di Margherita Merone
Lutero inviò al duca di Sassonia, Giovanni Federico, un commento del Magnificat.
Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc 1, 46-55).
Per comprendere questo canto di lode, Lutero precisa che Maria parla in base alla sua esperienza, sentita, vissuta, illuminata dallo Spirito Santo, il quale le comunica che Dio innalza ciò che sta in basso e abbassa ciò che è in alto, distrugge quanto costruito e costruisce ciò che è distrutto, crea le cose dal nulla, cosa che nessuna creatura può fare.
“L’anima mia magnifica il Signore”. Le parole di Maria esprimono amore e gioia incontenibile, la sua anima, la sua vita sono elevate nello spirito. Non afferma “io magnifico Dio” ma è la sua anima che magnifica il Signore: tutta la sua vita è sorretta dal grande amore di Dio, dalla gioia in Lui, tanto che viene elevata più della lode che innalza. Maria specifica “l’anima mia”, che spinge Lutero a una precisazione. Questi chiarisce che nella Scrittura l’uomo viene distinto in tre parti: spirito, anima e corpo. Ognuna delle tre costituisce l’essere umano nella sua totalità. Lo spirito è ciò che di più alto e nobile ha l’uomo, grazie ad esso percepisce le cose incomprensibili, eterne e invisibili ed è in esso che dimora la parola di Dio e la fede. L’anima è lo spirito sotto il profilo naturale, vivifica il corpo, attraverso il quale agisce. L’anima afferra ciò che la ragione le consente di conoscere. La ragione, però, opera con errore se non viene illuminata dallo spirito per mezzo della luce della fede; ha dei limiti nel comprendere le cose divine. Il corpo è considerato nella totalità delle sue membra che, grazie al loro agire, realizzano concretamente ciò che è conosciuto dall’anima e creduto dallo spirito. Pertanto, Maria afferma che è la sua anima a magnificare Dio, ossia tutta la sua vita, il suo cuore, la sua forza; si sente esaltata nella sua volontà piena di grazia. La parola “magnificat” significa che l’anima lo “esalta”, lo “rende grande”, lo “tiene in grande considerazione”, perché Dio può fare grandi opere, per rendere più forte la nostra fede, consolare gli umili, spaventare i potenti. Maria magnifica Dio al quale attribuisce tutto ciò che riceve. Non diventa orgogliosa, non si insuperbisce, comprende che tutti i beni che riceve sono effetto della volontà libera di Dio e della sua bontà. È la madre di Dio, è la creatura al di sopra di tutte le creature, ma nonostante ciò, rimane una fanciulla semplice, uno strumento nelle mani del Signore.
“Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore”. Lo spirito è capace di afferrare le cose incomprensibili grazie alla fede; Maria, per quanto non abbia certamente mai visto Dio, avendo ricevuto la fede per la sua azione su di lei, confida che è il suo Salvatore. Chiama Dio suo Signore prima di suo Salvatore e Salvatore prima di parlare delle sue opere. Questo perché il Signore va amato senza che ci sia interesse, ma solamente in modo puro, nobile, sincero, perché è bontà infinita.
“Perché ha guardato l’umiltà della sua serva”. Lutero specifica che molti hanno tradotto la parola humilitas con umiltà, come se Maria parli vantandosi della sua umiltà, ma questo sarebbe un peccato davanti a Dio. Nella Scrittura humiliare significa “annientare”, “abbassare”, pertanto humilitas ha come significato una condizione bassa, spregevole: quella dei poveri, degli affamati, assetati, sofferenti, quelli che sono prigionieri. La vergine Maria nella sua umile condizione ha ricevuto da Dio una grazia infinita e per questo non si vanta, al contrario è sorpresa che Dio abbia rivolto il suo sguardo su di lei, con così grande considerazione. L’accento è posto sullo sguardo di Dio, che è degno di ogni lode.
“Tutte le generazioni mi chiameranno beata”. Maria prosegue il canto lodando le opere di Dio, ciò che ha fatto per lei. La prima grande opera dalla quale dipendono le altre è stata lo sguardo divino su di lei; posandolo, è discesa la grazia e la salvezza. Per questo motivo tutte le generazioni la chiameranno beata. Dio ha guardato la bassezza, la condizione povera di Maria: lei è beata. Le generazioni, specifica Lutero, vanno comprese nel loro significato: tanti considerano la “generazione” come la totalità degli uomini, invece s’intende la successione naturale di padre in figlio, che costituisce, appunto, la generazione. La lode a Maria sarà continua, da una generazione all’altra, sarà celebrata per sempre. Sarà chiamata beata, afferma lei stessa, ma il significato va oltre, e vuol dire “rendere beata”, “beatificare”, non solo con devozione, con preghiere e immagini ma con cuore sincero.
“Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome”. Dio dà a molti uomini tantissimi doni, ma non necessariamente posa su di loro lo sguardo. I beni sono doni che durano per un certo tempo, ma la grazia e il suo sguardo rimangono per sempre. Dio ha fatto per lei grandi cose, ossia è tutto grande ciò che ha fatto per Maria, la fanciulla sulla quale ha posato il suo volto: è diventata la Madre di Dio. Per questo motivo, le spetta ogni onore, ogni beatitudine, da parte di tutte le generazioni. Dio è l’Onnipotente, il solo potente, che opera sempre, non si ferma mai. Maria non vuole essere affatto un idolo perché è Dio che compie ogni cosa; lei, come ogni creatura, non può nulla. Santo è il suo nome, dice Maria, infatti, non si attribuisce fama né onore perché spettano solo a chi compie l’opera. Si sente solo uno strumento, non vuole essere lodata perché è la Madre di Dio, la lode va a Dio e alla sua opera.
