Storie di fur(b)etti

(selezione a cura di Gamy Moore)

 

 furetto 

 

In questa Redazione una parola è poco e due son troppe.
“Mi piacciono i furetti, potreste scriverci su…”, ho detto un giorno.
Non l’avessi mai fatto. Manco due ore e mi ritrovo sommersa.
Tre, dico tre, mini racconti. Di quelli che solo tre mostri potevano inventare.
E siccome io sono generosa e democratica, non dovevo mettervi a parte di cotanta goduria e maestria?
Perciò sorbitevene due.
Lo dice sempre mio marito, riprendendo W. Allen, “Ti amo, Pa’, ma che ho fatto per meritarti?”
(Gamy Moore)

 

Raffaele Abbate

Il monologo di un furetto

Eccomi qua! Sapevo che sarebbe finita così.
Qualcuno potrebbe dire: troppo comodo a dirlo adesso a cose fatte.
Nessuno prima poteva prevederlo, un vero fulmine a ciel sereno.

Questo può dirlo un estraneo, ma non chi ha vissuto per anni insieme a loro.
Sono quasi uno di famiglia, uno che, si può dire, è stato al centro della loro vita.
Vedete, purtroppo, avevo capito da tempo che le cose stavano cambiando in peggio, in maniera irreversibile e inarrestabile.

Se avete la compiacenza di ascoltarmi vi spiego tutto in poche parole.
Lo so, devo fare in fretta che di tempo me ne resta poco.

Ora mi vedete così, mezzo bruciacchiato, ma ho conosciuto tempi migliori: all’epoca del loro matrimonio ero il miglior furetto sul mercato.

E all’inizio tutto funzionava alla perfezione in quella casa.

La mia gabbietta con ripiani era di quelle di gran classe: una ruota per farmi allenare e tenermi in forma, la cassetta dei bisogni sempre pulita con i sassolini profumati.
Comunque ero libero di girare per casa.

Poi ero sempre profumato da una miscela che preparava lei con lavanda, chiodi di garofano, castagne d’India e scorza essiccata di limone, tutto trasformato in polvere che lei cospargeva sul mio corpo.
Forse perdevo il mio odore naturale, ma si deve pur rinunciare a qualcosa per la sicurezza della vita.
E la vita scorreva felice.

Un brutto giorno qualcosa è iniziato a cambiare.
Lei che butta nel fondo dei cassetti la sua biancheria sporca con un odore di maschio che non è quello di lui.
La lascia qualche ora poi la prende, la lava di nascosto e la conserva.
E intanto lui che apre i cassetti, annusa e richiude con forza gli sportelli.

E voci alte, strepiti, urla e tutta la casa in disordine.

Una notte lei apre gli sportelli dell’armadio, prende una valigia all’interno, vi butta alcuni abiti e urla “basta me ne vado”.

Cominciano a litigare, mi nascondo nella gabbia, non voglio ascoltarli.

La voce di lui “troia tu non mi lasci! Piuttosto ti ammazzo!”
Un urlo prolungato e acuto e il corpo di lei che cade davanti alla gabbia, con un fiotto di sangue che esce dalla gola.
Il corpo vibra alcuni instanti e poi rimane immobile.
L’annuso, non respira più.
Intanto tutto è silenzio e un odore acre mai sentito.
A un tratto un boato intenso, calore, fiamme.
Cerco di fuggire all’esterno, c’è fuoco ovunque.
Mi nascondo nel fondo della gabbia.
Poi una schiera di pompieri completano la distruzione con acqua a non finire.

Mi liberano che respiro a stento, un vigile del fuoco mi prende per la collottola e mi butta in un angolo: “E cosa ci fa qui questo sorcio?”.

 

 

 

 furetto PP

 

 

 

Juan José da Silva

Conbipel

Mi stia a sentire che le spiego tutto dottore, con calma, le spiego tutto.
Lo sa come son le donne no? E le amanti poi, ancora peggio: all’inizio sì sì ti amo, ti voglio, non servono i tuoi regali.
Poi cominciano: ma guarda che bell’orologio, e quella collana, e l’anello a tua moglie che si ciula il postino sì e a me che oltre al postino mi ciulo pure te niente… E a furia di dai si va a finire che se vuoi ciulare devi portare il regalino ogni volta, ché aveva ragione il mio vecchio amico: “Quelle che costano meno son le puttane”.

Per farla breve, la mia Renata non mi si è invaghita del collo di pelliccia? Ma io dottore, di sabato sera, ma dove vado a prenderglielo un collo di pelliccia? Che poi se non glielo portavo, col cavolo che la sera zinghete e zanghete, e dopo tutto quello che ci ho messo per avere un sabato sera libero (ufficialmente a pescare con gli amici) mi sarebbe scocciato passarlo a dormire da solo.

Allora mi è venuto in mente: il furetto di mia figlia! Sì, glielo abbiamo regalato due anni fa a natale, dopo aver visto quel film là, quello del ratto. Ma mica potevo prenderle un ratto, no?
Insomma, col fatto che lei era fuori al rosario, che ora a Maggio che due palle tutte le sere, sì, dai, sono andato in camera e PAM! Una bella botta sulla testa e ciao furetto!
Oh dottore, sapesse che contenta quando che lo ha visto! Se l’è messo subito subito attorno al collo e mi ha riempito di baci e abbracci.

Fatta, ho detto subito. E infatti dopo la cenetta subito in camera al Motel Diego, che par tanto povero ma c’ha delle belle camere eh, con anche i preservativi sul comodino, giusto sotto la Bibbia. E sapesse che roba, quella sera: l’ha messo su il CD di Apicella e mi ha fatto uno spogliarellino che non ti dico! E poi mi ha pure spogliato a me!
Che notte, dottor, che notte: stava andando tutto bene quando non le vien voglia di giocare con il furetto? Comincia a passarmelo addosso, strusciarmelo sul petto, sul collo, in mezzo alle gambe. Alla fine non lo prende e mi ci appoggia il muso sul mio coso, come per farmelo baciare?

Solo che dottore, io mica son esperto di come uccidere i furetti, e si vede che la botta in testa lo ha solo addormentato. Però proprio in quel momento si doveva svegliare? La Renata l’ha caccià un urlo che non le dico, mi ha tirato due sberle e da quel momento non l’ho più vista. E io son venuto subito qui.
Dica dottore, secondo lei, si riesce a far qualcosa perché non si vedano tutti quei morsi sulle palle? No che poi come glielo spiego alla moglie?

 

furetto

 

Gamy Moore
Follow me
Latest posts by Gamy Moore (see all)

One Reply to “Storie di fur(b)etti”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *