Ricordo che pensai che era dall’altra parte della Terra.
Di colpo era venuta giù la vetta delle vette… Un fulmine, dicevano, la pioggia martellante oppure grandine di proporzioni gigantesche. Il crollo di un intero ecosistema. Ebbene, ripetevo, prima o poi tutto si assesterà. Che diamine!
Quel poi però non arrivava mai. Arrivò il vento, invece.
Dapprima lento, come una brezza tiepida, quasi un sollievo in un inverno stranamente afoso.
Via via si fece forte ed impetuoso così che fiori, foglie, rami ed alberi venivano via come fuscelli, insieme ai tetti delle case. Il mare e i fiumi si colorarono del sangue infetto di uomini e animali.
Costretti a rimanere dentro, in breve ne divenimmo ostaggi.
E mentre il vento dilaniava e torturava a morte chi osasse sfidarlo, il suo frastuono costante prese possesso delle case e delle orecchie, giorno e notte. Maledizione che neanche le piaghe d’Egitto potevano eguagliare.
Quel sibilo ti costringeva a stare sveglio per ore ed ore, giorni e giorni, non si attenuava mai, sembrava urlare dentro il sangue. Molti ricorsero agli anfetaminici, altri, piegati dallo strazio incollarono le labbra a una bottiglia. Finché quel vento maledetto prese a parlare espressamente, ad impartire ordini. Una decina a testa, chiedeva, un contributo di sangue umano a un nuovo dio. Non restava che obbedire nella speranza di placarlo.
La razza umana si fece angelo sterminatore. E dilaniò se stessa. Ma ancora il vento non era soddisfatto. Conclusa la mattanza chiedeva a viva voce il silenzio più assoluto.
Quelli di noi che ancora c’erano capirono ben presto cosa fare. Senza aspettare l’epilogo che uno sfigato sceneggiatore aveva elaborato, prendere in mano la situazione, e col telecomando del 3D oscurare quel brutto film di fantascienza dell’orrore.
Ora le cavallette OGM che ci attendevano fuori potevano ammannirsi il fiero pasto.
E poi magari digerire a casa col cinepanettone di Raiuno.
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