Lettera ad Amleto

 

 

amleto

Mio adorato figlio,

scriverti questa lettera è, forse, per me un’altra colpa da aggiungere alle tante che hanno macchiato la mia vita.

Perché so che i segreti che sto per rivelarti dovevano giungere a te molto tempo fa oppure esserti taciuti per sempre.

E so anche che sarebbe infinitamente più giusto che io avessi il coraggio di parlarti guardandoti negli occhi, ma sono proprio i tuoi occhi che mi fanno paura e mi negano il coraggio di affrontarti mentre ti svelo le mie abominevoli azioni.

Ma la speranza di evitare altre tragedie, dopo la morte del nobile Polonio e della dolce Ofelia, mi ha dato finalmente il coraggio che la mia sventurata anima non aveva mai trovato in tanti anni.

Molti a corte hanno discusso della tua pazzia, vera o simulata che sia, dandone le più svariate valutazioni.

Io ho sempre saputo che questa tua pazzia, vera o falsa (e non è il simulare la pazzia già un indice della pazzia stessa?) era una pazzia contro.

Contro di me, tua madre, e contro il mio attuale sposo.

E Dio sa che per le nostre nefandezze entrambi dovremmo avere contro non solo te, ma l’intero universo, ormai insofferente alle nostre gravi colpe.

Contro di noi per vendicare la morte del mio primo consorte.

Io non so, e a questo punto devi credermi, se il mio primo consorte sia stato ucciso, dall’uomo che ogni notte giace con me o da un suo sicario, oppure sia giunto prematuramente, ipotesi improbabile, ma in modo naturale, alle nere porte della morte.

Non lo so, e questa è un’altra mia colpa, perché mai ho voluto sapere, perché mai ho trovato il coraggio di conoscere una verità che avrebbe potuto rendere ancora più insonni le mie notti.

Questa verità da cui io mi sono tenuta lontana sembra, a giudicare dal tuo comportamento, in tuo possesso.

Come tu sia arrivato ad avere questa certezza – probabilmente qualcuno che sapeva, qualcuno che ha avuto una parte nel nefasto progetto, ti ha rivelato tutto per denaro o per pietà nei confronti della tua condizione di figlio o per rivalsa nei confronti dell’attuale sovrano, gravando sulle tue fragili spalle il crudele peso della consapevolezza – poco importa.

Però chiunque sia stato a rivelarti il vero, l’uccisione del mio primo sposo, ti ha anche messo, senza saperlo, su un cammino sbagliato.

Tu, o sventurato principe, non potrai mai vendicare la morte di tuo padre!

Non potrai farlo perché il tuo vero padre, colui che attraverso il suo seme e il mio ventre ti ha generato, è vivo!

Sì, anche se io non mai voluto ammetterlo con alcuno, neanche con l’uomo che ti ha generato, io so, con assoluta certezza, che tuo padre è il mio attuale sposo.

La nostra storia, il nostro tradimento non è cominciato dopo la morte del mio primo marito, ma più indietro nel tempo, circa un anno prima della tua nascita.

Così, vergognosamente, commetto il mio ennesimo reato sottraendoti un padre specchio di ogni virtù e dandoti in cambio un indegno traditore che dopo avergli rubato la moglie, ha ucciso il fratello, rubandogli il regno.

Affido questa lettera ad una persona di fiducia perché te la trasmetta oggi dopo l’esercitazione di scherma che ha organizzato il prode Laerte.

Non ti chiedo perdono, perché so bene che non esiste perdono per delle colpe immense come le mie.

E non proclamo il mio amore per te, che pure esiste, dal momento che temo, a questo punto, che tu possa sentirti lordato dall’amore di una persona come me.

 

La tua sventurata madre Geltrude

 

 

 

 

Da TUTTI I COLORI DEL GIALLO, inedito.

 

 

 

 

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Si ringrazia per l’editing Benedetta Volontè. 

 

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