Da quando faccio la custode al cimitero non festeggio più il Natale. Qui il party è il due novembre, con le signore tirate a balestra per farsi vedere dai parenti, spettegolare e parlare di malattie e disgrazie. Quando finalmente la smettono di pavoneggiarsi e si tolgono dalle balle, tiro un gran sospiro di sollievo, raccolgo i rifiuti e mi metto tranquilla per un altro anno. Fare il custode al cimitero non è male, soprattutto dopo decenni di Palazzaccio. Da quando siamo diventati un protettorato economico tedesco le vecchie cariatidi come me sono state sbattute fuori dagli uffici, senza diritto alla pensione perché era un lusso che non ci potevamo permettere, mi hanno rubato i contributi ma per dimostrare l’eccellenza del nuovo stato sociale e che non era vero che loro gasavano i vecchi nei campi di concentramento, ci hanno messo a fare i lavori “socialmente utili”. A me è andata bene, ho un tetto sulla testa, anche se è solo una vecchia cripta, i buoni per fare la spesa e il permesso di allontanarmi dal cimitero per andare al LIDL. I poveri possono spendere i loro buoni pasto solo lì, mica son scemi i tedeschi. Ce l’hanno fatta finalmente a vincere una guerra, dopo due batoste militari ci hanno sconfitto con l’economia. Adesso possono andare in vacanza gratis in Grecia, Spagna e Italia e i nostri paesi forniscono anche quella manodopera a buon mercato che una volta dovevano andarsi a cercare all’Est.
Le commesse del LIDL sono convinte che io faccia il ragù per un ristorante, perché spendo quasi tutti i miei buoni in macinato, ma la verità è che mangio pochissimo e ho una numerosa comitiva di felini da nutrire. La gente è povera, non ha più i soldi per sterilizzare e curare gli animali e in poco tempo questo cimitero si è popolato di gatti abbandonati. Devo passare tutta la notte sveglia a fare la guardia con un fucile, perché c’è sempre qualcuno che cerca di catturarli per mangiarli, ma dormo di giorno. La sera preparo un enorme pentolone di spaghetti col macinato, ceniamo tutti insieme e poi formiamo le ronde. Sorvegliamo la recinzione, che abbiamo rinforzato col filo spinato, puliamo l’AK47 che un caro amico mi ha regalato prima di scappare e ci sediamo sulle tombe a fare due chiacchiere. I morti sono tipi simpatici, dormono tutto il giorno e di sera hanno voglia di fare conversazione. La maggior parte sono anziani e si lamentano dei vivi che li hanno dimenticati o delle coppiette che vengono a scopare sulle tombe, una signora in particolare è furibonda perché la sua è molto appartata e tutti i giorni trova dei preservativi usati, ma io gliela tengo pulita e lei è contenta. Sono molto amica con suo cugino, un signore colto e di spirito che ha fatto la Resistenza. Mi racconta le storie dell’epoca, mi insegna come tenere in ordine il fucile e mi dà ottime lezioni di tiro. Da miope cronica sono diventata un provetto cecchino.
Come ogni anno, mi sono dimenticata che è quasi Natale. Per fortuna me lo ricordano i miei amici “diversamente viventi”, come dicono loro, perché ci tengono a festeggiarlo in qualche modo. Sono uomini e donne di altri tempi e per loro il Natale era un giorno speciale, i negozi erano chiusi, ci si trovava a tavola con altre persone e non lo si passava da soli, nei centri commerciali, come adesso. L’anno scorso hanno voluto a tutti i costi fare l’albero, ma io non ho i soldi per le palline colorate, così abbiamo addobbato un vecchio abete con i preservativi usati, l’elettricista mi ha insegnato come fare i festoni con i lumini da morto e abbiamo trascorso la notte di Natale tutti insieme a cantare le canzoni del secolo passato. Inutile dire che a Santo Stefano mi sono presa un cazziatone coi fiocchi, pare che i devoti della religione cattolica, che adesso è obbligatoria pena il carcere, si siano lamentati per le decorazioni e sono stata minacciata di licenziamento anche da qui, così i gatti per consolarci hanno fatto il presepe vivente con il cucciolo più carino a fare il Bambino Gesù. I tre fratelli che avevano la ferramenta hanno fatto i Re Magi e il giorno della Befana ci hanno portato oro, incenso e birra. L’oro era quello dei denti che i becchini non hanno strappato prima della sepoltura, l’incenso veniva dalla cappella del cimitero e la birra era quella del LIDL, costa poco e non è cattiva.
Quest’anno il gruppo più combattivo dei “diversamente vivi” è in fibrillazione, hanno sentito dire che nella cappella si celebrerà una messa di Natale con tutti i vip della città, il sindaco, i banchieri, le dame della beneficenza, il vescovo, il prefetto… Non so come fanno, ma i morti sono i più informati su quello che succede in città, manco leggessero i quotidiani con un giorno di anticipo. Il circolo “Brigate Zombie” ha convocato una riunione plenaria con tutti i defunti e i gatti, indistintamente, per organizzare la cerimonia, e non sono state ammesse defezioni. Ho visto morti decrepiti che non avevo mai incontrato, ridotti ormai al solo teschio e due ossa, signore arcigne che non si degnavano nemmeno di salutare, alcuni ricchi di un tempo che non volevano avere nulla a che fare con noi a causa dei nostri discorsi sovversivi, ma Sandrone il macellaio, il capo delle “Brigate Zombie”, li ha trascinati tutti fuori dalle bare e li ha riuniti sotto al vecchio abete.
“Oh ragazzi” li ha apostrofati “non siamo qui solo per dar da mangiare ai vermi. Il mondo ci ha dimenticato ed è una fortuna, perché lo hanno ridotto a un inferno in terra per la gente comune e a un paradiso per pochi ricchi, ma quest’anno vogliamo mangiare anche noi”. Sandrone ha spiegato che ai defunti fa benissimo succhiare il cervello dei vivi, mantiene lontana la decomposizione e ha un sapore squisito, e quale migliore occasione di una cappella affollata di gente che il cervello lo ha di sicuro, se si è arricchita vergognosamente alle spalle dei poveracci? L’entusiasmo è stato contagioso anche da parte dei morti più timidi e miti di carattere, e i militanti delle “Brigate Zombie” si sono buttati anima e scheletro nell’organizzazione dell’evento.
Avremmo agito alla mezzanotte della vigilia. Al tramonto i morti più anziani e malandati si sarebbero chiusi nella cappella, i più giovani e meglio conservati si sarebbero arrampicati sul tetto, e io e i gatti ci saremmo occupati della sicurezza. Al suono delle campane natalizie noi avremmo sbarrato il portone della cappella e tirato i catenacci e i nostri amici sarebbero piombati sull’inclita folla riunita all’interno, chi saltando dalla botola del tetto, chi sgusciando fuori dagli altari e dai confessionali. I preparativi sono stati frenetici: il falegname mi ha insegnato come bloccare le finestre dall’esterno, il fabbro mi ha fatto aggiustare cardini e catenacci, il muratore si è occupato di sbloccare la botola nel soffitto, il mio amico partigiano mi ha costretto a esercitarmi per ore col fucile d’assalto, perché il mio compito era di falciare gli eventuali fuggitivi. Siccome non volevamo correre il rischio di una fuga di notizie, dopo il fiero pasto la cappella sarebbe stata incendiata per distruggere le prove. Al calare del tramonto della vigilia di Natale eravamo già ai posti di combattimento e li aspettavamo al varco. Gli ospiti sono arrivati con le macchine lussuose, le pellicce e i gioielli, mi era toccato perfino di stendere il tappeto rosso per le loro delicate scarpine di valore inestimabile, ma ero eccitata e felice come quando ero bambina e aspettavo i doni di Babbo Natale.
Quando i signori e le dame sono stati tutti dentro, col vescovo che celebrava la messa, io e i gatti ci siamo appostati dietro a un albero e al suono delle campane natalizie siamo corsi a sbarrare il portone. Peccato non essere stati presenti allo spettacolo, gli amici continueranno per decenni a raccontare di come si è scatenato l’inferno. I primi ad attaccare sono stati i militanti delle “Brigate Zombie” che si sono gettati sulla folla di malviventi dalla botola del soffitto e hanno scelto le prede più forti e pericolose, quelle che difficilmente si sarebbero lasciate sopraffare da morti in avanzato stato di decomposizione. Veloci come serpenti, afferravano la loro testa e a morsi ne divoravano il cervello. Scatenate dall’esempio, anche le timide vecchine nascoste dietro i confessionali hanno scelto le loro vittime e si sono godute un pasto natalizio che non avevano gustato nemmeno ai bei tempi. Sandrone il macellaio ha voluto per sé il vescovo, non che fosse tanto buono, ha detto, però avevano un vecchio conto in sospeso. Il comandante dei vigili urbani è stato democraticamente spartito, perché con lui i conti in sospeso ce li avevano tutti. I banchieri facevano schifo, il loro cervello era già marcio fin da piccoli, ma i ragazzi si sono sacrificati e ne hanno succhiato un po’ per uno.
Alla fine a me è toccato pulire, come sempre. Non bastava bruciare la chiesa, occorreva anche rendere innocui i novelli defunti, altrimenti avrebbero infestato il nostro cimitero, e l’ultima cosa che volevamo era festeggiare il Natale con politici prelati banchieri e relative signore. A questo scopo il morto più antico del cimitero, un cavaliere che aveva qualche secolo di età, mi ha dovuto addestrare all’uso della spada. Non ero abbastanza brava da colpire un bersaglio in movimento ma coi cadaveri ce la potevo fare, anche se è stata una faticaccia tagliare la testa a tutti con quello spadone antico. Il fabbro ha fatto del suo meglio per affilarlo, ma pesava tanto. Devo dire però che alla fine ero esausta ma felice, tagliare teste è uno sport veramente gratificante, ve lo raccomando. E’ stato un gran lavoro ma ne è valsa la pena. Per completare l’opera abbiamo cosparso l’interno e l’esterno della cappella con la benzina che per giorni avevo succhiato dalle macchine parcheggiate, e Sandrone il macellaio ha avuto l’onore di usare l’accendino del sindaco per purificare con le fiamme la massa putrida di carogne da cui avevamo ripulito il mondo. Poi abbiamo fatto l’alba vicino al fuoco arrostendo salsicce e cantando le canzoni degli anni Settanta. E’ stato veramente un Natale indimenticabile, quest’anno, al cimitero.
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