– racconto e illustrazioni di Mauro Cristofani –
Alzarsi presto quando la città è ancora assopita vedere l’intorno immerso nella nebbia, sentirsi come sospesi… Ma quando il mal di vivere si fa più acuto e pare insostenibile un dolce pensiero s’insinua nella mente, àncora di salvezza a cui subito m’aggrappo, in cuor mio riconoscente a chiunque l’abbia gettata. Forse tu, voglio che sia così. O, meglio, lo desidero. E ho bisogno di crederci.
Poiché la realtà spesso misera e quasi sempre deludente rende tutto molto ordinario, io al mio orizzonte eleggo te come totem di speranza. E sarebbe fantastico se la forza d’un desiderio potesse trasformare come per incanto un sogno in realtà, tangibile e vissuta.
Mi piace credere nella forza dei desideri! Se no, a cosa?
Il tono della tua voce le parole che dici e lo sguardo che hai nel pronunciarle tutto m’ispira e mi sbriglia l’immaginazione. Non è poco!
Bisogna pur credere in qualcosa, e io voglio credere a certe sensazioni, a certi vaghi avvertimenti che sento nel mio io più profondo, perciò mi lascerò condurre dall’istinto. Perché è una scìa avvolgente che può portare chissà dove… Forse nel tempo e nel luogo immaginati, in quell’isola dell’utopia che è la sola che l’uomo non potrà mai fare a meno d’intravedere, laggiù nell’infinito, oltre l’orizzonte. Ora io la vedo nitida, mèta desiderabile e sognata dove è splendente tutto ciò che è beneamato, seducente e luminoso. Fra gli alberi e i fiori appare e poi scompare, in un gioco esasperante mi chiama poi fugge cantando una canzone, e piange. È inspiegabile, mi lascia esausto e sorpreso. Ma quando un’ombra s’avvicina e una carezza mi sfiora, so che sarò perduto.
La nebbia leggera si dilegua, la domenica si anima di movimenti e di brusìi, la città si risveglia.
Questo giorno non è fatto per noi uomini soli, esuli senza patria e senza famiglia. Vecchi bambini in cerca di giochi proibiti, mine vaganti su traiettorie impossibili, vagabondi sperduti in società organizzate e agonizzanti, dovere ordine e case d’argilla apparentemente solide e consolatorie, inevitabile continuità della specie. A quelli come noi la domenica è ostile, li respinge perché non sa cosa farne, né sa dove metterli. Allora quelli come me si rintanano in casa, la casa diventata fortezza e tutto quello che è fuori, nemico.
… Immergere i sogni frustrati in un vecchio film o in una canzone sentimentale, immaginarsi altrove avvinti ad un sogno che appare e scompare irraggiungibile, perciò attraente inafferrabile e desiderato.
Ma non servirà a niente chiedersi dei perché, ognuno ha la sua risposta sensata o assurda, buona o improbabile. Siamo fatti di sogni, quintessenza dell’astratto. E un bel sogno può salvare, basta saperlo coltivare anche da svegli, metterlo nel nostro angolino più segreto e salvaguardarlo con cura, custodirlo, difenderlo costi quel che costi.
… Poi andare in giro e guardare le cose e la gente con occhi diversi, esercitarsi a trasformare, sublimando. Segretamente beffandoci dei comuni che non hanno niente, senza alcun segreto ripostiglio ove custodire un tal tesoro, commiserarli per questo e sentirsi finalmente forti e ardimentosi, angeli che vanno intrepidi senza spada né corazza per le vie del mondo, senza più paura.
Un sogno, soltanto un sogno.
E la mente si sveglia, si rigenera. Il sangue circola più liberamente nelle vene, il passo diventa sicuro. Dopo l’apocalisse solitaria è la catarsi, purificazione delle umane passioni deleterie e distruttive. Superate solo dal segreto amore per la vita, da cui tutto rinasce e si rigenera. Le labbra stanche di baci inutili sfioreranno un’altra bocca con dolcezza infinita, ritrovando il gesto unico e insostituibile, perché tutti abbiamo bisogno di baci, di baci, di baci, per sentirsi alitare nell’anima il soffio d’un’altra vita. Per sconfiggere la solitudine per scordare il tempo che passa per sfuggire il pensiero della morte.
Amici d’elezione uniamoci a proteggere i nostri sogni, l’immaginazione sia al potere! È il solo modo per guarire almeno un po’ da quel fastidioso mal sottile chiamato domenica.
Si ringrazia Micaela Lazzari per l’editing.
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