di Margherita Merone
Di questi tempi parlare di conversione non è semplice, l’atteggiamento è quello del distacco. Nel corso della vita si può davvero cambiare punto di vista e guardare ogni cosa con altri occhi?
In questi giorni mi trovo ad Assisi, un posto che ha un fascino particolare, c’è San Francesco, Santa Chiara. Certamente non manca la pace, la serenità, l’armonia e per chi ha la sensibilità di mettersi in ascolto si vive qualcosa che va ben oltre. In ascolto di chi? Di colui che “ha fatto il cielo e le chiare stelle, fratello sole e sorella luna”! Non mi stupisce che arrivi qui gente da tutto il mondo, né mi meraviglio di ascoltare esperienze di vita di suore e frati che un tempo seguivano un altro sentiero. A volte ho l’impressione che ogni pietra mi parli di conversione: quella della mente, del cuore, perché il termine non si riferisce esclusivamente ad una fede religiosa; così rifletto, esamino, cerco di darmi una spiegazione razionale di fronte a qualcosa di spirituale. Il più delle volte rimango disarmata di fronte alle testimonianze uniche di tanti che improvvisamente hanno lasciato tutto per seguire Gesù Cristo. Per quanto provi ad attribuire tutto alla mia fervida immaginazione – il mio passato è quello della scettica – finisco per ritrovarmi con le spalle al muro e sono quasi costretta a pensarla diversamente, a cedere di fronte agli sguardi di chi mi parla della propria conversione, osservata da occhi trasparenti, puliti, puri, luminosi, brillanti, sinceri, fedeli, buoni, degni di fiducia.
Ma partiamo dal principio. Il verbo greco metanoeo che in realtà ha il significato di “cambiare idea”, insieme al suo sostantivo metanoia, viene tradotto con “pentirsi” e “penitenza” ma in altri casi, come ad esempio nella predicazione di Giovanni Battista, assume il significato di convertirsi.
Meraviglioso è stato l’incontro con un frate francescano che si chiama Salvatore, siciliano di nascita ed ora residente ad Assisi presso il Collegio Franciscanum. Era una domenica, quando seduti davanti alla cattedrale di San Francesco mi ha raccontato la storia della sua conversione.
<<Era inverno, faceva freddissimo, non riuscivo a dormire, ero sempre stato un uomo tranquillo ma da qualche giorno ero inquieto, ansioso, mi facevo mille domande, mi scoraggiavo di fronte alla più piccola difficoltà. Chi mi conosceva bene sapeva che ero coraggioso, non avevo mai sofferto di depressione, nemmeno nell’età della crescita, periodo in cui è quasi legittimo. Non mi riconoscevo, i genitori come angeli erano presenti e silenziosi, mi hanno sempre amato, non mi sono mai sentito abbandonato, non compreso, non amato. Non si davano una spiegazione, il tempo passava e la situazione non cambiava, stavo perdendo il senso della vita, ogni cosa mi cadeva dalle mani, stavo morendo ma volevo rinascere. Quella sera presi il telecomando, stanco mi sdraiai sul divano, misi sulle gambe una copertina e pensai che distrarmi un po’ mi avrebbe fatto dimenticare il mio stato. In realtà non ero sicuro che ci fosse realmente qualcosa da dimenticare. Ad un tratto, volevo lanciare al muro il telecomando con tutta la rabbia che avevo dentro di me, che non riuscivo a fermare, volevo gridare ma dalla bocca non usciva quasi neanche il respiro. Il cuore era impazzito, pensai di avere a che fare con un attacco di panico, ero terrorizzato, bloccato sul divano, mi sentivo mancare, svenire sarebbe stato un sollievo. Di certo non pregavo, non chiedevo aiuto a nessuno ma non ero sicuro di farcela da solo. Stringevo il telecomando con una forza che non era la mia ma improvvisamente mi bloccai, allentai la presa. Non si era spenta la tv, era rimasta su un canale privato che stava trasmettendo il film sulla vita di Bernadette. Sono rimasto a guardarlo tutto il tempo ma fu la scena finale quella che non dimenticherò mai e che ha cambiato la mia vita, il momento in cui la Vergine Maria appare a Bernadette e la giovane dice alla Madonna “ti amo” . Scoppiai a piangere, presi subito coscienza di essere un peccatore e di avere offeso Dio, sentivo che Lui mi amava come la creatura più preziosa di tutta la terra e la pace di quel momento non l’avevo mai provata. Mi alzai, spensi la televisione, lasciai accesa solo la luce della lampada, mi misi in ginocchio ai piedi del letto e iniziare a pregare, cosa che non avevo mai fatto prima. Le parole del Padre Nostro uscivano da sole dalla mia bocca, le ascoltavo e mi piacevano, stavano riempiendo l’anima, ero cosciente. Alla fine mi sono addormentato sereno come un bambino tra le braccia della mamma. Dalla mattina dopo non mancavo ad una messa, pregavo molto, mi confessavo tutte le settimane, facevo la comunione e cominciai seriamente a chiedermi quale fosse la volontà di Dio per me. Passarono due anni, l’attesa di conoscere il mio progetto di vita a volte mi dilaniava, dimagrivo, mi sentivo perso, forse avevo sbagliato tutto. Riflettevo, sentivo di essere migliore, la pienezza dentro aumentava, nonostante cadessi e anche spesso. Fu una mattina di Maggio che preso da un senso di vuoto decisi di andare dritto in chiesa e chiedere a Maria di rispondermi Lei stessa: lo fece, attraverso la voce di un sacerdote. Era seduto davanti a me, vedevo che era assorto nella preghiera, mi aveva colpito per questo. Ad un tratto si alzò e quando mi passò vicino si girò a guardarmi, mi fissò negli occhi come spesso faceva Gesù con gli Apostoli e mi disse: “Perché non ti fai sacerdote?”. Non risposi nulla, lo avevo sentito a malapena, quel tanto che basta per capire che Dio mi chiamava. Il giorno dopo lo incontrai di nuovo, mi disse che era un sacerdote, che stava lì per sostituire un suo amico. Mi regalò vari libri, tra questi uno che trattava della vita di San Francesco. Lo lessi tutto in una notte e da quel momento non ebbi più dubbi sulla chiamata alla vita francescana. Presi contatto con i frati di Assisi che mi consigliarono di rimanere in Sicilia presso i frati di Marineo, vicino Palermo, con i quali iniziai un cammino vocazionale che mi portò ad indossare il saio nel giro di tre anni. Certo le tentazioni, soprattutto quelle “secondo la carne” erano molte, sembrava che le donne improvvisamente si fossero accorte di me e mi seducevano. Ricordo quanto fosse difficile mantenere il distacco e il controllo di sé, a volte non era sufficiente la preghiera perché come diceva il Signore: “Lo spirito è pronto ma la carne è debole” (Mt 26,41). Ora ringrazio Dio continuamente perché sono felice. Seguire Gesù, abbracciare la croce, ha dato senso alla mia vita.>>
Dopo averlo ascoltato e appuntato sul mio blocco il più possibile – parlava velocemente – avevo le lacrime agli occhi, non avevo nulla da chiedergli, strano per me che parlo sempre tanto. Sono arrivata però ad una conclusione. Quando si crede solo in noi stessi quasi fino all’adorazione, l’esistenza manca di qualcosa, di quella pienezza che è desiderio di vita in abbondanza, di portare frutto e che il frutto rimanga, di amare se si vuole essere amati, di sorridere comunicando la gioia, di condividere le piccole cose gli uni con gli altri, la felicità di essere amati da Dio mettendosi alla sequela di Cristo Signore. Si legge nelle Fonti francescane scritte dai confratelli: “Smise di adorare se stesso e persero via via di fascino le cose che prima amava”, questo il pensiero del santo dopo la conversione.
Come sono diverse le nostre vie dalla via di Dio ma quando riusciamo a seguire quella giusta abbondiamo sempre più “nella carità che è il vincolo della cristiana perfezione” (Col 3,14).
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