamo permesso di fischiettare una bella marcetta, e passi se quel vecchio suonato ha scelto “Il ponte sul fiume Kwai”. Fa allegria… E poi, siccome ci sono sempre i soliti che non riescono ad aspettare il fine serata per uno shot, lungo la strada sono spuntate anche le riserve alcoliche, e alle porte del centro eravamo già molto allegri.
La prima tappa era un circolo dove uno degli amici, da vivo, passava le sere a giocare a carte. Voleva vedere se c’era ancora qualcuno che conosceva. L’aspetto esterno ci ha un po’ preoccupato, non ricordavamo circoli con le sbarre alle finestre e un paio di buttafuori muscolosi e armati sulla porta, però… Non veniamo in centro tanto spesso ed eravamo curiosi. A noi defunti le sbarre e i lucchetti danno poco fastidio e siamo entrati senza problemi, facendo irruzione in una sala piena di fumo in cui si giocava pesante. Il circolo era diventato una bisca clandestina, e su quei tavoli si perdevano i profitti dei traffici più loschi in città. Quando i giocatori hanno visto entrare una folla di zombie si è sparso il panico e sono scappati abbandonando le fiches. Già, non giocavano coi soldi veri, ma con una specie di banconote colorate come quelle del Monopoli, chiamate euro… Erano veramente carine e ce ne stavamo mettendo qualcuna in tasca per ricordo, quando sono arrivati i buttafuori a spararci addosso. Che maleducazione, il mio abito da cerimonia non aveva bisogno di altri buchi.
Lamentando lo scarso senso dell’umorismo dei moderni giocatori di carte, abbiamo proseguito verso il centro, con sosta in un altro circolo dove, sosteneva qualcuno, era rimasto tutto come una volta. Io non ne ero molto convinto, visto che il suo funerale era stato celebrato poco dopo il mio, ma non mi sembrava carino contraddirlo, visto il foro nel cranio che gli avevano procurato quei simpatici buttafuori. E purtroppo avevo ragione: il suo circolo “come una volta” era diventato uno di quei bar da fighetti che chiamano lounge, dove si bevono gli aperitivi e si suona una musichetta che sa di plastica. Quando siamo arrivati noi, il tasso etilico del locale era già molto elevato e i clienti erano mascherati per Halloween, quindi tra finti e veri zombie non c’era molta differenza. A parte l’odore, naturalmente: noi della fossa comune non facciamo la doccia molto spesso. Confusi tra la folla ubriaca e festosa, abbiamo prosciugato un’autobotte di spritz e siamo andati via senza pagare. Ecco una delle cose più divertenti che si possono fare da morti.
Rincuorati, siamo arrivati nella piazza principale intonando brani d’opera. Modestamente io, da vivo, cantavo nel coro del teatro lirico e ho ancora una bella voce, così sulle note di “Va, pensiero” il nostro concittadino più illustre ci ha trascinato sotto al suo monumento, in mezzo alla piazza. Che palle, ogni volta che si va in centro Aurelio ci porta sempre lì, ma è anziano, bisogna compatirlo. E lì ci siamo accorti di aver perso il Generale. Mia nipote, che è la più giovane e ha ancora tutte le ossa intatte, è tornata indietro a cercarlo e lo ha trovato mentre cercava di far marciare in formazione compatta un gruppo di ragazzini ubriachi, minacciando di spedirli in trincea. Lo abbiamo portato via prima che la banda di piccoli teppisti gli smontasse a una a una le poche ossa rimaste.
Purtroppo ogni volta che mia nipote mi porta in centro ci rimango sempre peggio. Che desolazione… Negozi chiusi, saracinesche sbarrate, cartelli di Vendesi e Affittasi, Compro oro, agenzie interinali e banche. Non è rimasto altro nella città in cui sono vissuto e che ho tanto amato. Un centro così triste l’ho visto solo in tempo di guerra. Anche i miei amici si stavano buttando giù di morale, e per tirarli su mi è venuta un’idea. Da giovani, quando alzavamo un po’ il gomito e ci veniva voglia di scherzare, avevamo un divertimento che non costava nulla e dall’effetto assicurato: suonare le campane di una chiesa. Noi eravamo in piazza e potevamo fare le cose in grande: davanti a noi c’era la basilica della città, un’abbazia che risale all’anno Mille e che si è salvata miracolosamente da terremoti, incendi e bombardamenti. E lì è stato veramente bello. Abbiamo suonato le campane tanto a lungo che sono arrivati tutti, pompieri, vigili urbani, carabinieri, poliziotti, a cercare gli autori dello scherzo senza trovarli. Se c’è una cosa che riesce bene a noi defunti è non farsi beccare. Solo il Generale stava per essere catturato: quando ha visto il dispiegamento di forze dell’ordine ha creduto di aver ritrovato finalmente le sue truppe ed è andato loro incontro con passo marziale, ma prima che qualche poliziotto tentasse di mettere le manette a uno scheletro, mia nipote lo ha portato via avvolgendolo in un lenzuolo.
I quotidiani locali hanno parlato per giorni delle campane dell’abbazia che la notte di Halloween si sono destate da sole e hanno suonato fino al mattino, e ognuno ha voluto dare all’evento il suo significato. Per i preti, naturalmente, è stato un segno divino per riportare la città alla devozione e alla preghiera. Per la Lega sono stati gli extracomunitari. Il PD si è diviso in due fazioni: una parte ha dato la colpa a Renzi e l’altra a Bersani. Qualcuno dice che è stato l’estremo tentativo di D’Alema di fare qualcosa di sinistra. Il sindaco l’ha presa come un’offesa personale e ha giurato che, se prende i colpevoli, li appende ai lampioni della piazza per le orecchie. Gli ambientalisti hanno dato la colpa alla zona pedonale che secondo loro è troppo piccola, gli automobilisti dicono che sono stati i ciclisti, troppo indisciplinati in questa città, e i ciclisti si rimpallano la colpa tra le varie squadre rivali. Se ne parlerà almeno fino a Natale, a mio parere, quando incomincerà la tradizionale discussione sugli addobbi della Piazza, che non vanno mai bene a nessuno. Se il sindaco ci dà mano libera, quest’anno ci pensiamo noi defunti a fare l’albero. Siamo pronti a stupirvi con gli effetti speciali.
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