“Di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono”. La misericordia: la prima opera di Dio, di padre in figlio, per quelli che lo temono, ossia per quelli che non vogliono nulla che non sia la sua volontà.
“Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore”. La seconda opera di Dio: la distruzione dell’orgoglio spirituale. Dio ha operato, opera e continuerà a farlo sempre. Il braccio di Dio indica la sua potenza, quella appunto con cui opera, in modo misterioso; ce ne accorgiamo dopo che il fatto si è compiuto. Questa potenza o il braccio si può concepire solo con la fede. Dio ha privato i superbi nei pensieri del loro cuore, ossia Dio detesta i superbi che abusano del loro potere, che si vantano del proprio modo di pensare, delle loro opinioni, sicuri che derivano solo da loro stessi. Dio non vuole distruggere i superbi ma vuole la loro conversione, eliminando la superbia dal loro cuore mettendoci l’amore. Essi si mettono al di sopra delle persone che amano Dio, per svalutarle, confonderle, perseguitarle.
“Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”. Altre due opere di Dio: abbassare chi è in alto e innalzare gli umili. Dio destituisce i potenti che usano la loro autorità, non comportandosi bene, come invece dovrebbero, verso gli umili credenti che devono, alla fine, sopportare pene di ogni genere. Gli umili, quelli che sono considerati una nullità, non sono posti al posto dei potenti ma innalzati in Dio e spiritualmente al di sopra di ogni potere umano, diventano giudici, possedendo più sapienza dei potenti e dei dotti. Nota Lutero che Maria non afferma che Dio distrugge i troni ma che fa cadere giù i potenti e che gli umili li innalza. È necessario che ci sia un’autorità, un governo, ma i potenti non devono usare il potere contro Dio e gli uomini, innalzando se stessi, a danno delle persone buone e umili.
“Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”. Queste sono la quinta e sesta opera di Dio. Gli affamati non sono quelli che non hanno cibo o che ne hanno poco, ma coloro che per amore di Dio soffrono qualsiasi forma di ristrettezza, dalla povertà alla violenza. Maria parla di loro, che come lei non solo credono, ma mettono la vita nelle mani di Dio. Lutero commenta che per capire cosa significhi patire la fame o disagi vari, senza la possibilità che qualcuno ci aiuti, bisogna farne esperienza reale. Cosa accadrebbe se Dio ci saziasse prima di avere fame? Non sarebbe che un burattinaio e le sue opere uno scherzo. E al contrario, se abbattesse i potenti prima che lo diventassero, che atteggiamento sarebbe questo? Prima devono diventare grandi e pensare che nessuno può distruggere la loro ricchezza, devono sentirsi sicuri del fatto loro, solo dopo Lui interviene.
“Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre”. Maria termina il Magnificat facendo riferimento all’opera più grande compiuta da Dio: l’incarnazione del Figlio. Riconosce di essere la serva di tutti affermando che l’opera che in lei si compie è per il bene di tutto Israele. Divide, però, Israele in due parti, scegliendo la parte che si dedica al servizio di Dio. Serve Dio solo colui che riconoscendolo come tale, lo lascia operare dentro di sé. L’incarnazione è per Israele che serve Dio, popolo diletto, per il quale si è fatto uomo per liberarlo dal male, dal peccato, dalla morte, dandogli la vita eterna. Dio si è ricordato della sua misericordia, l’aveva promessa: quando è venuto sulla terra l’ha portata a compimento. Non avevamo meriti per avere misericordia, anzi, per quanto bisognosi, eravamo però indegni. Fa notare l’autore come per quanto la parola “Israele” lasci intendere solo i Giudei – non tutti noi, in realtà – sebbene i Giudei non lo volessero, ne ha eletti alcuni per operare conformemente al nome d’Israele e per creare un Israele spirituale. Viene innalzata la grazia e la misericordia e svalutata qualsiasi presunzione umana. Maria esalta la promessa fatta ad Abramo: «Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione» (Gn 12,2). Queste parole di Dio riguardano la salvezza di Abramo e dei suoi discendenti, ma in esse anche noi troviamo salvezza, in quanto preannunciano Cristo, il Salvatore di tutti gli uomini. Se sono benedetti tutti i popoli che discendono da Abramo, significa che non c’è benedizione per tutti se non quella che deriva da Abramo e così si è liberati da ogni maledizione. La promessa si è compiuta in Maria, pertanto, questo deve suscitare la fede in Cristo. Tutta la Scrittura è fondata su questo giuramento di Dio, in quanto tutto è riferito a Cristo. Maria, infine, aggiunge “la sua discendenza, per sempre”, per sottolineare che questa grazia, anche se saranno tanti a non credere in Cristo, durerà per tutti i secoli, di generazione in generazione, fino al giudizio finale.
Sintetizzare il commento di Lutero non è facile, a fronte delle sue tante considerazioni, fatte con un linguaggio scorrevole, grande onestà e franchezza. Il ritratto che deriva di Maria è quello di una creatura meravigliosa.
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