di Endriu
Mentre si avvicina la fine di un anno che ha portato via pensioni, stipendi e dignità a molti italiani, anch’io mi avvio verso la fine di questo ciclo di ricordi dolorosi. Belli, ma dolorosi. La ragazza di Pippo ha continuato a venire per tutta l’estate, servita e riverita da me mentre lui faceva il gran signore. Mi dispiace un po’, perché non sembrava una cattiva ragazza. In un’altra situazione saremmo magari diventate amiche, ma non potevo andarci d’accordo, qualcosa dentro me lo proibiva. Non sono mica una santa! Immaginatevi che bella atmosfera, loro due, io e Antò, e basta. Io avevo solo i due cani con cui confidarmi, visto che ad Antò non gliene fregava molto di cuori spezzati. Anzi, ci ha pure provato con me, credo, nel suo modo modesto e timido che quasi quasi non me n’ero accorta.
Trovai un po’ di solidarietà quando ospitammo un gruppo di amici anarchici di Antò, tra cui uno alto e muscoloso, credo che facesse tai shi. Sul petto aveva un tatuaggio di un lupo, bello grande, ed era simpatico, dolce e tranquillo. Una notte in cui mi ero rifugiata nel salone magico, quello che ‘sbarcava’ nel bosco, lui mi ha raggiunto e si è messo a chiacchierare con me. Finalmente mi sono potuta sfogare, perché lui si trovava in una situazione simile, nel senso che pure lui era stato mollato dalla sua ragazza, di cui era ancora innamorato. Ovviamente i miei nemmeno due mesi con Pippo non si potevano paragonare con la sua storia di anni di convivenza, ma faceva bene a entrambi parlare dei cavoli nostri. E no, non è successo nulla tra di noi: non è un feel good movie all’americana!
Però quel rifugio un po’ di spasimanti me l’ha portato: c’è stato dunque Antò, che però era troppo vecchio e fricchettone per me, per non parlare dei suoi piedi che puzzavano di formaggio francese, povero! Si metteva pure la crema, senza risultato. Erano un’arma da guerra. Poi venne l’amico “che guevarista” di Antò, a cui ho accennato l’ultima volta. No, lui non ha fatto mosse, per fortuna, però portò con sé non solo la sua famiglia, ma anche due addetti al lavoro: Luana, una ragazza molto bella con i capelli neri, ricci naturali, e gli occhi quasi a mandorla, che in seguito scoprii amante del “Che”, e Leonardo, altrettanto bello, per cui supposi che fossero una coppia. Forse lo erano, in qualche strano modo, o comunque Leo l’ha corteggiata. Ma lei era innamorata del “Che”. E quindi ci provò con me, e devo dire che ero molto tentata, perché era proprio un bel ragazzo. Tipo Marat Safin, il tennista russo – l’avete mai visto? A volte facevamo delle passeggiate, di sera sotto la luna, quando finalmente si vedevano le luci di Pistoia e lui chissà cosa sperava. Ma si vedeva che stava solo cercando l’ennesima conquista, per far ingelosire Luana. Anche se aveva un modo di fare carino, quasi all’antica, portandomi ad esempio fiori raccolti nei campi. Ma sembrava un banale film romantico, appunto, e mi faceva più ridere che altro. E così rimasi sospesa tra i lupi e i leoni.
le stelle brillano come brilla Pistoia
oltre le montagne, la montagna quella grande
un cane a cuccia, verdone e barbone
bada all’universo
sotto le stelle ballanti
del regno mio,
controverso
luna titubante
mi guida verso le tre croci
e poco distante
la città brillante
i grilli sono gli unici compagni, ormai
semmai il nulla
sotto i piedi il dirupo,
e il lupo
che ulula
e penso al leone
a vedere Pistoia con me
e penso al lupo
che non voleva nulla da me
e penso l’universo
regno mio,
controverso.
Poi c’è stato Stefano, un amico di un amico di Antò, che studiava a Bologna. Ci siamo incontrati un fine anno, l’ultima volta che sono stata al rifugio, con Antò e Pippo. C’era la neve alta ed era favoloso. Facevano una grande cena di capodanno e io quasi quasi non ci volevo andare, per via di Pippo e la sua ragazza. Eh sì, ancora non avevo digerito… Che posso dire, sono romantica! Alla fine però Antò e la sua ex-moglie Mirna, che avevo iniziato a frequentare saltuariamente a Bologna, mi hanno convinto. Mi avrebbero preso in cucina, e in compenso non dovevo pagare il pernottamento e la cena. Scommetto che a Pippo è venuta un’ernia quando ha saputo che sarei venuta pure io, ma tanto meglio per lui! E così conobbi questo Stefano. Non mi innamorai e forse non mi piaceva nemmeno: aveva quell’aria da bravo ragazzo con cui vai d’accordissimo, però non da amante. Ma piuttosto che stare a guardare, come una zitella, i due piccioncini innamorati, pensavo che Stefano andasse più che bene per il capodanno del 2005. Così a mezzanotte lui mi prese con uno scatto passionale e mi baciò, manco fosse Cary Grant! Ricordo lo shock, e un po’ di imbarazzo, perché non è che c’è stato poi ‘sto feeling che di solito portano i telespettatori, nei film romantici, ad aspettare il momento clou del Grande Bacio. Non che Stefano fosse brutto o sporco, è che faceva l’effetto del personaggio comico e maldestro, un po’ sfigato, o che comunque ti fa ridere più che eccitare. Ma come ho detto, sempre meglio della figura della zitella che fa cin cin con se stessa.
Quel Capodanno era brutto anche per un altro motivo: Antò e Pippo avevano perso la gestione del rifugio, che nel nuovo anno sarebbe passato a un’associazione appoggiata da una banca. Volevano addirittura asfaltare la strada sterrata, per far venir su gli anziani. OK, d’accordo sugli anziani, ma un rifugio dove si arriva in SUV per me non è un rifugio. In effetti, le due o tre volte che sono tornata su, con nostalgia insieme a una paura tremenda di confrontarmi con quel difficile ricordo, sono rimasta fortemente delusa. La sala da pranzo l’avevano allargata e somigliava a una mensa, mentre la bellissima stanza-bar, con il camino e tutte le piccole cose della montagna (il miele, le cartine ingiallite, le guide per i funghi), l’hanno violata mettendoci una televisione. Una TELEVISIONE, in un rifugio?! Ricordo con rammarico le serate che abbiamo passato con i figli del “Che” (la sua famiglia mi ha proprio salvato, quell’estate) a giocare a UNO, davanti al camino con un bel bicchiere di vino. La sala magica non l’ho più rivista, ma forse è meglio. Una delle poche volte che ci sono tornata ho tentato, per vendetta, di intasare il bagno con un intero rotolo di carta igienica. Spero di esserci riuscita.
Di recente siamo tornati di nuovo su, e ho deciso che sarebbe stata l’ultima volta: ci hanno dato due the tiepidi, un bicchiere di vino acido e due fette di torta cruda, facendoci spendere ben dieci euro. Non ci hanno nemmeno sgomberato il tavolo sporco, e in TV c’era l’ennesimo talent show, per cui abbiamo dovuto consumare il nostro triste spuntino mentre qualche aspirante cantante ci strillava nelle orecchie. Zero socializzazione, chiaramente. Che doccia fredda…
Mi viene in mente un’ultima poesia, che ho scritto quell’estate:
l’ora di lasciare ‘sto splendido posto
s’avvicina
e così la nostalgia medicina
tira un ventone che mi sussurra qualcosa che non so
mi portasse via
editing by Beatrice Nefertiti
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